sabato 28 novembre 2015

Imu e Tasi: sconti sulle seconde case

 

Imu e Tasi sconti sulle seconde case
In questi mesi abbiamo spesso analizzato proposte di Governo che tendono alla riduzione delle tasse inerenti la prima casa, ma è bene parlare anche dei possibili sconti sulle seconde case, che riguardano il pagamento di Imu e Tasi. E’ questo quanto riportato sull’emendamento presentato in Commissione di Bilancio al Senato, che modifica la legge di Stabilità 2016, ma ovviamente non tutti potranno accedere a questa riduzione di spesa. Vediamo quindi nello specifico a chi si rivolge lo sconto Imu e Tasi.

Chi potrà beneficiare delle agevolazioni?

Coloro che potranno beneficiare delle agevolazioni proposte sono tutti quelli che hanno un secondo immobile, concesso in comodato d’uso gratuito ai figli, a patto che sia fissata la residenza nella casa data in comodato. Ovviamente però non potranno rientrare tra i beneficiari coloro che posseggono delle abitazioni che appartengono alle categorie catastali di lusso.

Inoltre colui che beneficia, e in questo caso è il figlio, non deve essere proprietario di altri immobili sul suolo italiano. Il contratto deve essere poi registrato presso l’Agenzia dell’Entrate, per permette di verificare che ci siano tutti i requisiti richiesti per il proprietario e il comodatario.

Riduzione Imu e Tasi con canone concordato

Per quanto riguarda invece il canone concordato, la riduzione delle imposte avverrà solamente in quelle città dove vi è una “elevata tensione abitativa” e sarà riconosciuta ai proprietari degli immobili una riduzione della somma totale di Imu e Tasi, con un tetto massimo del 4 per mille.

Pagamento Imu e Tasi a dicembre

In attesa di tutti i cambiamenti che avverranno per il 2016 è bene ricordare che il 16 dicembre dovrà avvenire il pagamento del saldo 2015 di Imu e Tasi. Prima però di procedere al versamento è necessario capire se l’acconto che è stato già versato nel mese di giugno sia stato fatto in base alle aliquote 2015, oppure in base a quelle 2014. Questo si determina in merito alla scelta del Comune di residenza, in quanto, se questo aveva già deliberato le nuove aliquote, per dicembre sarà necessario versare il restante della somma, ma se questo non era stato fatto, il calcolo del pagamento dovrà essere completamente revisionato.

Il pagamento potrà essere effettuato o tramite i bolletini postali o con il modello F24. La compilazione necessaria del bollettino si determina con l’inserimento dei dati anagrafici sia del contribuente, che dell’immobile. Mentre per il modello F24 è indispensabile conoscere i codici tributo.

Per il pagamento dell’Imu i codici sono: 3912 per abitazione principale e pertinenze; 3914 per terreni; 3916 per aree fabbricabili; 3918 per altri fabbricati; 3925 per immobili a uso produttivo allo Stato; 3930 per immobili a uso produttivo al Comune.

Mentre per la Tasi i codici sono: 3958 su abitazione principale e pertinenze; 3959 su fabbricati rurali strumentali; 3960 su aree fabbricabili; 3961 su altri fabbricati.

Saldo Tasi e Imu nelle grandi città
E’ doveroso aprire una parentesi anche per il pagamento di Tasi e Imu nelle grandi città, in quanto i cittadini per conoscere le aliquote da pagare possono tranquillamente collegarsi sul sito del Ministero delle Finanze e inserendo il codice del proprio comune avranno a disposizione le delibere per le aliquote 2015.

Ovviamente per effettuare il calcolo è possibile anche collegarsi online, su numerosi siti che mettono a disposizione il servizio, dovendo però conoscere la rendita catastale dell’immobile.

Raddoppia il bonus mobili per giovani coppie, ma non in affitto

 

Raddoppia il bonus mobili per giovani coppie, ma non in affitto
La legge di Stabilità ha deciso di porre dei vincoli tra le giovani coppie, facendo una distinzione tra coloro che sono proprietari di un’abitazione e coloro che sono semplici inquilini. Raddoppiando il bonus mobili a quest’ultimi e facendo restare senza bonus coloro invece che sono in affitto. Viene quindi bocciata la proposta del Pd che chiedeva al governo di ampliare la detrazione fiscale ad una fetta maggiore della popolazione.

I requisiti necessari per accedere all’agevolazione

La legge di Stabilità ha prorogato fino a dicembre 2016 l’Ecobonus, il bonus ristrutturazione e quello mobili, con un emendamento che raddoppia da 8.000 euro a 16.0000 il tetto massimo di spesa raggiungibile. Coloro che possono accedere all’agevolazione devono tenere conto però di tre requisiti indispensabili:

  • Uno dei due della coppia deve avere un’età inferiore ai 35 anni;
  • Il bonus è poi legato ad un’abitazione che deve essere considerata prima casa nel periodo che va dal 1° gennaio al 31 dicembre 2016;
  • La giovane coppia deve avere instaurato un rapporto duraturo di minimo tre anni, che testimoni l’esistenza di un nucleo familiare.

Bisogna comunque sottolineare che questo emendamento non si riferisce al bonus mobili del 50% anche sugli elettrodomestici, che è stato comunque prorogato per il 2016 e il cui tetto massimo è di 10.000 euro. Lo stesso dicasi per lo sgravio sulle ristrutturazioni edilizie e l’Ecobonus. La differenza per le giovani coppie è che l’acquisto degli arredi non deve essere collegato ad interventi di ristrutturazione. Per cui vi si potrà avere accesso anche senza dover effettuare lavori in casa.

Se mi sposo nel 2016?

Gli under 35 che decidono di unirsi in matrimonio nel 2016 non potranno avere accesso al bonus mobili, almeno che non testimonino una pregressa convivenza di almeno tre anni e decidano di destinare ad abitazione principale un immobile posseduto.

Ed è necessario sottolineare che potranno usufruire dello sgravio fiscale esclusivamente per gli arredi e non per gli elettrodomestici.

Differenze: bonus mobili under 35 e over

Il resto della popolazione che non rientra nella fascia degli under 35 può invece fruire di sgravi fiscale per l’acquisto di mobili e di grandi elettrodomestici, realizzando un intervento di ristrutturazione edilizia. Fanno parte dei mobili agevolati: letti, armadi, cassettiere, librerie, scrivanie, tavoli, sedie, comodini, divani, poltrone, credenze, nonché i materassi e gli apparecchi di illuminazione che costituiscono un necessario completamento dell’arredo dell’immobile oggetto di ristrutturazione.

Mentre per quello che riguarda i grandi elettrodomestici la norma limita il beneficio all’acquisto delle tipologie dotate di etichetta energetica di classe A+ o superiore, A o superiore per i forni, se per quelle tipologie è obbligatoria l’etichetta energetica.

La divisione degli immobili ereditati

 

Divisione degli immobili ereditati

A volte può capitare che si riscontrino delle difficoltà nella divisione degli immobili ereditati, o perché il bene è difficilmente divisibile, o perché non vi è un accordo tra le parti. In questo caso chi decide è il tribunale, rifacendosi solitamente all’art. 720 del Codice Civile. Non però nel caso in esame, di cui andremo a parlare e che ha avuto una sentenza a favore del quotista minore, grazie ad una decisione della Corte di Cassazione.

Quando non vi è accordo e non può esservi frazionamento del bene

In base a quanto stabilito dall’art.720 del codice civileSe nell’eredità vi sono immobili non comodamente divisibili, o il cui frazionamento recherebbe pregiudizio alle ragioni della pubblica economia o dell’igiene, e la divisione dell’intera sostanza non può effettuarsi senza il loro frazionamento, essi devono preferibilmente essere compresi per intero, con addebito dell’eccedenza, nella porzione di uno dei coeredi aventi diritto alla quota maggiore, o anche nelle porzioni di più coeredi, se questi ne richiedono congiuntamente l’attribuzione. Se nessuno dei coeredi è a ciò disposto, si fa luogo alla vendita all’incanto”.

Sentenza Cassazione: il caso

In una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 22663/15 del 5.11.2015.) quanto stabilito dal codice civile per la divisione degli immobili ereditati, viene per lo più stravolto. In quanto si dichiara che per derogare al criterio preferenziale l’assegnazione dell’immobile al maggiore quotista, il giudice debba esporre una motivazione valida.

La soluzione da dare alla fattispecie portata all’esame di questa Corte col complesso motivo in esame postula necessariamente una ricostruzione degli orientamenti giurisprudenziali nella specifica materia dell’attribuzione dei beni ereditari non divisibili in caso di pluralità di richieste; e, più specificamente, una serie di valutazioni in ordine al criterio preferenziale per l’attribuzione, alla possibilità di deroga ed all’obbligo di fornire adeguata e logica motivazione.

Con esplicito riferimento alla Corte territoriale, che ha nella sentenza tenuto conto dell’art.720 del codice civile, la Cassazione così si esprime: “privilegiando il criterio, preferito dall’art. 720 c.c. dell’assegnazione al maggior quotista ovvero al C.G., richiamandosi a quanto già affermato da questa Corte con le sentenze n.ri 7716/1990, 7588/1995 e 22906/2006. Deve al riguardo osservarsi e rammentarsi quanto segue. La giurisprudenza meno recente (quale quella innanzi citata e su si basa l’impugnata sentenza) riteneva possibile la deroga al generale criterio dell’assegnazione dei beni ereditari al maggior quotista solo se vi erano ragioni di opportunità rispondenti ad esigenze comuni ed adeguatamente motivate”.

Nel caso specifico il titolare di un immobile è venuto a mancare e l’eredità che disponeva e che riguardava un’attività commerciale è passata agli eredi. Uno di questi, titolare di una quota minoritaria ha sin da sempre esercitato la propria professione all’interno di quel locale, per cui se avesse dovuto cedere l’immobile al quotista maggioritario avrebbe dovuto interrompere il proprio lavoro. Ovviamente non vi era stato un precedente accordo con gli altri coeredi. Per cui, il giudice ha deciso di non applicare quanto detto dal codice civile, assegnando la proprietà al quotista minore. Il quale però ha dovuto liquidare gli altri coeredi

Senonché proprio a tenore di quanto esposto e riportato nell’atto di appello incidentale gli odierni ricorrenti (quotisti minoritari, ma gestori di attività commerciale nel bene comune indivisibile) avevano ben fatto presente il valore conseguito dall’azienda e la rilevante circostanza (della quale comunque andava dato conto), per cui la perdita dei locali per una qualsiasi ragione determina altresì la perdita dell’avviamento commerciale e, potrebbe qui aggiungersi, la stessa possibilità della sua prosecuzione e continuazione. In sostanza ed in definitiva è mancata del tutto una comparazione degli interessi e, più specificamente, una valutazione dell’interesse alla continuità aziendale quale possibile serio motivo atto a poter giustificare il ricorso ad altro criterio derogatorio di assegnazione dei beni comuni rispetto a quello ordinario. Il motivo, in quanto fondato, va dunque accolto.

