venerdì 30 settembre 2016

Il tasso fisso batte il variabile: ma qual è la scelta giusta?

Gli ultimi dati sul mercato dei mutui registrano una netta preferenza del tasso fisso sul variabile, oggi scelto da tre mutuatari su quattro. La ragione è semplice da comprendere: la volontà di congelare il prestito per i prossimi venti o trent'anni ancorandolo a un indice di riferimento, l'Eurirs, oggi ai minimi storici. Ma si tratta davvero della scelta giusta? Vito Lops, del Sole 24 Ore, analizza l'attuale mercato dei mutui, cercando di capire quali sono le direttrici future. 

Il 75% dei mutui è a tasso fisso, la ragione sta nella congiuntura del mercato attuale che sta portanto i tassi a livelli mai visti, minimi, se non addirittura negativi. Sebbene il tasso fisso costi in partenza più del variabile (tra lo 0,8% e l'1%) gli italiani preferiscono puntare su qualcosa di sicuro e quanto mai conveniente.

Sebbene il tasso variabile più conveniente sia addirittura inferiore all'1%, oggi è possibile contrattare uno fisso per poco meno del 2%. Una differenza che i nuovi mutuatari sembrano accettare senza troppi problemi con la certezza di poter congelare un tasso nominale così basso per i prossimi venti o trent'anni.

Come funziona il tasso fisso

A priori, dice l'analisi, non si può sapere se una scelta sia giusta o sbagliata, ma è importante capire come funzionano il tasso fisso e variabile e come potrebbero muoversi in futuro. Chi sceglie il tasso fisso deve sapere che questo è ancorato all'Eurirs (che deve sommarsi allo spread deciso dalla banca), oggi allo 0,7% vicinissimo al minimo storico. L'Eurirs dipende dal rendimento del Bund tedesco e segue il suo andamento. Quindi chi vuol stipulare un tasso fisso deve farlo nel momento in cui il secondo è basso. Eventuali fluttazioni future dell'indice non influiranno sugli interessi da pagare perché il prestito rimane ancorato al momento della stipula

Previsioni tasso Euribor

Nel momento in cui Bund e Eurirs sono bassi, ad essere basso è anche l'Euribor, indice di riferimento per il tasso variabile. L'Euribor a tre mesi è infatti oggi addirittura negativo (-0,3%) e si pensa che lo sarà anche per i prossimi anni, perché tali sono le previsioni sull'nflazione. Nell'ipotesi che si decida di stipulare un mutuo a 20 anni (dove gli interessi in gran parte si pagano per i primi 10 anni) deve preoccuparsi dell'andamento dell'indice solo per i primi 10. La prospettiva per chi sceglie il variabile e' quindi quella di pagare un tasso di partenza inferiore all'1% a quello fisso e di dover preoccuparsi solo di lievi rialzi futuri.

giovedì 29 settembre 2016

Certificazione energetica nei contratti di locazione e vendita, tutti gli obblighi da rispettare

La normativa sull'Ape, l'attestato di prestazione energetica, prevede determinati obblighi nel caso di un immobile che venga messo sul mercato per la vendita o la locazione. Vediamo insieme quali sono.

Obbligo di dotazione – L’immobile deve essere dotato, a cura del proprietario, di un Apa in corso di validità e registrato secondo le normative regionali.

Obbligo di informazione – Il proprietario dell’immobile deve informare l’eventuale acquirente, locatario o comunque controparte contrattuale, dei contenuti dell’Ape in dotazione all’immobile stesso. La conferma dell’avvenuta informazione deve essere riportata nel successivo contratto.

Obbligo di consegna – Il proprietario dell’immobile deve consegnare all’eventuale acquirente o locatario o comunque controparte contrattuale, copia dell’Ape in dotazione all’immobile stesso. Questo obbligo è da ritenersi autonomo e distinto da quello successivo di allegazione. La conferma dell’avvenuta consegna deve essere riportata nel successivo contratto.

Obbligo di allegazione – Colui che registra il contratto (notaio) deve allegare all’atto l’Ape dell’immobile oggetto del contratto stesso.

Obbligo di affissione – Questo obbligo riguarda gli edifici della pubblica amministrazione o comunque utilizzati da essa. L’Ape deve essere esposto in evidenza all’ingresso dell’edificio o in luogo visibile al pubblico.

Gli obblighi di dotazione, informazione, consegna e allegazione dell’attestato di prestazione energetica ai contratti immobiliari possono causare ai soggetti inadempienti sanzioni importanti.