Legge di Stabilità, torna la stretta sugli affitti in nero.

 

Gli affitti in nero tornano nel mirino del Governo: un emendamento incluso alla Legge di Stabilità per il 2016 prevede la nullità per gli accordi volti a determinare un importo del canone di locazione diverso rispetto a quanto scritto nel contratto registrato. Nulle anche le pattuizioni che derogano i limiti di durata contrattuale previsti dalla legge.

Nel passaggio al Senato la Legge di Stabilità acquisisce una misura anti-evasione fiscale nel mercato degli affitti. L’emendamento, già passato alla Commissione e Bilancio insieme a una valanga di altri interventi ormai blindati per gli ultimi voti di fiducia, recepisce le indicazioni della Consulta che in passato aveva più volte bocciato la normativa sugli affitti in nero. La misura prevede la nullità per “ogni pattuizione volta a determinare un importo del canone di locazione superiore a quello risultante dal contratto scritto e registrato”. Gli inquilini dunque non dovranno più acconsentire alle richieste di supplementi oltre al canone d’affitto stabilito nel contratto, e le scritture private non avranno alcun valore legale. La norma obbliga inoltre i proprietari a registrare il contratto entro 30 giorni, un’imposizione a responsabilità congiunta con l’inquilino, come stabilito dal Dpr 131/86.

sabato 21 novembre 2015

Per 57 milioni di immobili la superficie entra in visura

 

Per 57 milioni di immobili la superficie entra in visura. Niente più calcoli, nero su bianco anche i metri quadrati ai fini TARI

L’Agenzia delle Entrate rende disponibile la superficie catastale nelle visure delle unità immobiliari censite nelle categorie dei Gruppi A, B e C. Una novità che semplifica la vita ai proprietari di 57 milioni di immobili, mettendo a loro disposizione un dato finora visibile solo nelle applicazioni degli uffici.group house wood

Arriva direttamente in visura anche la superficie ai fini TARI, per consentire ai cittadini di verificare con facilità i dati utilizzati dai Comuni ai fini del controllo della tassa rifiuti.

Visure catastali, la superficie è “di casa”

Oltre ai dati identificativi dell’immobile (Comune, sezione urbana, foglio, particella, subalterno), e ai dati di classamento (zona censuaria, categoria catastale, classe, consistenza, rendita), da oggi sarà riportata direttamente in visura anche la superficie catastale, calcolata come stabilito dal Dpr n. 138/1998. Per gli stessi immobili sarà, inoltre, riportata la superficie ai fini TARI che, per le sole destinazioni abitative, non tiene conto di balconi, terrazzi e altre aree scoperte di pertinenza.

Metri quadrati TARI, a ciascuno il suo dato

Le visure si arricchiscono di un’altra informazione importante per i cittadini: la superficie ai fini TARI. Ciascun proprietario avrà così a portata di mano anche questa informazione, fornita dall’Agenzia delle Entrate ai Comuni grazie ai flussi di interscambio dati già attivi. In caso di incoerenza tra la planimetria conservata agli atti del catasto e la superficie calcolata, i cittadini interessati potranno inviare le proprie osservazioni, attraverso il sito dell’Agenzia, e contribuire quindi a migliorare la qualità delle banche dati. Già dal 2013 i Comuni possono segnalare errori di superficie riscontrati su immobili presenti nella banca dati catastale.

Dalla sperimentazione alle ulteriori opportunità di allineamento delle banche dati

La novità, che arriva al termine di un periodo di sperimentazione che ha coinvolto gli Uffici Provinciali-Territorio di Brindisi, Foggia e Ravenna, non si applica, per il momento, a un limitato numero di immobili che presentano un dato di superficie “incoerente”, in attesa delle opportune verifiche nell’ambito delle attività di
allineamento delle banche dati. Quanto agli immobili non dotati di planimetria, che risalgono per lo più alla fase dell’impianto del Catasto edilizio urbano e che sono, per tale motivo, privi anche del dato relativo alla superficie, i proprietari possono presentare una dichiarazione di aggiornamento catastale, con procedura Docfa, per l’inserimento in atti della planimetria catastale. Tale adempimento è, comunque, necessario, in quanto, in caso di vendita dell’immobile, il proprietario è tenuto ad attestare “la conformità allo stato di fatto dei dati catastali e delle planimetrie”, come previsto dall’art. 19, comma 14, del decreto legge n. 78 del 2010.

Nuovi sconti su Imu, Tasi, bonus mobili e prima casa

 

Mutuo casa nuove tutele. Stop pignoramenti e commissioni

 

Con il sì del Senato, la Legge di Stabilità per il 2016 inizia a definirsi maggiormente con ampie modifiche, soprattutto, sul pacchetto casa: esenzione dal pagamento della Tasi per le abitazioni date in comodato d’uso ai figli e ai genitori, per le unità immobiliari appartenenti alle cooperative edilizie, gli alloggi sociali, la casa assegnata al coniuge in seguito a separazione/divorzio e l’immobile posseduto da appartenenti a Forze armate (trasferito per motivi di lavoro). Viene prevista la riduzione Imu del 25%, nell’aliquota sopra il 4, per i proprietari di una seconda abitazione che la danno in affitto a canone concordato. Ed inoltre nuove previsioni in materia di benefici sull’acquisto della prima casa. Un’ulteriore stretta sugli affitti in nero: i contratti devono essere registrati entro trenta giorni e sarà “nulla ogni pattuizione volta a determinare un importo del canone di locazione superiore a quello risultante dal contratto scritto e registrato”. Ma procediamo con ordine e vediamo singolarmente tutte le nuove misure.

Più facile cambiare la prima casa senza perdere il bonus

Sarà più facile cambiare la “prima casa” per chi l’ha acquistata con il bonus fiscale senza tuttavia perderlo a causa del trasferimento: diventa infatti possibile acquistare con le agevolazioni tributarie la nuova abitazione anche se si è ancora in possesso della vecchia, purché questa venga alienata entro un anno.

PUBBLICITÀ

Come noto, l’agevolazione sull’acquisto della «prima casa» implica un’imposta di registro al 2% (o Iva 4% per il caso di acquisto da costruttore) e le imposte ipocatastali fisse. Oggi però viene introdotta una nuova facilitazione per il contribuente: chi è già in possesso di un’abitazione acquistata con i benefici fiscali, non dovrà restituire i soldi del bonus allo Stato nel caso di acquisto di una seconda casa purché la prima venga alienata entro un anno [1]. In altre parole, il contribuente che è titolare, anche per quota, di un’abitazione acquistata con l’agevolazione «prima casa», potrà acquistare un nuovo alloggio fruendo dell’agevolazione a condizione che:

– sussistano, con riferimento a tale alloggio, il requisito della residenza nel comune in cui si trova l’immobile e quello della non possidenza di altra abitazione idonea nello stesso comune (senza tenere conto della «vecchia» abitazione)

– l’abitazione acquistata in precedenza con l’agevolazione sia «alienata» (dunque ceduta anche a titolo non oneroso) entro un anno dalla data dell’atto del nuovo acquisto; la mancata realizzazione di questa condizione comporta la decadenza dell’agevolazione e l’obbligo di pagare la differenza d’imposta e la sanzione del 30%.

Affitti in nero: un’ulteriore stretta

Quanto agli affitti in nero, ossia ai contratti di locazione non registrati o registrati con un canone più basso rispetto a quello poi di fatto versato, la nuova legge di Stabilità stabilisce che il patto aggiuntivo è nullo e l’inquilino avrà sei mesi, dalla cessazione dell’affitto, per farsi restituire le maggiori somme a suo tempo pagate (leggi “Affitto in nero: all’inquilino la restituzione delle maggiori somme versate”).

Insomma l’inquilino avrà il diritto di fare causa al padrone di casa per ottenere la restituzione delle somme versate in più rispetto al contratto registrato e anche per ottenere che il contratto sia ricondotto alle condizioni previste dalla legge (misura del canone fissata dalla legge).

Registrazione del contratto entro 30 giorni

Quanto alla registrazione dei contratti di locazione, il proprietario avrà trenta giorni di tempo per l’adempimento; nei successivi sessanta giorni egli dovrà comunicare l’avvenuta registrazione sia all’inquilino sia all’amministratore del condominio.

L’attuale norma si limita a stabilire la nullità di ogni pattuizione volta a determinare un importo del canone di locazione superiore a quello risultante dal contratto scritto e registrato. L’emendamento invece aggiunge a carico del locatore l’obbligo di provvedere alla registrazione del contratto di locazione nel termine perentorio di 30 giorni. Il proprietario sarà tenuto, nei 60 giorni successivi alla registrazione, a dare documentata comunicazione al conduttore e all’amministratore del condominio. All’amministratore di condominio la notizia serve per l’aggiornamento e la tenuta dell’anagrafe condominiale.

Il mancato adempimento dell’obbligo di registrazione entro 30 giorni consente al conduttore di agire in giudizio per chiedere che la locazione venga ricondotta a condizioni conformi a quanto previsto dalla legge sugli affitti concordati.

Detrazioni per acquisto mobili raddoppiate

Il bonus mobili per le giovani coppie che arredano la prima casa si raddoppia: infatti, se acquirenti di un’unità immobiliare da adibire ad abitazione principale i contribuenti potranno beneficiare di una detrazione dall’imposta sul reddito nella misura del 50% delle spese sostenute per l’acquisto di mobili e arredi, fino a un importo massimo di spese documentate per euro 16 mila.

L’agevolazione, che debutterà a partire dal 1° gennaio 2016 non potrà formare oggetto di cumulo con quella del bonus mobili ma verrà ovviamente preferita a quest’ultima grazie al maggior importo massimo usufruibile: 16 mila euro in luogo degli ordinari 10 mila.

Chi potrà accedere al beneficio? A godere della nuova agevolazione saranno le giovani coppie che abbiano costituito un nucleo familiare da almeno tre anni, composto da coniugi o da conviventi (quindi coppie di fatto non sposate), in cui almeno uno dei due componenti non abbia più di 35 anni di età.

Inoltre, per accedere alla bonus mobili “extra large”, le giovani coppie devono risultare acquirenti di unità immobiliare da adibire alla loro abitazione principale. Lo sconto Irpef è dunque condizionato e direttamente collegato all’acquisto dell’abitazione principale che dovrà avvenire all’interno dell’arco temporale dell’agevolazione stessa, ovvero dal 1° gennaio al 31 dicembre dell’anno 2016.

Le spese agevolabili saranno quelle documentate per l’acquisto di mobili e arredi dell’abitazione principale.

In cosa consiste l’agevolazione? Si tratta di una detrazione dall’Irpef del 50% delle spese sostenute per l’acquisto di mobili ed arredi da ripartire fra gli aventi diritto in dieci quote annuali di pari importo. Il limite massimo delle spese sul quale può essere calcolata la detrazione in parola è di 16mila euro. Pertanto, la detrazione massima alla quale le giovani coppie potranno aspirare sarà di euro 8 mila, pari cioè al 50% calcolato sul limite massimo di spesa per l’acquisto di mobili ed arredi.

L’agevolazione dovrà essere suddivisa in dieci quote annuali di pari importo la detrazione irpef sarà pari a euro 800 l’anno per ogni coppia e potrà essere utilizzata a partire dal modello Unico o 730 del 2017.

Niente Imu e Tasi per le case in comodato a figli e genitori

Saranno esenti da Tasi non solo le prime case ma anche le altre se date in comodato come prime case a figli, genitori o parenti disabili fino al secondo grado. L’esenzione, dal 2016, sarà concessa solo se il comodatario avrà adibito a propria abitazione principale quella stessa casa nel 2015 e non possieda altre abitazioni in tutta Italia: chi cede la casa al figlio dovrebbe andare in affitto o all’estero.

Niente Imu e Tasi per le case assegnate all’ex coniuge

Niente tasse anche per la casa all’ex coniuge o per quella delle forze dell’ordine che devono vivere altrove.

Sconto del 25% Imu per chi affitta a canone concordato

Ci sarà poi uno sconto del 25% sull’Imu per chi affitta a canone concordato, quindi a un prezzo inferiore a quello di mercato.

Criteri e caratteristiche per definire una casa di lusso

 

Criteri per definire una casa di lusso
Spesso quando si parla di abitazioni e soprattutto di agevolazioni fiscali, si sente escludere da queste le case di lusso, che appartengono a determinate categorie catastali. E’ bene quindi chiarire quali sono i criteri che vengono adottati per  definire un immobile di lusso, in base al decreto del 2 agosto 1969 e quali sono le caratteristiche che questo deve possedere.

Decreto del 2 agosto 1969

Rientrano tra le abitazioni di lusso:

  • Le abitazioni realizzate su aree destinate dagli strumenti urbanistici, adottati od approvati, a “ville“, “parco privato” ovvero a costruzioni  qualificate dai predetti strumenti come “di lusso”;
  • le abitazioni realizzate su aree per le quali gli strumenti urbanistici, adottati od approvati, prevedono una destinazione con tipologia edilizia di case unifamiliari e con la specifica prescrizione di lotti non inferiori a 3000 mq., escluse le zone agricole, anche se in esse siano consentite costruzioni residenziali;
  • le abitazioni facenti parte di fabbricati che abbiano cubatura superiore a 2000 mc. e siano realizzati su lotti nei quali la cubatura edificata risulti inferiore a 25 mc. v.p.p. per ogni 100 mq. di superficie asservita ai fabbricati;
  • le abitazioni unifamiliari dotate di piscina di almeno 80 mq. di superficie o campi da tennis con sottofondo drenato di superficie non inferiore a 650 mq;
  • le case composte di uno o più vani costituenti unico alloggio padronale  aventi superficie utile complessiva superiore a mq. 200 (esclusi i balconi, le terrazze, le cantine, le soffitte, le scale e posto macchine) ed eventi come pertinenza un’area scoperta della superficie di oltre sei volte l’area coperta;
  • le singole unita’ immobiliari aventi superficie utile complessiva superiore a mq. 240 (esclusi i balconi, le terrazze, le cantine, le soffitte, le scale e posto macchine);
  • le abitazioni facenti parte di fabbricati o costituenti fabbricati insistenti su aree comunque destinate all’edilizia residenziale, quando il costo del terreno coperto e di pertinenza supera di una volta e mezzo il costo della sola costruzione.

Esistono poi altre caratteristiche che determinano l’appartenenza di un’abitazione alla categoria “lusso”. Ad esempio:

  • Quando è presente più di un ascensore per scala;
  • quando vi sono montacarichi a servizio di meno di quattro piani;
  • quando le porte di ingresso agli appartamenti sono in legno pregiato (intagliato, scolpito intarsiato) massello o lastronato, o con decorazioni pregiate.
  • quando la scala principale è rivestita di materiali pregiati per un’altezza superiore a 170 cm di media.


Mansarda e seminterrato rientrano tra i beni di lusso?

In base ad una sentenza del 16 ottobre 2012, la mansarda nonostante non abbia ancora ricevuto i requisiti di abitabilità, deve essere tenuta in conto per calcolare i metri quadrati dell’abitazione di lusso. E’ questo quanto emesso dalla Commissione tributaria di Trieste, che ha deciso di includere anche questa parta della casa tra le zone necessarie per individuare un bene di lusso. Ma anche il seminterrato non abitabile, è stato definito utile per calcolare la superficie di un’abitazione, da una sentenza della Cassazione del 28 giugno. Del resto è bene sapere che il requisito dell’abitabilità “non incide sul rapporto tributario, per il quale rileva solo la superficie utile richiamata dalla normativa di legge, alla quale rimangono estranei, come visto, solo i balconi, le terrazze, le cantine, le soffitte, le scale e i posti auto (cfr. Cass. n. 23591/2012)”.

I benefici prima casa esclusi per le case di lusso

Avendo quindi chiarito quali sono le caratteristiche che determinano un bene di lusso, vediamo anche quali sono i benefici fiscali a cui non possono accedere i proprietari di queste abitazioni.

Nel caso di acquisto da privato (o da impresa, ma con vendita esente da Iva)

  • imposta di registro del 2%;
  • imposta ipotecaria fissa di 50 euro;
  • imposta catastale fissa di 50 euro.

Nel caso di acquisto da impresa, con vendita soggetta a Iva

  • Iva al 4%;
  • imposta ipotecaria fissa di 200 euro;
  • imposta catastale fissa di 200 euro;
  • imposta di registro fissa di 200 euro.

mercoledì 18 novembre 2015

Soppalchi: serve il permesso di costruire?

 

Soppalchi- serve il permesso di costruire

 

A seguito dell’entrata in vigore del D.L. n. 133/2014, la realizzazione di soppalchi aventi destinazione abitativa interni ad edifici o unità immobiliari preesistenti non richieda necessariamente il previo rilascio del permesso di costruire: l’intervento, infatti, non può farsi più rientrare nella categoria delle ristrutturazioni edilizie assoggettate a tale titolo abilitativo ed appare riconducibile, piuttosto, alla nozione di manutenzione straordinaria, che attualmente può implicare anche modifica delle superfici delle singole unità immobiliari purché non venga alterata la volumetria complessiva dell’edificio e si mantenga la destinazione d’uso originaria. Non può più configurarsi ristrutturazione edilizia subordinata a permesso di costruire, poiché l’art. 10, 1° comma, lett. c), del T.U. n. 380/2001, come modificato dal D.L. n. 133/2014, è riferito attualmente alle sole modifiche della volumetria complessiva degli edifici e dei prospetti, mentre il titolo abilitativo non è più richiesto per l’aumento di unità immobiliari e per le modifiche delle superfici che non comportino incremento della volumetria complessiva.

L’intervento in oggetto, pertanto, potrà essere realizzato previa presentazione di comunicazione asseverata di inizio dei lavori (CILA) allorché non riguardi le parti strutturali dell’edificio; nel caso di coinvolgimento delle strutture esso sarà assoggettato, invece, a SCIA; mentre il permesso di costruire si renderà necessario nelle ipotesi di modifiche della destinazione d’uso.

Nel vigore dell’art. 26 della legge n. 47/1985 e dell’art. 4 della legge n. 493/1993, come modificato dall’art. 2, comma 60, della legge n. 662/1996, la giurisprudenza della Corte di Cassazione si era orientata nel senso che — per la realizzazione di soppalchi aventi destinazione abitativa interni a costruzioni preesistenti — non occorresse la concessione né l’autorizzazione edilizia. Si riteneva, quindi, sufficiente il procedimento di DIA in via esclusiva, la cui mancanza era sanzionata solo in via amministrativa (vedi Cass. pen., Sez. III: 22 aprile 1998, n. 4746, Matera; 3 giugno 1994, n. 6573, Vicini; 28 marzo 1990, n. 4323, De Pan).

PUBBLICITÀ

Dopo l’entrata in vigore del T.U. n. 380/2001, detto indirizzo era stato confermato dalla III Sezione penale — con la sentenza 10 novembre 2005, n. 40829, ric. P.M. in proc. D’Amato, in Giust. pen., 2006, II, 473 (riguardante una vicenda in cui erano stati realizzati due soppalchi all’interno di una preesistente unità immobiliare: adibiti l’uno ad uso studio e l’altro a cameretta per i bambini) — ove si è argomentato che «La realizzazione di opere interne anche in base al testo unico deve ritenersi consentita, come avveniva nella legislazione previgente, previa mera denunzia di inizio dell’attività a condizione che non integri veri e propri interventi di ristrutturazione comportanti modifiche della sagoma o della destinazione d’uso e ciò perché in base all’attuale disciplina sono assentibili con la denuncia d’inizio lavori cosiddetta semplice, ossia quella prevista dall’art. 22 dei T.U. commi 1 e 2 (…) tutti quegli interventi per i quali non è richiesto il permesso di costruire e per quello in questione tale permesso, alle condizioni sopra indicate, non è richiesto giacché, anche se è aumentata la superficie in concreto utilizzabile, non sono stati modificati volume e sagoma».

L’anzidetto orientamento giurisprudenziale, però, è stato definitivamente abbandonato nelle decisioni più recenti della stessa III Sezione penale, ove:

—              è stato rilevato che le opere interne devono ritenersi riconducibili alla «ristrutturazione edilizia» allorquando comportino aumento di unità immobiliari, ovvero modifiche dei volumi, dei prospetti o delle superfici, ovvero mutamenti di destinazione d’uso;

— ed è stato affermato il principio di diritto secondo il quale «l’esecuzione di un soppalco all’interno di una unità immobiliare, realizzato attraverso la divisione in altezza di un vano allo scopo di ottenerne una duplice utilizzazione abitativa, pure se non realizzi un mutamento di destinazione d’uso, costituisce intervento di ristrutturazione edilizia che richiede il permesso di costruire o, in alternativa, la denunzia di inizio dell’attività, ai sensi dell’art. 22, comma, del T.U. 380/2001. Detto intervento, infatti, comporta un incremento della superficie utile calpestabile che, a norma dell’art. 10, 1° comma — lett. c), dello stesso T.U., impone l’applicazione del regime di alternatività indipendentemente da una contemporanea modifica della sagoma o del volume» (così Cass. pen., sez. III: 29 settembre 2011, n. 41089; 26 giugno 2009, n. 26566, Lefons; 26 ottobre 2006, n. 35863, Montilli; 16 novembre 2006, n. 37705, P.M. in proc. Richiello; 26 gennaio 2007, n. 2881, P.M. in proc. Picone, in Riv. giur, edilizia, 2007, I, 809; 1 marzo 2007, n. 8669, De Martino; 21 ottobre 2008, n. 42539, Sessa).