Quali sono le spese legate all'acquisto della prima casa

 

Noi italiani, si sa, abbiamo sempre amato abitare in una casa di proprietà piuttosto che in affitto e, nonostante la crisi abbia frenato la corsa al mattone, comprare la prima abitazione è ancora un traguardo ambito da molti. Se state risparmiando per acquistare la vostra prima casa, oltre al prezzo pensate a queste domande: quali spese dovrò sostenere? Potrò usufruire delle agevolazioni prima casa? Vediamo insieme sei spese, e le eventuali agevolazioni, con cui fare i conti in occasione dell’acquisto della vostra prima casa.

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Spese di accensione del mutuo. Se pensate di accendere un mutuo dovrete pagare gli interessi alla banca: molte banche agevolano l’acquisto della prima casa concedendo tassi inferiori a quelli per le seconde case e coprono solitamente fino all’80% del valore dell’immobile. Oltre al tasso applicato ci sono però da considerare le spese di accensione del mutuo: la polizza incendio e scoppio, la polizza vita, la perizia bancaria e gli interessi di preammortamento tecnico.

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Gli interessi di preammortamento tecnico sono i più insidiosi perché meno conosciuti e potenzialmente molto onerosi; consistono negli interessi da corrispondere alla banca nel periodo compreso tra la data del rogito e la data di avvio del piano di ammortamento. Alcune banche offrono maggiore flessibilità riguardo alla data di avvio del mutuo: coordinare le possibilità offerte dal finanziatore con la data del rogito permette di minimizzare o azzerare questo costo che spesso rimane nascosto tra le righe.

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L’agenzia immobiliare. Se per l’acquisto della vostra casa vi siete rivolti ad un intermediario, di solito un’agenzia immobiliare, dovrete corrispondergli una parcella che oscilla in genere tra il 2% e il 4% del valore dell’immobile. Attenzione però che non tutte le agenzie immobiliari sono uguali: alcune vi seguiranno con pazienza e professionalità anche fino all’atto mentre altre vi metteranno fretta per concludere l’affare e sparire subito dopo la firma del compromesso. È importante scegliere l’agenzia con cura e leggere attentamente le condizioni contrattuali contenute nella proposta di acquisito prima di firmarla e riconsegnarla all’intermediario.

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La parcella notarile. Al momento del rogito dovrete corrispondere la parcella professionale al notaio, di solito si tratta di un onorario che va dal 2% al 4% del valore di acquisto; è bene ricordare che non essendoci più i minimi tariffari potete chiedere più preventivi e rivolgervi al notaio più conveniente. Oltre alla parcella saranno da versare al momento dell’atto di compravendita, come vediamo nel seguito, anche le imposte di registro o l’IVA e le imposte catastali e ipotecarie.

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Le imposte al rogito. Se la casa che state acquistando non è un immobile di lusso e il venditore è un privato, sono previste agevolazioni particolari per la vostra prima casa: l’imposta di registro è al 2% con un minimo di 1.000 €, mentre le tasse ipotecarie e catastali sono pari a 50 € ciascuna. Se il venditore è invece un’impresa che ha ultimato i lavori di costruzione o ristrutturazione dell’immobile che acquistate da meno di 5 anni, è obbligatorio pagare l’IVA al posto dell’imposta di registro. Anche in questo caso sono previste agevolazioni per l’acquisto prima casa: l’IVA è agevolata al 4% e le imposte catastali ed ipotecarie sono pari a 200 € ciascuna. Attenzione: anche passati i 5 anni dalla fine dei lavori l’impresa venditrice ha la possibilità di scegliere di assoggettare la vendita all’IVA; informatevi quindi prima del rogito per non avere sorprese.

La relazione tecnica notarile La maggior parte dei notai richiede, prima della stipula dell’atto, la relazione di un tecnico che descriva la casa e le pratiche edilizie che nel tempo si sono susseguite per la costruzione, la ristrutturazione e l’eventuale condono dell’edificio. Attenzione: la parcella del tecnico è solitamente a carico di chi acquista l’immobile e costa qualche centinaio di euro.

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Le tasse dopo l’acquisto. A decorrere dal 1 gennaio 2016, con la Legge di Stabilità 2016, sono state azzerate le tasse IMU e TASI dovute per il mantenimento della prima casa dove vivete abitualmente a patto che l’abitazione non siano di lusso. Per sapere se la vostra residenza rientra tra quelle di lusso basta verificare la visura catastale: la vostra casa non deve essere classificata nelle categorie A1, A8 o A9.

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In sintesi. Nel budget per l’acquisto della vostra prima casa dovete considerare, oltre al prezzo e al mutuo, una serie di spese con un valore compreso tra 8% e il 10% del valore dell’abitazione. Per comprare con tranquillità la vostra prima casa informatevi, fatevi aiutare da un tecnico di fiducia e non dimenticate che sono a carico del venditore le spese per l’Attestato di Prestazione Energetica ed il Certificato di Abitabilità.

domenica 25 settembre 2016

Tari: come e quando pagarla

 

La tari è la tassa sui rifiuti introdotta con la IUC, insieme alla Tasi e all'Imu, che ha sostituito le precedenti Tarsu, Tia e Tares.

 

Tari: ecco quando si paga la tassa sui rifiuti

In origine era la Tarsu, in seguito la Tia, la Tares e poi la Tari, la nuova tassa sui rifiuti: ecco alcune utili informazioni sui soggetti che devono pagarla e le ipotesi in cui invece non è dovuta.

La Tari è la nuova tassa sui rifiuti che è stata introdotta nel 2014 con la IUC, l’Imposta Unica Comunale insieme alla Tasi, il tributo comunale sui servizi indivisibili e all’Imu. La tassa rifiuti è il corrispettivo che il Comune richiede a fronte del servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti sul proprio territorio. Il presupposto per l’applicazione del tributo è l’occupazione di locali ed aree scoperte che si trovano sul territorio del Comune. La base su cui calcolare la TARI quindi è la superficie calpestabile di unità immobiliari, iscritte o iscrivibili nel catasto urbano, suscettibili di produrre rifiuti. La tassa sui rifiuti è dovuta da chi occupa locali ed aree scoperte, a prescindere dal titolo in base a cui sono utilizzate, perciò non solo da chi è proprietario dell’immobile ma qualora questo sia occupato da un soggetto diverso, nel caso ad esempio di un contratto di locazione, dall’inquilino. Occorre però fare alcune precisazioni in merito. Se la locazione ha breve durata, si pensi all’immobile locato per una settimana, la Tari è dovuta sempre dal proprietario. Una locazione si dice di breve durata quando non supera i 30 giorni nell’arco di un anno.

Nel caso di multiproprietà – quando cioè esistono più proprietari – a pagare la tassa è il soggetto che gestisce i servizi comuni, fermo restando il suo diritto a richiedere il rimborso dell’importo versato in misura percentuale ad ogni effettivo detentore. La Tari non è dovuta quando l’immobile è utilizzato, ossia quando è indisponibile per condizioni oggettive come la mancanza degli allacci alle utenze di luce, gas e acqua. Le regole sulla Tari sono decise a livello locale dal singolo Comune che può stabilire eventuali ipotesi di esenzioni o riduzioni dalla tassa come ad esempio per chi ha un reddito molto basso ovvero nel caso dell’uso di un immobile in modo non continuativo o di un unico occupante. Nel caso di condominio la Tari non è dovuta su alcune parti comuni non utilizzate in via esclusiva, come ad esempio, l’androne, o le scale di accesso o quei locali dove è oggettivamente impossibile produrre  rifiuti  in maniera autonoma come ad esempio cantine e solai.

La tassa si compone di una parte fissa e una variabile, la prima determinata moltiplicando la superficie calpestabile e la tariffa fissa unitaria stabilita da ogni Comune, a cui poi va aggiunto il 5% che rappresenta la somma dovuta a titolo di tributo provinciale, mentre la seconda rapportando la quantità di rifiuto residuo conferito, comprensiva di un quantitativo minimo obbligatorio. L’importo, insieme alle scadenze della tari sono decise a livello locale: è il Comune infatti che invia a casa die contribuenti i bollettini precompilati o i modelli F24 in cui oltre all’importo di ogni singola rata – due o tre ferma restando la possibilità di pagare in un’unica soluzione – son indicate anche le singole rate.

Tutti i dettagli nel sondaggio congiunturale sul mercato delle abitazioni in Italia realizzato da Banca d’Italia e Tecnoborsa, con la cooperazione dell’Osservatorio del Mercato Immobiliare (OMI) dell’Agenzia delle Entrate

 

La domanda di immobili in Italia continua a migliorare.
Lo dimostrano i dati del sondaggio congiunturale, realizzato a più voci, in relazione al secondo trimestre del 2016.

Il report è stato messo a punto da Banca d’Italia e Tecnoborsa, con la cooperazione dell’Osservatorio del Mercato Immobiliare (OMI) dell’Agenzia delle Entrate, e ha potuto contare sulla partecipazione di 1.129 agenzie immobiliari sparse sul territorio italiano. Agenzie che hanno fornito informazioni specifiche “sulle attività di compravendita e locazione, sui relativi prezzi nel trimestre aprile-giugno 2016 e sulle prospettive di breve periodo”.