Permesso di costruire per prefabbricati, roulottes, camper e case mobili

 

Edilizia Scia CIL CILA o permesso a costruire Schema

 

Il permesso di costruire è pure necessario per «l’installazione di manufatti leggeri, anche prefabbricati, e di strutture di qualsiasi genere, quali roulottes, campers, case mobili, imbarcazioni, che siano utilizzati come abitazioni, ambienti di lavoro, oppure come depositi, magazzini e simili, e non siano diretti a soddisfare esigenze meramente temporanee». Ciò indipendentemente dalle caratteristiche dell’opera: se in muratura e incorporata al suolo con fondazioni o in altro modo fisso, oppure se in elementi prefabbricati e ricomposti e semplicemente poggiata su strutture emergenti dal suolo o sul suolo direttamente.

L’art. 10ter della legge 23-5-2014, n. 80 ha escluso però dal regime del permesso di costruire gli anzidetti manufatti qualora siano installati, con temporaneo ancoraggio al suolo, all’interno di strutture ricettive all’aperto, in conformità alla normativa regionale di settore, per la sosta ed il soggiorno di turisti.

Appare opportuno ricordare, in relazione a tale ultima previsione normativa, che l’art. 3, comma 9, della legge 23-7-2009, n. 99 (Disposizioni per lo sviluppo e l’internazionalizzazione delle imprese, nonché in materia di energia) aveva disposto che:

«Al fine di garantire migliori condizioni di competitività sul mercato internazionale e dell’offerta di servizi turistici, nelle strutture turistico-ricettive all’aperto, le installazioni e i rimessaggi dei mezzi mobili di pernottamento, anche se collocati permanentemente, per l’esercizio dell’attività, entro il perimetro delle strutture turistico-ricettive regolarmente autorizzate, purché ottemperino alle specifiche condizioni strutturali e di mobilità stabilite dagli ordinamenti regionali, non costituiscono in alcun caso attività rilevanti ai fini urbanistici, edilizi e paesaggistici».

In seguito all’emanazione di tale disposizione normativa si è diffuso il fenomeno dell’allestimento in maniera permanente, all’interno di aree destinate a strutture turistico-ricettive all’aperto, di strutture abitative fornite di ruote che, però, lungi dal conferire una configurazione veicolare, si pongono come un elemento meramente secondario (se non addirittura fittizio) del manufatto complessivo, non essendo funzionalmente destinate a consentire la mobilità abituale e la circolazione (ma facilitanti piuttosto, in via estramamente residuale, l’eventuale rimozione o amovibilità).

La Corte Costituzionale — con la sentenza n. 278 del 22-7-2010 — ha dichiarato, però, l’illegittimità della disposizione in oggetto, in quanto essa introduceva una disciplina risolventesi in una normativa dettagliata e specifica che non lasciava alcuno spazio al legislatore regionale, violando l’art. 117, comma 3 della Costituzione, che attribuisce al legislatore statale di prescrivere criteri e obiettivi in materia di governo del territorio mentre è riservata alla normativa regionale di dettaglio l’individuazione degli strumenti concreti da utilizzare per raggiungere tali obiettivi.

In giurisprudenza:

—              «L’installazione di un prefabbricato in via permanente comporta una trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio e necessita del previo atto concessorio ai sensi dell’art. 1 L. 28 gennaio 1977, n. 10, in assenza del quale risultano applicabili le sanzioni di cui all’art. 7 L. 28 febbraio 1985, n. 47» (C. Stato, sez. II, 10 luglio 1996, parere n. 2074/94, Min. II pp., in Cons. Stato, 1997, I, 1504).

—              «Occorre concessione edilizia per la realizzazione di una tettoia prefabbricata, allorché risulti che essa abbia rilevanti dimensioni (nella specie, metri tredici virgola dieci per otto virgola quaranta in pianta) ed abbia una funzione di carattere non transitorio (nella specie, la tettoia era destinata all’esercizio della ristorazione estiva)» (T.a.r. Emilia-Romagna, sez. II, 27 febbraio 2001, n. 178, in Giust. amm., 2001, 1062).

—              «I prefabbricati debbono essere installati previo rilascio di concessione edilizia, allorché comportino alterazione non occasionale ed assolutamente precaria dello stato dei luoghi, indipendentemente dalle tecniche di ancoraggio al terreno; in particolare deve ritenersi necessario il rilascio di una concessione edilizia per la realizzazione di un prefabbricato destinato a ricovero di attrezzi agricoli» (Cons. giust. amm. sic., sez. giurisdiz., 2 luglio 1997, n. 258, in Giust. amm. sic., 1997, 836).

—              «La concessione edilizia è sempre necessaria per le case prefabbricate in quanto, a prescindere da un sistema di ancoraggio al suolo, vanno considerate vere e proprie costruzioni; tale necessità del resto discende dalla alterazione dello stato dei luoghi e dalla destinazione in genere di tale tipo di struttura alla soddisfazione di esigenze di carattere durevole, a prescindere dalla tecnica e dai materiali impiegati per la realizzazione della struttura stessa.

Un prefabbricato che pure avendo la parvenza della mobilità (come nella specie, avendo le ruote carattere soltanto simbolico e costituendo soltanto congegni esterni che potenzialmente consentono gli spostamenti) costituisce una vera e propria costruzione, in quanto incardinato al suolo con accorgimenti tecnici per garantirne la stabilità, necessita della concessione edilizia» (C. Stato, sez. V, 3 aprile 1990, n. 317).

—              «È configurabile il reato di costruzione edilizia abusiva (art. 44, 1° comma, lett. b), D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380) nell’ipotesi di installazione su un terreno, senza permesso di costruire, di strutture mobili quali camper, roulotte e case mobili, sia pure montate su ruote e non incorporate al suolo, aventi una destinazione duratura al soddisfacimento di esigenze abitative (nella specie di trattava di case prefabbricate munite di ruote gommate)» (Cass. pen., sez. III, 23 marzo 2011, n. 25015).

—              «Anche per case mobili, camper e roulotte è necessario il permesso di costruire quando queste, a prescindere da uno stabile legame con il suolo, siano destinate ad esigenze, di tipo abitativo, lavorativo, o di deposito, a carattere duraturo; anche in questi casi, in caso di inottemperanza all’ordine di demolizione, segue l’acquisizione dell’area di sedime al patrimonio comunale» (T.a.r. Toscana, sez. III, 29 luglio 2009, n. 1319, in Foro toscano, 2009, fasc. 3, 57).

—              «Le nuove tecniche in uso nella costruzione dei fabbricati impongono di ritenere come costruzione edilizia, per la quale è dovuta la licenza dell’autorità amministrativa, anche l’installazione di un prefabbricato non infisso nè incorporato al suolo mediante fondazioni, ma che, per la sua forza di gravità, si immedesima con il terreno sottostante, inerendovi con caratteristiche obiettive di stabilità e con capacità di trasformare in modo durevole l’area occupata ed utilizzata definitivamente a scopo edilizio» (Cass. pen., sez. III, 8 marzo 1989, n. 3536, Marengo).

—              «Le strutture abitative mobili che, pur avendo la parvenza della mobilità, disponendo esternamente di congegni che potenzialmente ne consentono gli spostamenti (cd. ruote simboliche), sono vere e proprie costruzioni incardinate al suolo, con accorgimenti tecnici, per garantirne la materiale stabilità, sono equiparate alle costruzioni, ai fini del rilascio della licenza edilizia prescritta dalla L. 17 agosto 1942, n. 1150.

Ai sensi della L. 21 marzo 1958, n. 326, che disciplina i complessi ricettivi complementari a carattere turistico-sociale, l’autorizzazione prefettizia non è sostitutiva della licenza edilizia, di competenza del sindaco» (C. Stato, sez. V, 11 dicembre 1981, n. 695, in Cons. Stato, 1981, I, 1453).

—              «È configurabile il reato di costruzione edilizia abusiva nell’ipotesi di prefabbricato, sia pure montato su ruote e non incorporato al suolo, avente una destinazione duratura per soddisfare esigenze abitative dell’imputato (fattispecie relativa a carrozzone adibito a deposito mobili)» (Cass. pen., sez. III, 13 ottobre 1982, n. 9116, Beghello, in Riv. pen., 1983, 610).

—              «L’obbligo della licenza edilizia può escludersi soltanto quando il manufatto prefabbricato su ruote sia destinato a sopperire a necessità meramente contingenti e transitorie, per essere subito dopo rimosso e trasferito altrove (nella specie: trattavasi di casa mobile sistemata su telaio poggiante su ruote gommate bilanciate da supporti di ferro, non allacciata alle reti della distribuzione della corrente elettrica e dell’acqua potabile)» (Cass. pen., 12 gennaio 1979, in Giust. pen., 1979, II, 689).

-

domenica 15 novembre 2015

Esenzione e riduzione imposta sui rifiuti Tari, quando si può chiedere?

 

Ridotta la tassa sui rifiuti se il cassonetto lontano da casa

 

Per quanto concerne la possibilità di ridurre la Tari, le casistiche su cui fondare un’eventuale richiesta, nel caso del lettore, sussistono, in base alla normativa che ha istituito il tributo (Legge di Stabilità 2014), anche se i presupposti non sono totalmente inattaccabili. Ma procediamo con ordine.

Esclusione Tari: ipotesi

Innanzitutto, una prima tipologia di esclusione è quella per cui non sono tassabili gli spazi improduttivi di rifiuti, in base al criterio della “non utilizzabilità” dei locali e delle aree.

PUBBLICITÀ

L’indisponibilità dei locali deve tuttavia dipendere da condizioni oggettivamente riscontrabili: per capirci meglio, un immobile sprovvisto di allacciamenti elettrici, idrici e fognari, oppure inagibile o inabitabile, non è soggetto all’imposta, mentre un locale che dispone di questi servizi è comunque tassabile, anche se di fatto non è utilizzato o produce pochi rifiuti.

La normativa Tari esclude esplicitamente le seguenti categorie dal pagamento del tributo:

parti condominiali non utilizzate in via esclusiva (come l’androne e le scale di un palazzo);

– aree e locali in cui non è prevista, o è oggettivamente impossibile in maniera autonoma, la produzione di rifiuti urbani (ad esempio cantine o solai, terrazze e balconi);

–   locali nei quali, in base a specifiche circostanze, non è possibile produrre rifiuti;

–   aree scoperte pertinenziali e accessorie a locali tassabili, eccettuate le aree scoperte operative.