Suddiviso in capitolo distinti il report tratta il settore osservandolo da vicino.
Si parte dalle novità sui prezzi delle abitazioni per passare alle informazioni sulle compravendite e poi, a seguire, un mare di dettagli su incarichi a vendere, trattative e tempi di vendita, modalità di finanziamento degli acquisti, locazioni, prospettive del mercato in cui operano le agenzie e quelle del mercato nazionale delle compravendite.

In fatto di prezzi delle abitazioni gli operatori fanno sapere che il mercato “riporta una diminuzione dei prezzi di vendita, che si attesta ora sul 43,6% (44,8% nel trimestre precedente, 56,4% nella rilevazione di un anno fa), mentre i giudizi di stabilità salgono al 54,8% (erano il 52,4% nella scorsa indagine). Il miglioramento riflette in particolar modo gli andamenti nelle regioni del Nord Ovest, dove le risposte di flessione hanno riguardato il 41,7% degli agenti (45,5% nella precedente rilevazione)”.

Si confermano decisamente positive le condizioni della domanda.
Risulta chiaramente in aumento il margine medio di sconto sui prezzi di vendita rispetto alle richieste iniziali del venditore. Una risalita che, seppur lieve, denota l’effetto di un incremento dei tempi medi di compravendita nel Nord Ovest e nel Centro.

Si può considerare in netto aumento la quota di acquisti finanziati con mutuo ipotecario. Percentuali alla mano l’aumento si è stabilizzato sul 76,1%, al pari del rapporto tra prestito e valore dell’immobile, che ha raggiunto il 73,8%.

In fatto di locazioni il mercato mette in evidenza una lieve variazione.
Infatti la quota di operatori che ha dichiarato di avere locato almeno un immobile nel secondo trimestre, è rimasta sostanzialmente invariata rispetto al periodo precedente e stabilizzatasi sul 77,9%.
E’ cresciuto, toccando quota 6,8%, invece il margine medio di sconto sui canoni rispetto alle richieste iniziali del locatore.

Osservando il mercato in cui operano le agenzie, le prospettiva dei professionisti di settore sulle tendenze a breve termine sono sfavorevoli, “ma risultano in netto miglioramento rispetto allo stesso periodo dello scorso anno”.

La quota di operatori, che prevede una flessione dei prezzi nel trimestre in corso, è cresciuta passando al 39%, dal 31,8% della rilevazione di aprile).

Le aspettative del mercato nazionale delle compravendite “sono meno favorevoli rispetto alla precedente rilevazione, risentendo di fattori di natura stagionale, ma si sono rafforzate nel confronto con il corrispondente trimestre del 2015″.

Anche se il mercato mostra livelli decisamente inferiori a quello degli anni ’80, la crescita è un dato di fatto.
Se nel 2014 la crescita era stata influenzata dagli effetti che aveva prodotto sul mercato l’ingresso del nuovo regime delle imposte di registro, catastale ed ipotecario, i dati più recenti sono decisamente positivi.

La ripresa del mercato immobiliare, se da un lato è dovuta anche ad un segnale di accelerazione dell’economia, dall’altro riflette la necessità di acquisto di un bene come rappresenta quello dell’abitazione, che non cessa di essere importante per gli italiani.

L’acquisto di un bene rifugio come quello della casa è un desiderio al quale ogni famiglia guarda con entusiasmo, soprattutto perchè disporre di una casa propria è sinonimo di serenità.
E per preservare l’abitazione da ogni genere di problematica, il proprietario valuta con attenzione l’idea di sottoscrivere una polizza assicurativa sulla casa in grado di limitare danni causati da incendi, fuoriuscita di gas, atti vandalici, perdite d’acqua, eventi sismici oppure furti.

mercoledì 21 settembre 2016

Come vendere dopo la separazione una casa coniugale cointestata

 

 

Quando un immobile risulta cointestato per metà ad entrambi i coniugi, affinché uno dei due possa diventarne proprietario esclusivo dovrà acquistare anche la quota parte di proprietà dell’altro. Ciò è possibile con le modalità  volute dagli ex coniugi comproprietari.

Nel caso in cui l’acquisto di un immobile sia avvenuto tramite mutuo, alla data di estinzione di tutte le rate dovrà essere fatta una valutazione complessiva dell’immobile, che nel frattempo potrebbe essersi svalutato o rivalutato. La valutazione è importante perché in base ad essa il coniuge che vive nella casa coniugale dovrà conteggiare sia le rate di mutuo già pagate dall’altro e rimborsarle, sia la metà dell’eventuale maggior valore che l’immobile dovesse aver acquisito nel tempo e che i comproprietari otterrebbero ove decidessero di venderlo a terzi.