I singoli comuni possono, poi, prevedere con apposito regolamento delle ulteriori ipotesi di esenzione, quali:

–   locali ed aree nei quali in cui si producono, di regola, rifiuti speciali, allo smaltimento dei quali provvedono a proprie spese i produttori in base alle leggi vigenti;

–   aree verdi;

–   centrali termiche e locali riservati ad impianti tecnologici, come cabine elettriche e vani ascensori;

–   fabbricati in ristrutturazione, per il periodo in cui l’immobile non è occupato;

–   abitazioni poste in ristrutturazione interamente per almeno 2 mesi;

–   locali di strutture medico- sanitarie pubbliche e private;

–   locali ed aree degli impianti ginnici e sportivi, scuole di danza, limitatamente agli spazi destinati all’esercizio dell’attività sportiva.

Inoltre, in caso di detenzione temporanea inferiore a 6 mesi nell’ anno solare, la Tari è’ dovuta solo da chi ne ha la proprietà, l’usufrutto, l’uso, l’abitazione o il diritto di superficie.

Riduzione Tari: ipotesi

La normativa Tari prevede le seguenti ipotesi di agevolazione, mediante riduzione della tariffa:

– previsione di una tariffa massima del 20%, nei seguenti casi:

mancato svolgimento del servizio di gestione dei rifiuti;

– svolgimento del servizio di gestione dei rifiuti in grave violazione della disciplina di riferimento;

interruzione del servizio per motivi sindacali, o per imprevedibili impedimenti organizzativi, aventi determinato una situazione dannosa o pericolosa per l’ambiente e le persone, riconosciuta dall’autorità sanitaria;

– previsione di una tariffa massima del 40%, per lontananza del punto di raccolta dalla zona servita.

I singoli comuni, poi, possono operare riduzioni ed agevolazioni nei seguenti casi:

– abitazioni con unico occupante;

– abitazioni a disposizione per utilizzo stagionale o limitato e discontinuo;

– locali ed aree scoperte ad uso ricorrente, ma stagionale o non continuativo;

– abitazioni occupate da residenti o dimoranti, per oltre sei mesi all’anno, all’estero;

fabbricati rurali ad uso abitativo.

Ulteriori casi in cui i Comuni possono deliberare agevolazioni, poi, riguardano:

– locali detenuti da Onlus;

– locali di culto;

– locali commerciali con attività ridotta a causa di cantieri pubblici;

nuclei familiari disagiati;

– situazioni di grave disagio per l’utenza;

– altre esigenze di perequazione nell’applicazione del tributo;

– adozione di interventi tecnico-organizzativi comportanti una minore produzione di rifiuti; in questa ipotesi, per accordare la riduzione, il gestore del servizio dovrà effettuare un’ istruttoria tecnica, per verificare che l’attività svolta esuli dai normali comportamenti già previsti da norme e regolamenti.

Il caso prospettato dal lettore, ben potrebbe essere suscettibile di agevolazione, in base sia alla ridotta produzione di rifiuti, che allo smaltimento in proprio ed all’assenza del punto di raccolta.

Ovviamente, sarà necessario fornire dei riscontri oggettivi di quanto affermato, anche tramite fotografie, ed esibizione di documenti inerenti all’attività svolta, come fatture dimostranti l’operatività in concreto.

- See more at: http://www.laleggepertutti.it/104368_esenzione-e-riduzione-imposta-sui-rifiuti-tari-quando-si-puo-chiedere#sthash.EUhFZz3u.dpuf

Cooperative edilizie, esenti dall'Imu gli immobili non ancora assegnati ai soci

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

13/11/2015 – Le cooperative edilizie, come le imprese di costruzione, sono esenti dall’Imu sugli immobili rimasti “in magazzino” e sono sottoposte alle stesse regole per quanto riguarda la Tasi. Lo ha chiarito la risoluzione 9/DF del Ministero dell’Economia e delle Finanze (Mef).

Imu e immobili invenduti

Il Mef ha spiegato che la Legge 124/2013 ha disposto, a partire dal 2014, l’esenzione dall’Imu dei fabbricati costruiti e destinati dall'impresa costruttrice alla vendita fintanto che permanga tale destinazione e non siano locati. Si tratta degli immobili invenduti, su cui le imprese di costruzione non devono più pagare queste tasse.
Imu per cooperative edilizie e società di costruzione
Secondo il Mef, le cooperative edilizie che assegnano in proprietà gli alloggi ai propri soci possono essere equiparate alle imprese costruttrici. Sull’argomento si era già espressa l’Agenzia delle Entrate, che con la circolare 182/E/1996 ha spiegato che “nella categoria delle imprese costruttrici rientrano a pieno titolo le cooperative edilizie che costruiscono, anche avvalendosi di imprese appaltatrici, alloggi da assegnare ai propri soci”.
L’equiparazione tra cooperative edilizie e imprese di costruzione è stata più volte ribadita da successivi documenti dell’Agenzia delle Entrate anche dal punto di vista fiscale. Cooperative e imprese pagano infatti le stesse imposte sulla cessione delle abitazioni.
Come sottolineato dal Mef, dai documenti amministrativi e dalle pronunce della giurisprudenza emerge che le assegnazioni degli alloggi operate dalle cooperative sono uguali alle cessioni effettuate dalle imprese perché in entrambi i casi si realizza un trasferimento della proprietà a titolo oneroso. Come il normale acquirente di un immobile, inoltre, anche il socio di una cooperativa edilizia perde i benefici fiscali se rivende il suo alloggio entro cinque anni dal rogito.
Sulla base di queste considerazioni, il Mef ha quindi stabilito che le cooperative edilizie non devono pagare l’Imu sugli immobili non ancora assegnati ai soci.

Tasi per cooperative edilizie e società di costruzione

Le stesse considerazioni, si legge nella risoluzione, valgono anche per la Tassa sui servizi indivisibili (Tasi). Questo significa che saranno i Comuni a decidere se diminuire le aliquote, fino ad azzerarle, o lasciarle inalterate.
Un intervento in tal senso è contenuto anche nel disegno di Legge di Stabilità per il 2016. Nel testo si legge infatti che per i fabbricati costruiti e destinati alla vendita dall’impresa costruttrice, fino a che non siano venduti o locati, l’aliquota della Tasi può essere ridotta allo 0,1% e che i Comuni possono modificarla in aumento fino allo 0,25% o in diminuzione fino ad azzerarla.
Ricordiamo che Imu e Tasi sono due componenti della Iuc, Imposta unica comunale. Oltre a queste due voci, la Iuc comprende la Tari, Tributo per la raccolta dei rifiuti.

Con i tetti verdi risparmi sui consumi energetici fino al 25%

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Primo passo: valutare bene le condizioni del palazzo su cui s’intende installare, su tetto o pareti, una copertura verde, specie se s’interviene su un fabbricato già esistente....

Con i tetti verdi risparmi sui consumi energetici fino al 25%
Maria Chiara Voci
Thu, 05 Nov 2015 15:29:56 GMT

Operazione trasparenza al Catasto: scopri online i metri quadrati di casa tua

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La novità riguarda le unità immobiliari urbane a destinazione ordinaria corredate da planimetria e iscritte nei gruppi A, B e C...

 

Operazione trasparenza al Catasto: scopri online i metri quadrati di casa tua
Cristiano Dell’Oste
Tue, 10 Nov 2015 17:03:46 GMT

Al via la consultazione pubblica sulle strategie di riqualificazione immobiliare

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il Ministero dello Sviluppo economico e il Ministero dell'Ambiente lanciano la consultazione pubblica sulla Strategia per la riqualificazione energetica del parco immobiliare (Strepin)...

Al via la consultazione pubblica sulle strategie di riqualificazione immobiliare
E. Sg.
Fri, 13 Nov 2015 15:53:47 GMT

mercoledì 11 novembre 2015

Legge di Stabilità, tutti gli emendamenti su casa e affitti.

 

 

 

 

 

La presentazione, lo scorso 15 ottobre, della Legge di Stabilità è stato solo il primo passo verso la versione definitiva della manovra finanziaria per il 2016: i tecnici del Governo stanno infatti vagliando in questi giorni oltre 3500 emendamenti presentati dalle diverse fazioni politiche. Fra le misure che interessano l’immobiliare ci sono il dietro front sull’utilizzo del contante, l’eliminazione dell’Imu per le case concesse in comodato ai figli e tante altre, che andiamo a enumerare.

Una valanga di proposte ha sommerso la prima bozza di testo della Legge di Stabilità 2016: selezionando solo i correttivi che riguardano casa, affitti e immobiliare, vediamo come potrebbe cambiare la Finanziaria per il prossimo anno.

- Tasi: ok all’eliminazione della tassa sulla prima casa, ma non per tutti. Secondo un emendamento, l'imposizione sulla prima casa andrebbe abolita per i due terzi degli italiani ma lasciata per gli immobili di più alto valore. Con questo accorgimento si potrebbero recuperare circa un miliardo e mezzo di euro all'anno.

- Comodato: un'altra scuola di pensiero vuole che si tolga l'Imu sulle seconde case concesse in comodato d'uso gratuito ai figli e ai parenti di primo grado.

- Contanti: sotto scacco la norma che vede l'innalzamento a 3000 euro del tetto ai pagamenti in contante. La richiesta di ripristinare lo stato di fatto riguarda anche la cancellazione dell’obbligo di pagare i canoni di locazione di unità abitative con modalità diverse dal contante che assicurano la tracciabilità, in settori - come quello delle locazioni e quello dei trasporti - fortemente esposti al rischio di evasione fiscale e di attività di riciclaggio.

- Canone Rai: secondo la prima versione della Legge di Stabilità, il canone Rai verrà incluso nella bolletta elettrica e si pagherà in 6 rate bimestrali da 16,66 euro l’una. Un emendamento propone invece che venga pagata in sole due rate il prossimo anno e sei a partire dal 2017.

- Bonus mobili: spunta anche l'ipotesi del bonus mobili per le giovani coppie under 35, legato all’acquisto della casa e non a lavori di ristrutturazione. Il bonus consiste in una detrazione Irpef del 50% per le spese di acquisto dei soli mobili (esclusi, rispetto al bonus tradizionale, i grandi elettrodomestici); il tetto di spesa in questo caso sarebbe di 8 mila euro (anziché 10 mila) e il credito d'imposta salirebbe da 5 mila a 10 mila euro.

- Coniuge separato: chi è separato e proprietario di una prima abitazione data in assegnazione al suo ex, potrebbe vedersi esentato dal pagamento della Tasi.

Affitto, pagare in contanti fino a 3.000 euro sì può

 

Affitto in contanti fino a 3.000 euro ora sì può

La legge di Stabilità, da gennaio 2016 permette di pagare i canoni di locazione, fino ai 3.000 euro in contanti, senza bisogno di dover utilizzare strumenti tracciabili.

Al fine di aumentare la facilità di transizioni, non solo per gli affitti, ma anche all’interno di località turistiche fortemente penalizzate con la vecchia norma,  e per andare in contro a coloro che operano correttamente.

I livelli del contante alla media europea

“Una delle cose che proporremo al Parlamento con la legge di stabilità è riportare i livelli del contante alla media europea, al livello francese, portandolo da 1.000 a 3.000 euro”. E’ questo quanto affermato da Matteo Renzi  nei mesi scorsi, al fine di  ”aiutare i consumi” e dire “basta al terrore”, sapendo che quei soldi “sono comunque tracciati”. Si abroga quindi la norma che prevedeva il divieto di pagamento per i canoni di affitto in contanti per gli importi superiori ai 999,99 euro e che in realtà non è mai entrata in vigore.

La necessità di questa disposizione era nata per combattere l’evasione fiscale. “L’evasione la stiamo combattendo sul serio ed è uno dei motivi per cui in legge di stabilità abbiamo soldi per abbassare le tasse. Ma non attuiamo la politica del terrore: se si ha la possibilità di spendere fino a 3.000 euro in contanti, lo si faccia… i cittadini per bene non devono essere assediati da un esercito”.

Pagamenti con strumenti tracciabili

Esplicitato quindi che il tetto massimo sale fino a 2.999,99 euro per il pagamento in contanti dei canoni di affitto, vediamo anche quali sono gli altri metodi di pagamento tracciabili da dover utilizzare dai 3.000 euro in poi.

  • assegno bancario non trasferibile;
  • assegno circolare;
  • assegno postale;
  • canone di affitto pagato con Postepay o qualsiasi altra carta di credito ricaricabile;
  • bonifico bancario o postale.

Per gli affitti stipulati con contratti di locazione con agenzie e intermediari, gli inquilini possono pagare anche con carta di credito e bancomat.

Pagamenti arretrati dei canoni di locazione

Qualora si debbano pagare al proprietario dell’immobile dei canoni arretrati lo si potrà fare anche in un’unica soluzione, in contanti, ma sempre se la somma non supera i 3.000 euro e solo se vengono emesse singole fatture per ogni mese. Altrimenti se si effettua un’unica quietanza il pagamento deve avvenire tramite strumento tracciabile.

Sanzioni per chi paga in contanti superando i 3.000 euro

Nel caso in cui si decida di fare i furbi e di pagare in contanti oltra la soglia limite, che ricordiamo essere fino a dicembre 2015 1.000 euro e solo da gennaio 2016 di 3.000 euro, scattano le sanzioni previste dalla normativa antiriciclaggio. Queste variano da una multa dall’1% al 40% dell’ importo trasferito e coinvolgono anche colui che ha accettato il denaro. La sanzione minima è di 3.000 euro, che può arrivare a moltiplicarsi fino a 5 volte per i casi più gravi.

Inoltre, anche non registrare un affitto porta a ricevere delle sanzioni. In primis in base al ritardo in cui è avvenuta la registrazione del contratto di locazione rispetto alla scadenza dei trenta giorni dalla  decorrenza del contratto, se successiva alla firma dello stesso. Se poi avviene il ravvedimento operoso prima che l’Agenzia delle Entrate inizi le verifiche ed entro 90 giorni dalla decorrenza del contratto, la sanzione sarà ridotta del 12%. Se avviene entro l’anno del 15% ed infine se si supera l’anno  la sanzione sarà nella misura del 120% dell’imposta di registro dovuta.

Inoltre se il canone viene occultato ai fini delle imposte di registro “si applica la sanzione amministrativa dal duecento al quattrocento per cento della differenza tra l’imposta dovuta e quella già applicata in base al corrispettivo dichiarato, detratto, tuttavia, l’importo della sanzione eventualmente irrogata ai sensi dell’articolo 71.“

Nuda proprietà e agevolazioni prima casa

 

Nuda proprietà e agevolazioni prima casa
Quando si acquista una casa è bene essere a conoscenza di tutti i casi particolari, in cui è possibile ricevere delle agevolazioni fiscali. Così anche la nuda proprietà rientra tra le eccezioni, che attraverso l’agevolazione tributaria può trovare applicazione, purché si abbiano determinati requisiti.

Benefici prima casa

Attraverso la Circolare n. 19 dell’1 marzo 2001 dell’Agenzia delle Entrate vediamo esplicitato al punto 2.2.1 il caso della nuda proprietà. “Qualora oggetto del contratto sia l’acquisto della nuda proprietà è previsto espressamente dalla norma che l’agevolazione tributaria possa trovare applicazione purché in presenza degli altri requisiti”.

I requisiti a cui si fa riferimento sono i seguenti:

  • le categorie catastali ammesse sono: A/2 (abitazioni di tipo civile) – A/3 (abitazioni di tipo economico) – A/4 (abitazioni di tipo popolare) – A/5 (abitazioni di tipo ultra popolare) – A/6 (abitazioni di tipo rurale) – A/7(abitazioni in villini) -A/11 (abitazioni ed alloggi tipici dei luoghi).

L’immobile deve essere ubicato:

  • nel territorio del Comune in cui l’acquirente  stabilisce la propria residenza, entro 18 mesi dall’acquisto. Inoltre la dichiarazione di dove vuole stabilirsi deve essere esplicitata nell’atto dell’acquisto;
  • se diverso, nel territorio del Comune in cui l’acquirente svolge la propria attività, senza remunerazione (es: studio, volontariato attività sportive);
  • se trasferito all’estero per ragioni di lavoro, nel territorio del Comune in cui ha sede o esercita l’attività il titolare da cui dipende;
    • se l’acquirente è un cittadino italiano emigrato all’estero, purché l’immobile sia acquisito come “prima casa” sul territorio italiano. Affinché si possa definire immigrato questo però deve essere iscritto all’AIRE o deve presentare un autocertificazione al momento dell’acquisto;
    • il personale delle Forze armate e quello di polizia non devono avere per forza residenza nel comune dove è ubicato l’immobile acquistato.

Quando si perdono le agevolazioni prima casa

A volte si può erroneamente pensare che quando si ottengono i benefici prima casa poi non si possa più perderli. Invece le agevolazioni possono decadere se:

  • le dichiarazioni previste dalla legge nell’atto di acquisto sono false;
  • l’abitazione è venduta o donata prima che siano trascorsi cinque anni dalla data di acquisto, a meno che entro un anno non si riacquisti un altro immobile, anche a titolo gratuito.
  • non venga trasferita la residenza nel Comune dove è situato l’immobile entro diciotto mesi dall’acquisto.

Quando manca il trasferimento dopo 18 mesi

Se entro 18 mesi la residenza non è ancora stata trasferita nel Comune dove è ubicato l’immobile l’acquirente può revocare la dichiarazione formulata nell’atto di acquisto della casa. Presentando un’istanza all’ufficio presso il quale l’atto è stato registrato e chiedendo la riliquidazione dell’imposta. L’ufficio riliquida così l’atto di compravendita e notifica l’avviso di liquidazione dell’imposta e degli interessi, calcolati a decorrere dalla data di stipula dell’atto.

In questo caso non viene applicata la sanzione del 30%, in quanto, entro il termine di diciotto mesi dalla data dell’atto “non può essere imputato al contribuente il mancato adempimento dell’impegno assunto, cui consegue la decadenza dall’agevolazione”.

Se, invece, il contribuente lascia trascorrere il termine di diciotto mesi senza trasferire la residenza e senza presentare un’istanza di revoca all’ufficio dell’Agenzia, si verifica la decadenza dall’agevolazione “prima casa”. il contribuente ha comunque la possibilità, se non gli è stato ancora notificato un atto di liquidazione o un avviso di accertamento, di ricorrere all’istituto del ravvedimento operoso. È sufficiente che “presenti un’istanza all’Ufficio dell’Agenzia presso il quale è stato registrato l’atto con cui dichiari l’intervenuta decadenza dall’agevolazione e richieda la riliquidazione dell’imposta e l’applicazione delle sanzioni in misura ridotta. L’ufficio riliquida l’atto registrato e notifica l’avviso di liquidazione dell’imposta dovuta, degli interessi e della sanzione opportunamente ridotta, in applicazione dell’istituto del ravvedimento operoso”.

lunedì 9 novembre 2015

Chi paga canone Rai: l’inquilino o il proprietario

 

Canone Rai guida pratica per esenzione e pagamento

 

Canone Rai: la riforma del metodo di riscossione dell’imposta sulla televisione attraverso la bolletta della luce non ha modificato le norme relative al pagamento del canone nel caso di appartamento in affitto. Resta quindi la regola generale secondo cui a dover versare l’importo è l’inquilino, anche se, nel caso di abitazione già ammobiliata, l’apparecchio sia di proprietà del padrone di casa. Difatti, il canone Rai è un’imposta sul “possesso” del bene e non sulla proprietà, per cui chi ne dispone e lo utilizza, deve sempre pagare, anche se non lo ha acquistato. È esemplare, peraltro, il caso di un appartamento dato in affitto a tre studenti universitari in cui la tv sia stata acquistata in precedenza dal locatore. In tal caso, saranno dovuti tre canoni diversi, uno per ciascuno studente, salvo che l’apparecchio sia posizionato solo nella camera di uno di questi e gli altri non ne possano fare uso.

Nel caso in cui l’inquilino sia anche intestatario del contratto dell’energia elettrica, non ci saranno problemi di sorta, per cui l’importo gli verrà addebitato con la fattura del prossimo anno. Si segue, dunque, la regola appena introdotta secondo cui il canone Rai viene pagato insieme alla bolletta della luce.

Viceversa, qualora l’utenza della luce dovesse essere ancora intestata al padrone di casa, a cui poi l’inquilino rimborsa i relativi costi, sarà necessario, per quest’ultimo, effettuare il pagamento con il consueto bollettino postale, così come avveniva prima della riforma introdotta con la legge di Stabilità del 2016. Nello stesso tempo, la società elettrica non dovrebbe addebitare alcunché al locatore, poiché il canone verrà addebitato solo sulla fattura della luce relativa all’abitazione di residenza principale; per cui, quella concessa in affitto dovrebbe essere automaticamente esclusa.

PUBBLICITÀ

Se ciò, però, non dovesse avvenire per qualche errore degli uffici, sarà bene che il proprietario dell’appartamento comunichi la non debenza dell’imposta all’Agenzia delle Entrate secondo il modello di autocertificazione che abbiamo predisposto nell’articolo: “Canone Rai: la dichiarazione per non pagare”.