L’acquisto della casa coniugale, se avviene nell’ambito degli atti di separazione e divorzio, gode di agevolazioni. Le parti, ad esempio, possono impegnarsi con una promessa risultante dall’accordo di separazione e divorzio a compiere un atto di trasferimento immobiliare in un momento successivo. Tale atto di trasferimento può essere a titolo oneroso e quindi prevedere il pagamento di un corrispettivo, oppure a titolo gratuito. L’impegno così assunto avrà per la legge valore di contratto preliminare.

Il contratto definitivo gode di un regime fiscale agevolato, in quanto è esente da ogni tassa, imposta di bollo, di registro e ipocatastale. E’ necessario però che l’accordo abbia precise caratteristiche e contenga:

– la dicitura che con esso i coniugi intendono regolare i loro rapporti economici, definendo in questo modo le reciproche ragioni di dare e avere;

– la promessa di uno a vendere e dall’altro l’obbligo ad acquistare;

– l’ indicazione di dati catastali e l’atto di provenienza del bene immobile.

lunedì 19 settembre 2016

Come scegliere il mutuo: fisso, variabile e surroga

 

Una Guida alle diverse offerte di mutuo presenti sul mercato per capire come orientarsi e scegliere il prodotto più adatto.

 

Mutui

Orientarsi tra le diverse offerte di mutuo presenti sul mercato (tasso fisso, tasso variabile, tasso misto, mutuo con cap, etc.) non è mai una cosa semplice, al di là del prodotto scelto va considerato che c’è sempre la possibilità di effettuare una surroga, divenuta gratuita con il decreto Bersani del 2007.

 

Tipologie di mutui

Attualmente sul mercato ci sono mutui di tutti i tipi, vediamo i principali:

  • mutuo a tasso variabile, è il classico mutuo in cui gli interessi sono agganciati a parametri che variano nel tempo come l’Euribor a 3, o 6 mesi, al tasso BCE e così via, dunque il tasso potrà aumentare o diminuire nel tempo a seconda dell’andamento dei tassi del mercato;
  • mutuo a tasso fisso, in questo caso la rata stabilita al momento della stipula (solitamente calcolato prendendo come base l’Euribor a 3 mesi, o 6 mesi o il BCE) rimane costante nel corso di tutti gli anni di mutuo, a prescindere dall’andamento dei tassi. Tale garanzia viene però controbilanciata da tassi solitamente più alti di quelli variabili;
  • i mutui con cap, il tasso è variabile ma con interessi un po’ più alti del variabile puro poiché offre la garanzia che tasso non possa crescere sopra una certa soglia;

  • mutui a tasso misto che offrono al cliente la possibilità, dopo un certo numero di anni, di scegliere se passare dal variabile al fisso o viceversa;
  • mutui a tasso bilanciato, che combinano il tasso fisso ed il tasso variabile offrendo la possibilità di strutturare l’importo complessivo tra le due modalità di calcolo degli interessi, quasi come se si trattasse di due mutui distinti;
  • mutuo risparmio, si tratta di un prodotto che può essere a tasso fisso o variabile e che offre la possibilità di abbattere gli interessi bancari tenendo delle somme depositate, non vincolate, sul proprio conto corrente;
  • rata costante e durata variabile, si tratta di prodotti caratterizzati dal tasso variabile, l’importo della rata però rimane invariato nel tempo, quella che cambia è la durata originaria del mutuo che può aumentare o diminuire a seconda delle condizioni del mercato, di solito vengono stabilite delle durate massime e minime del piano di rimborso.

Da tenere presente che ai tassi indicati viene aggiunto dalle banche uno “spread” percentuale, che rappresenta il guadagno dell’Istituto stesso.

 

Tasso variabile, con surroga

Di fronte a questa eterogenea offerta di mutui presenti sul mercato la scelta che sembra essere più conveniente è quella del tasso variabile, che offre interessi più bassi permettendo di cogliere benefici economici significativi nei primi anni di mutuo durante i quali si pagano la maggior parte degli interessi e lascia comunque aperta la strada, nel caso in cui dovessero iniziare ad alzarsi troppo, della rinegoziazione con la banca o della surroga ad un altro Istituto. Per surroga si intende la portabilità del mutuo, ovvero il passaggio del proprio mutuo a un altro istituto che offre condizioni più vantaggiose. La banca erogatrice del mutuo originario è obbligata a concedere la surroga del mutuo senza opporsi o creare impedimenti. Prima del 2007 la surroga aveva dei costi, poi per effetto del decreto Bersani è divenuta gratuita, lasciando ai clienti maggiore libertà di scelta tra i vari prodotti bancari, ma anche di negoziazione con le banche.

Tasso fisso

A seconda del periodo storico può essere interessante optare invece per il tasso fisso, soprattutto per i mutui a lunga scadenza, che garantisce una maggiore stabilità e sicurezza futura. Nel 2016 ad esempio gli interessi del mutuo a tasso fisso si sono talmente abbassati da far diventare questa scelta conveniente rispetto al tasso variabile tanto che due terzi dei mutui richiesti dalle famiglie italiane sono risultati essere a tasso fisso, dando il via ad un’inversione di tendenza frutto di accurate valutazioni sulle variazioni dell’Euribor e dell’Eurirs. Ovviamente anche in questo caso rimane aperta la possibilità di surroga del proprio mutuo a un altro istituto.

domenica 18 settembre 2016

Come scegliere il mutuo: fisso, variabile e surroga

Una Guida alle diverse offerte di mutuo presenti sul mercato per capire come orientarsi e scegliere il prodotto più adatto.

Mutui

Orientarsi tra le diverse offerte di mutuo presenti sul mercato (tasso fisso, tasso variabile, tasso misto, mutuo con cap, etc.) non è mai una cosa semplice, al di là del prodotto scelto va considerato che c’è sempre la possibilità di effettuare una surroga, divenuta gratuita con il decreto Bersani del 2007.

Tipologie di mutui

Attualmente sul mercato ci sono mutui di tutti i tipi, vediamo i principali:

  • mutuo a tasso variabile, è il classico mutuo in cui gli interessi sono agganciati a parametri che variano nel tempo come l’Euribor a 3, o 6 mesi, al tasso BCE e così via, dunque il tasso potrà aumentare o diminuire nel tempo a seconda dell’andamento dei tassi del mercato;
  • mutuo a tasso fisso, in questo caso la rata stabilita al momento della stipula (solitamente calcolato prendendo come base l’Euribor a 3 mesi, o 6 mesi o il BCE) rimane costante nel corso di tutti gli anni di mutuo, a prescindere dall’andamento dei tassi. Tale garanzia viene però controbilanciata da tassi solitamente più alti di quelli variabili;
  • i mutui con cap, il tasso è variabile ma con interessi un po’ più alti del variabile puro poiché offre la garanzia che tasso non possa crescere sopra una certa soglia;

  • mutui a tasso misto che offrono al cliente la possibilità, dopo un certo numero di anni, di scegliere se passare dal variabile al fisso o viceversa;
  • mutui a tasso bilanciato, che combinano il tasso fisso ed il tasso variabile offrendo la possibilità di strutturare l’importo complessivo tra le due modalità di calcolo degli interessi, quasi come se si trattasse di due mutui distinti;
  • mutuo risparmio, si tratta di un prodotto che può essere a tasso fisso o variabile e che offre la possibilità di abbattere gli interessi bancari tenendo delle somme depositate, non vincolate, sul proprio conto corrente;
  • rata costante e durata variabile, si tratta di prodotti caratterizzati dal tasso variabile, l’importo della rata però rimane invariato nel tempo, quella che cambia è la durata originaria del mutuo che può aumentare o diminuire a seconda delle condizioni del mercato, di solito vengono stabilite delle durate massime e minime del piano di rimborso.

Da tenere presente che ai tassi indicati viene aggiunto dalle banche uno “spread” percentuale, che rappresenta il guadagno dell’Istituto stesso.

Tasso variabile, con surroga

Di fronte a questa eterogenea offerta di mutui presenti sul mercato la scelta che sembra essere più conveniente è quella del tasso variabile, che offre interessi più bassi permettendo di cogliere benefici economici significativi nei primi anni di mutuo durante i quali si pagano la maggior parte degli interessi e lascia comunque aperta la strada, nel caso in cui dovessero iniziare ad alzarsi troppo, della rinegoziazione con la banca o della surroga ad un altro Istituto. Per surroga si intende la portabilità del mutuo, ovvero il passaggio del proprio mutuo a un altro istituto che offre condizioni più vantaggiose. La banca erogatrice del mutuo originario è obbligata a concedere la surroga del mutuo senza opporsi o creare impedimenti. Prima del 2007 la surroga aveva dei costi, poi per effetto del decreto Bersani è divenuta gratuita, lasciando ai clienti maggiore libertà di scelta tra i vari prodotti bancari, ma anche di negoziazione con le banche.