Mutui sulla casa: il pignoramento può attendere

 

Equitalia come liberare da ipoteca e pignoramento la casa in eredita

 

Nei confronti di chi ritarda nel pagare la rata del mutuo, la banca non potrà attivare immediatamente le procedure esecutive, con il pignoramento dell’immobile, ma dovrà attendere un lasso di tempo minimo in modo da consentire al cliente di rientrare nell’esposizione debitoria: è questa la misura di maggiore interesse contenuta nella nuova direttiva UE sui mutui ed ipoteche. La direttiva [1], soprannominata MCD (ossia “Mortgage credit directive” – dove “morgtage” significa, in inglese, ipoteca) pone nuove tutele dei consumatori nei confronti degli istituti di credito, come l’eliminazione delle penali nel caso di estinzione anticipata del mutuo. Ne abbiamo parlato più diffusamente nell’approfondimento di oggi “Mutuo casa: nuove tutele”.

Buone notizie, dunque, per chi non ce la fa a sostenere la rata del mutuo. La nuova norma impone alle banche di rispettare un “ragionevole grado di tolleranza” prima di dare avvio a procedure esecutive sui beni offerti dal debitore in garanzia, ossia sugli immobili già ipotecati dalla banca o nei confronti del fideiussore. La procedura di esecuzione forzata, che inizia con la notifica del precetto, può essere, attualmente, intrapresa dalla banca direttamente sulla scorta dell’atto di mutuo (che è titolo esecutivo, in quanto redatto alla presenza del notaio) senza dover rispettare termini di legge, quindi, in teoria, anche a seguito di una inadempienza minima. Inoltre, come avevamo già detto in “La banca può pignorare la prima casa”, ad oggi non esistono norme che vietano il pignoramento della casa al di sotto di un determinato importo di debito (come invece per Equitalia che può attivarsi solo se il proprio credito è superiore a 120.000 euro).

PUBBLICITÀ

L’unica via attualmente perseguibile dal mutuatario per “prendere respiro” nel pagamento del mutuo è quello di chiederne la sospensione, facoltà, tuttavia, concessa solo in presenza di determinati e stringenti requisiti (come la cessazione del rapporto di lavoro, la morte o l’insorgenza di altre gravi situazioni che abbiano determinato un’oggettiva incapacità economica del debitore). Di tanto abbiamo già parlato in “Come sospendere le rate del mutuo ipotecario” cui si rinvia.

Bisognerà ora attendere il testo della legge nazionale di recepimento della direttiva MCD per verificare come si atteggerà, nei fatti, il nuovo diritto del mutuatario di esigere la “ragionevole tolleranza” da parte della banca prima di dar avvio al pignoramento immobiliare.

Acquisto casa in costruzione: se fallisce il costruttore

 

Acquisto casa in costruzione se fallisce il costruttore

Per chi acquista casa “sulla carta”, ossia in corso di costruzione, una legge del lontano 2005 [1], rimasta in parte inapplicata e facilmente elusa, ha introdotto una serie di tutele per i consumatori che si rivolgono a imprese costruttrici o cooperative edilizie: ciò per evitare i tristi e purtroppo numerosi fenomeni di fallimento del venditore che hanno portato a bruciare i risparmi di migliaia di italiani; in pratica il risparmiatore corre spesso il rischio di versare (e non recuperare) gli anticipi per un immobile che non potrà poi essergli ceduto. O che, anche ceduto, possa in seguito presentare gravi difetti costruttivi.

Ecco perché conoscere le garanzie previste dalla legge, come condizioni obbligatorie per la stipula di un contratto di vendita immobiliare, è quanto mai raccomandato soprattutto oggi, posto l’aumento, negli ultimi periodi, di possibilità di fallimento dell’azienda costruttrice. L’acquirente deve quindi sapere quali diritti può rivendicare prima di firmare il contratto. Eccoli qui di seguito elencati.
La garanzia si applica a immobili per i quali “sia già stato richiesto il permesso di costruire e che siano ancora da edificare o la cui costruzione non risulti essere stata ultimata versando in stadio tale da non consentire ancora il rilascio del certificato di agibilità”.

La fideiussione
Al momento della stipula del contratto preliminare (cosiddetto compromesso), il costruttore deve consegnare all’acquirente una fideiussione (i cui estremi vanno citati nell’atto) a garanzia di tutti i corrispettivi incassati o da incassare fino al trasferimento della proprietà. In tal modo, qualora la ditta costruttrice dovesse fallire (o essere sottoposta ad amministrazione straordinaria, concordato preventivo o liquidazione coatta amministrativa), l’acquirente potrebbe recuperare gli anticipi versati dal soggetto garante (di norma, una banca o un’assicurazione) e ottenere lo scioglimento del contratto. Egli, insomma, azzererebbe il rischio.

PUBBLICITÀ

La fideiussione non copre solo la cifra versata alla firma del “compromesso” (ad esempio, la caparra confirmatoria), ma può garantire – entro il limite massimo specificato nella stessa polizza – anche gli importi che si prevede vengano via via riscossi dal costruttore fino al rogito: è il caso degli acconti di prezzo da pagare in base allo stato di avanzamento lavori (SAL).
Il fallimento del costruttore, nel caso di immobile già realizzato, ha posto in passato il problema della revocatoria delle vendite, per come prevista dalla legge fallimentare. In pratica il curatore fallimentare era nella condizione di decidere se dare esecuzione al contratto, disponendo ugualmente il trasferimento della proprietà immobiliare al soggetto che avesse già stipulato l’accordo, oppure, a contratto già eseguito, ricorrere al giudice e farlo revocare, per riacquisire il bene alla massa passiva del fallimento, metterlo all’asta e pagare i creditori secondo la cosiddetta par condicio.

Oggi invece si prevede che gli atti già conclusi a “giusto prezzo” di mercato (e, quindi, sui quali non gravi il sospetto di una frode alla legge per violare le pari garanzie dei creditori) e nei quali l’acquirente si impegni a stabilire entro dodici mesi dalla data di acquisto o di fine lavori la residenza propria, del coniuge o di parenti e affini entro il terzo grado, non sono più soggetti a revocatoria fallimentare. Insomma, questi atti pubblici restano validi e non possono esser resi inefficaci dal curatore. Risultato: l’acquirente resterà dentro la sua casa, anche se l’impresa, pochi mesi dopo, è fallita.
Nel caso in cui il costruttore fallisca dopo la stipula del contratto preliminare, ma prima del rogito notarile, e l’immobile sia già “venuto a esistenza” (realizzato cioè il rustico e completata la copertura, anche se mancano le finiture), l’acquirente potrebbe legittimamente preferire di liberarsi dall’impegno e non procedere all’atto definitivo: decisione più che legittima perché non più coperto dalla garanzia di un costruttore che non esiste più (garanzia che, si ricorderà, è di 10 anni dall’ultimazione dell’edificio e riguarda tutti i difetti strutturali e i vizi dell’immobile).

In tali casi, l’acquirente potrebbe richiedere l’intervento della polizza fideiussoria, ottenendo dalla banca o dall’assicurazione la restituzione degli anticipi già corrisposti. Ma deve muoversi prima che il curatore fallimentare comunichi la decisione di dare eventuale esecuzione al preliminare e trasferire comunque la proprietà.

Se il venditore non contrae la fideiussione

Non sono rari i casi in cui il costruttore non stipuli la fideiussione o la stipuli sotto condizione che il relativo costo venga sostenuto, pro quota, da tutti gli acquirenti. È bene invece sapere che il mancato rilascio della fideiussione comporta la nullità del contratto preliminare: una nullità “relativa”, che può quindi esser fatta valere – senza limiti di tempo – dal solo acquirente e non dal venditore. Il quale non può rinunciare preventivamente alla garanzia. Questo significa, in pratica, che se l’acquirente firma il contratto preliminare e solo successivamente si accorge che il venditore non è coperto dalla polizza fideiussoria, non è tenuto a dare esecuzione all’accordo e a stipulare il definitivo, né a versare gli anticipi pattuiti. Dall’altro lato e inversamente, non è consentito al venditore di recedere dagli accordi sottoscritti se non ha prestato la fideiussione: questo perché – come detto – la nullità dell’accordo vale solo per l’acquirente e non per il venditore.

Il contratto preliminare

Il preliminare (o compromesso) deve essere adeguato al contenuto di legge. Significa che, oltre a indicare naturalmente soggetti e oggetto del contratto, prezzo e modalità di pagamento, deve descrivere con precisione l’immobile ancora da costruire, le sue caratteristiche tipologiche, tecniche e strutturali, il termine massimo di completamento dei lavori, allegando il capitolato e gli elaborati del progetto in base al quale è stato richiesto o rilasciato il permesso di costruire. Ma è opportuno indicare anche il termine per la stipula del definitivo.

Nel preliminare va infine specificato l’impegno dell’impresa di procedere al frazionamento del mutuo contratto per la costruzione e della relativa garanzia ipotecaria, o alla sua cancellazione; impegno che dovrà essere assolto prima della firma dell’atto definitivo di compravendita.

Le varianti in corso d’opera
Le parti sono libere di apportare varianti agli iniziali accordi o all’opera da costruire, anche se hanno già sottoscritto il contratto preliminare. Possono persino accordarsi di trasferire un immobile diverso da quello inizialmente pattuito: tuttavia, a seconda delle modifiche, bisognerà stipulare un atto integrativo o un nuovo preliminare sostitutivo, integrando e sostituendo anche la fideiussione.

La seconda fideiussione

Al momento del rogito, il costruttore deve poi fornire una seconda polizza assicurativa, che è quella che copre l’acquirente, per i successivi dieci anni dall’ultimazione dell’edificio (data che può essere successiva a quella del trasferimento della proprietà), da tutti i vizi della costruzione. Si parla, cioè, dei danni materiali e diretti all’immobile, compresi i danni ai terzi derivanti da rovina totale o parziale, oppure da gravi difetti costruttivi delle opere. A differenza della precedente polizza, l’assenza di questa non comporta alcuna sanzione, né incide sulla validità dell’atto, ma è regola di buona prudenza pretendere che venga rilasciata. In ogni caso, l’acquirente che non la ottenga potrebbe anche decidere di non firmare il contratto definitivo.

- See more at: http://www.laleggepertutti.it/103615_acquisto-casa-in-costruzione-se-fallisce-il-costruttore#sthash.UhJZGC8J.dpuf

Mutuo casa: nuove tutele. Stop pignoramenti e commissioni

 

Mutuo casa nuove tutele. Stop pignoramenti e commissioni

 

La legge si mette finalmente dalla parte dei risparmiatori che acquistano casa e, perciò, stanno per stipulare un contratto di mutuo con la banca: la legge di delegazione europea, appena approvata dal consiglio dei ministri, nel recepire la direttiva europea sui mutui per beni immobili residenziali (direttiva Mcd, cioè Mortgage credit directive [1]), prevede una serie di tutele per i consumatori, prima tra tutte l’eliminazione delle penalità in caso di estinzione anticipata del mutuo e un periodo di riflessione di sette giorni per confrontare le possibili alternative sul mercato. Ecco, dunque, nel dettaglio le nuove misure.