Tasso fisso

A seconda del periodo storico può essere interessante optare invece per il tasso fisso, soprattutto per i mutui a lunga scadenza, che garantisce una maggiore stabilità e sicurezza futura. Nel 2016 ad esempio gli interessi del mutuo a tasso fisso si sono talmente abbassati da far diventare questa scelta conveniente rispetto al tasso variabile tanto che due terzi dei mutui richiesti dalle famiglie italiane sono risultati essere a tasso fisso, dando il via ad un’inversione di tendenza frutto di accurate valutazioni sulle variazioni dell’Euribor e dell’Eurirs. Ovviamente anche in questo caso rimane aperta la possibilità di surroga del proprio mutuo a un altro istituto.

martedì 13 settembre 2016

Agevolazioni fiscali prima casa, il trasferimento della sede di lavoro non basta

Se un acquirente vuole conservare le agevolazioni prima casa non può limitarsi a trasferire la propria sede di lavoro nel Comune in cui si trova l'immobile entro 18 mesi dalla compravendita. A dirlo è stata la Ctp di Milano in una recente sentenza.

La normativa sulle agevolazioni per l'acquisto prima casa prevede che il bonus spetta a chi:
- sia già residente nel Comune dove è ubicata la casa
- svolga in tale Comune la propria attività lavorativa o di studio
- trasferisca la propria residenza nel Comune entro 18 mesi dalla data del rogito.

Agevolazione prima casa e trasferimento della sede lavorativa

Nel caso oggetto della sentenza,  l'acquirente si era visto revocare i benefici prima casa per non aver adempiuto all'obbligo di trasferimento della residenza entro 18 mesi. Il soggetto aveva ribattuto di aver trasferito entro tale periodo di tempo la propria sede lavorativa nel Comune dove era ubicato l'immobile. 

Secondo l'interpretazione del Tribunale, però, l'effettivo trasferimento dell'attività lavorativa entro 18 mesi non basta, perché l'attività lavorativa deve essere ubicata già all'atto del rogito nel Comune dove è ubicata la casa oggetto di acquisto agevolato.

domenica 11 settembre 2016

Quel che è scrive il notaio nell’atto è sempre vero?

 

vendita, un certificato di investimento e prelievo automatico di 200 milioni di Lire, con scadenza 4 settembre 1984, loro rimesso dalla Reno spa il 9/1/82;

alla consegna di tale certificato aveva fatto seguito la nota 7/3/84 della Previdenza spa con la quale quest’ultima attestava di aver ricevuto dalla Reno spa l’incarico relativo alla posizione fiduciaria in questione, con il riepilogo delle quote investite dagli attori nella somma di 200 milioni di Lire;

– nonostante le richieste formulate dagli attori secondo le previsioni contrattuali, la Previdenza s.p.a. non ha mai provveduto al rimborso del capitale.

Nel corso del giudizio di primo grado – nel quale la Previdenza spa in l.c.a. si era costituita in persona del commissario liquidatore, professor Filippo Sarta, mentre non si erano costituite Euromanagement spa e Reno spa – quest’ultime venivano a loro volta poste in liquidazione coatta amministrativa e il contraddittorio veniva integrato nei confronti del loro commissario liquidatore (per entrambe, il medesimo professor Sa. ), il quale si costituiva in giudizio.

Il tribunale di Lamezia Terme accoglieva la domanda degli attori e dichiarava “la nullità assoluta e l’inefficacia” della compravendita 28/12/81 per dolo dell’acquirente, disponendo la restituzione dell’immobile venditori.

La Corte d’appellodi Catanzaro, adita con l’impugnativa della Previdenza spa in l.c.a., della Euromanagement spa in l.c.a. e della Reno spa in l.c.a., rigettava i gravami e confermava interamente la sentenza di primo grado.