Partiamo subito da quella che è stata battezzata la “Pausa di riflessione”. La legge consente al consumatore un breve periodo di riflessione prima della definitiva conclusione del contratto, di sette giorni complessivi, durante i quali questi potrà liberamente confrontare le ulteriori offerte sul mercato e valutarne le implicazioni. Si mira, così, ad evitare “l’effetto entusiasmo” e la facile stipula di contratti poi non convenienti o non in linea con le offerte della concorrenza.

PUBBLICITÀ

Viene poi previsto che l’estinzione anticipata del mutuo sarà senza spese e penalità: la banca, in altre parole, tutte le volte in cui il consumatore vorrà pagare immediatamente tutto il residuo in un’unica soluzione, anticipando l’estinzione del mutuo, non potrà applicare commissioni, indennità o oneri.

Il capitolo di maggior interesse della legge europea riguarda la previsione di un’apposita tutela per i debitori che si troveranno in difficoltà economica nella restituzione delle rate del mutuo. In particolare, la direttiva Mcd [2] impone alle banche di esercitare un ragionevole grado di tolleranza prima di dare avvio a procedure di escussione della garanzia, ossia a pignoramenti ed esecuzioni forzate immobiliari sui beni su cui grava l’ipoteca.

Inoltre viene stabilita l’esdebitazione a seguito della vendita all’asta della casa: in altre parole, qualora all’esito dell’esecuzione forzata sull’immobile ipotecato, residui ancora una parte del credito in capo alla banca (situazione possibile nel caso in cui il bene venga venduto a un valore più basso del debito residuo in capo al cliente), tale credito può essere cancellato.

La direttiva stabilisce poi limiti agli oneri da caricare al mutuatario moroso come gli interessi moratori.

Per evitare che il mutuo superi le possibilità economiche del consumatore e la stima dell’immobile sia “falsata”, la direttiva individua metodi standard per la valutazione delle abitazioni residenziali ai fini della concessione di crediti ipotecari, in modo da evitare sperequazioni. Viene inoltre prevista la figura di un consulente finanziario che dovrà avvisare il consumatore quando la sua situazione reddituale non gli consente di onorare il mutuo o può implicare per lui un rischio specifico. Il consulente deve preoccuparsi della sostenibilità delle rate, anche nell’interesse dell’ente finanziatore.

Passaporto Ue. Viene introdotto il “passaporto europeo”, che consente agli intermediari del credito di operare nei paesi Ue in forza dell’abilitazione concessa da parte dell’autorità competente dello stato di origine. Questo potrebbe portare a una maggiore concorrenza all’interno del mercato del prestito immobiliare.

- See more at: http://www.laleggepertutti.it/103611_mutuo-casa-nuove-tutele-stop-pignoramenti-e-commissioni#sthash.gLusd6Dh.dpuf

domenica 8 novembre 2015

Opere abusive, ok al condono se sono state completate

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

05/11/2015 – Perché sia possibile ottenere il condono edilizio, è necessario che l’opera sia terminata. Per considerare un lavoro ultimato ci sono due criteri da seguire: quello strutturale per le nuove costruzioni e quello funzionale per gli edifici esistenti.   Le differenze sono state spiegate dal Consiglio di Stato con la sentenza 4287/2015.   Negli edifici abusivi realizzati ex novo vale il criterio strutturale. Ciò significa che bisogna fare riferimento al rustico. Se questo è stato terminato, il condono può essere concesso. Per edificio al rustico, ha aggiunto il CdS, si intende un’opera mancante solo delle finiture, come infissi, pavimentazione e tramezzature interne, ma in cui possano essere individuati con precisione i volumi. Diversamente, i lavori potrebbero continuare e non se ne potrebbe valutare l’entità.   Nei lavori interni si applica invece il criterio funzionale. Per ottenere..
Continua a leggere su Edilportale.com

Opere abusive, ok al condono se sono state completate
mammarella@edilportale.com (Paola Mammarella)
Thu, 05 Nov 2015 06:00:00 GMT

Niente Imu sulla seconda casa se ci abitano i figli

 

Sono molti i genitori che, per garantire una rendita ai propri figli o fare in modo che abbiano una casa nella città in cui vanno a studiare decidono di investire in una seconda casa.

Ad oggi questi investimenti, registrati come seconde case nella stragrande maggioranza dei casi, sono soggette al pagamento dell’Imu, ma è al vaglio una proposta che prevede l’esenzione dalla tassa se l’immobile è concesso in comodato d’uso a un parente di primo grado a cominciare, ovviamente, dai figli.

Ad annunciare la possibile modifica alla legge di stabilità attualmente in discussione al Senato è stata una delle relatrici, la senatrice Federica Chiavaroli. Di certo la proposta, come le altre che si stanno analizzando in aula, dovranno affrontare la non ignorabile difficoltà delle scarse risorse. Per finanziare questa abolizione e gli altri cambiamenti al vaglio la disponibilità economica è di appena 300 milioni di euro. Oggettivamente non tantissimi.

La modifica annunciata dalla senatrice Chiavaroli non è stata ancora analizzata da un punto di vista finanziario, ma è ritenuto un cambiamento importante perché, secondo dati ufficiali dell’Istat, riguarderebbe circa l’8% dei cittadini italiani.

Fra i provvedimenti che potrebbero entrare a far parte della legge di stabilità anche quello che prevede l’introduzione di alcune agevolazioni fiscali per chi dà in affitto un immobile a canone concordato.

Rimane invece ancora aperto e piuttosto acceso lo scontro sui comuni. Ancora una volta, nonostante le dichiarazioni del ministro Padoan, il presidente dell’ Anci Piero Fassino si è recato a Roma per battere i pugni sul tavolo e portare all’attenzione del Governo centrale le forti perplessità e i timori che l’abolizione della Tasi genera in sede all’associazione che rappresenta.

Bonus mobili anche alle coppie conviventi

 

Bonus mobili anche alle coppie conviventi

Non si dovrà essere necessariamente sposati per poter ottenere il bonus mobili, in quanto questo potrà essere assegnato anche alle coppie di fatto.

E’ questo quanto stabilisce la legge di Stabilità, che allarga di fatto il bacino degli sgravi fiscali tra coloro che si apprestano a fare uno dei passi più importanti: acquistare una casa. Ma gli incentivi saranno gli stessi o verranno ridotti per gli under 35 che non sono ufficialmente legati da nessun vincolo?

Novità sugli sgravi fiscali con la nuova legge

Con questa nuova legge lo sgravio concesso in mancanza di ristrutturazione si attesta al 50%, da calcolare su un tetto massimo di 8 mila euro ( a differenza dei 10 mila euro del bonus mobili classico), per l’acquisto di mobili d’arredo. Per cui il massimo della detrazione arriverà in qualsiasi caso a 4 mila euro e non oltre. Inoltre non è ancora del tutto chiaro se gli under 35 potranno utilizzare il bonus anche per i grandi elettrodomestici (non inferiore a  A+, classe A per i forni) come avviene con il bonus mobili tradizionale.

Un altro tassello importante da considerare con questa nuova rivisitazione è che per essere definita “coppia” questa deve avere formato il proprio nucleo familiare da minimo tre anni e uno dei due non deve avere superato i 35 anni di età. Per cui, per ottenere il bonus non sarà necessario legare l’acquisto dei mobili ai lavori di ristrutturazione della casa, ma sarà importante avere un contratto di acquisto per un immobile, da adibire come prima casa. Verificati tutti questi elementi la detrazione sarà ripartita in dieci quote annuali.

Prorogato il bonus mobili

Oltre alle novità esposte e legate alle coppie di fatto, la legge di Stabilità ha prorogato il bonus mobili fino a dicembre 2016, per quanto riguarda le detrazioni fiscali legate ad interventi di ristrutturazione. Per cui niente accesso agli sgravi fiscali del 50% per le ristrutturazioni, almeno che queste non comprendano un miglioramento delle performance dell’edificio. La detrazione sarà anche in questo caso ripartita in dieci quote annuali e spetterà agli aventi diritto. Confermato per il prossimo anno anche l’ecobonus del 65%, esteso a lavori antisismici e per le schermature solari.

Chi può accedere al bonus mobili tradizionale

Definiti i requisiti necessari per accedere al bonus mobili per le giovani coppie under 35, ricordiamo invece chi può usufruire degli sgravi fiscali dai 36 anni in poi.

“Per avere l’agevolazione è indispensabile realizzare una ristrutturazione edilizia (e usufruire della relativa detrazione), sia su singole unità immobiliari residenziali sia su parti comuni di edifici, sempre residenziali”

è questo quanto riporta il testo redatto dall’Agenzia delle Entrate.

Inoltre per ottenere il bonus è necessario che:

  • la data dell’inizio dei lavori di ristrutturazione preceda quella in cui si acquistano i beni;
  • non è necessario che le spese di ristrutturazione siano sostenute prima di quelle per l’arredo dell’immobile;
  • la data di avvio dei lavori può essere dimostrata da eventuali abilitazioni amministrative, dalla comunicazione preventiva all’Asl (se obbligatoria);
  • per gli interventi che non necessitano di comunicazioni o titoli abilitativi, è sufficiente una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà.

Inoltre per la detrazione sono necessari i seguenti interventi edilizi:

  • manutenzione straordinaria, restauro e risanamento conservativo, ristrutturazione edilizia su singoli appartamenti. I lavori di manutenzione ordinaria su singoli appartamenti (tinteggiatura di pareti e soffitti, sostituzione di pavimenti, ecc.) non danno diritto al bonus;
  • ricostruzione o ripristino di un immobile danneggiato da eventi calamitosi, se è stato dichiarato lo stato di emergenza ;
  • restauro, risanamento conservativo e ristrutturazione edilizia, riguardanti interi fabbricati, eseguiti da imprese di costruzione o ristrutturazione immobiliare e da cooperative edilizie che entro 18 mesi dal termine dei lavori vendono o assegnano l’immobile;
  • manutenzione ordinaria, manutenzione straordinaria, restauro e risanamento conservativo, ristrutturazione edilizia su parti comuni di edifici residenziali.

Al momento quindi e per tutto il prossimo anno gli italiani che potranno usufruire di incentivi per questa tipologia di interventi e per l’acquisto di mobili saranno decisamente di più di quelli che hanno potuto farlo durante il 2015. Un aiuto importante soprattutto per i giovani, che sempre più spesso sono costretti a restare con i propri genitori, impossibilitati dai costi elevati, per creare un proprio nucleo familiare.