In primo luogo la Corte territoriale disattendeva il motivo di appello concernente la statuizione di primo grado di rigetto dell’eccezione di prescrizione quinquennale dell’azione di annullamento contrattuale ex art. 1442 c.c., seguendo però un percorso argomentativo diverso da quello seguito dal primo giudice e censurato dalle appellanti. La Corte infatti giudicava erronea l’affermazione del tribunale secondo cui la notifica della citazione introduttiva alla Previdenza spa in l.c.a. avrebbe interrotto la prescrizione nei confronti della Euromanagement spa in l.c.a., sottolineando come gli attori avessero proposto una domanda di annullamento contrattuale e non una domanda risarcitoria, cosicché il richiamo del primo giudice all’estensione dell’effetto interruttivo nei confronti dei condebitori solidali di cui all’articolo 1310 c.c. doveva giudicarsi fuori luogo. Essa, tuttavia premesso che la scoperta del dolo, momento di decorrenza del termine di prescrizione, risaliva al 23/9/85, data in cui P.G. protestò per la prima volta per il mancato versamento delle somme dovutegli – affermava che la prescrizione doveva ritenersi validamente interrottadalla citazione introduttiva notificata alla Euromanagement spa in bonis. In proposito – precisato che dagli atti risultava che a quest’ultima la citazione introduttiva era stata notificata mediante spedizione del plico a mezzo posta presso la sede di XXXXXX il 12/12/86 e che in atti non vi era traccia di una seconda notifica (apparentemente menzionata nel verbale dell’udienza del giudizio di primo grado del 14/3/90) – la Corte argomentava come non fosse necessario verificare la validità della notifica del 12/12/86, in quanto, non avendo Euromanagement spa in l.c.a. contestato la ricezione della citazione del 1986 da parte della destinataria, non sarebbe stato possibile rilevare di ufficio la questione di un’eventuale invalidità di tale notifica, “sia perché non eccepita dalla parte interessata nella prima difesa successiva alla propria costituzione in giudizio (art. 157 c.p.c.) sia perché non fatta oggetto di motivo di impugnazione, in ottemperanza al principio della conversione delle nullità i motivi di gravame”.

In secondo luogo la Corte territoriale dichiarava l’appello inammissibile, per difetto di specificità, nella parte in cui le appellanti si limitavano a rinviare agli assunti difensivi svolti in primo grado, mentre lo rigettava nella parte in cui le appellanti lamentavano l’assenza di prova del mancato pagamentocorrispettivo contrattuale. A quest’ultimo riguardo la Corte territoriale affermava che, ancorché nell’atto di compravendita i venditori avessero dato quietanza del pagamento del corrispettivo convenuto, la stretta concomitanza cronologica tra la cessione dell’immobile e l’emissione del certificato di investimento, nonché la perfetta corrispondenza tra la somma indicata nel certificato e quella indicata quale corrispettivo della vendita, ragionevolmente dimostravano che il trasferimento dell’immobile non era stato accompagnato dal versamento del corrispettivo, ma dalla mera assunzione di un debito, attraverso la consegna del documento attestante il transito della somma in un programma di investimento.

Previdenza spa in l.c.a., Euromanagement spa in l.c.a. e Reno spa in l.c.a. ricorrono per cassazione avverso la sentenza della Corte catanzarese proponendo quattro motivi di doglianza.

I signori P.G. e P.R. resistono con controricorso.

La sola Euromanagement spa in l.c.a. ha depositato memoria.

Il ricorso è stato discusso alla pubblica udienza dell’8.3.16, nella quale il Procuratore Generale ha concluso come in epigrafe.

Motivi della decisione

Con il primo motivo di ricorso le ricorrenti denunciano la violazione dell’articolo 2909 c.c. in cui la corte territoriale sarebbe incorsa non tenendo conto del giudicatointerno asseritamente formatosi sulla statuizione del primo giudice, non impugnata con l’appello incidentale degli attori, con la quale – respingendo l’eccezione di prescrizione dell’azione di annullamento del contratto proposta Euromanagement spa in l.c.a. sul presupposto che il relativo decorso era stato interrotto dalla notifica della citazione alla Previdenza spa in l.c.a. – sarebbe stato implicitamente accertato che tale decorso non era stato interrotto dalla notifica della citazione alla Euromanagement spa in bonis.
Il motivo non può trovare accoglimento perché l’affermazione, contenuta nella sentenza di primo grado, che la prescrizione quinquennale ex art. 1442 c.c. era stata interrotta, nei confronti della Euromanagement spa, dalla notifica della citazione introduttiva del 1986 alla Previdenza spa in l.c.a. non determina, contrariamente a quanto dedotto nel mezzo di ricorso, la formazione di alcun giudicato implicito sul fatto che la notifica di detta citazione alla stessa Euromanagement spa fosse priva di efficacia interruttiva della prescrizione perché viziata di nullità. Il primo giudice non ha accertato esplicitamente l’invalidità (e quindi la inidoneità ad interrompere la prescrizione) dalla notifica della citazione introduttiva del 1986 alla Euromanagement spa, né tale accertamento costituisce un antecedente logico necessariodell’affermazione che la notifica della medesima citazione alla Previdenza spa in l.c.a. era idonea ad interrompere la prescrizione anche nei confronti della Euromanagement spa. La tesi dei ricorrenti, secondo cui, in mancanza di appello incidentale degli attori, si sarebbe formato un giudicato implicito sulla invalidità, e quindi sulla inidoneità ad interrompere la prescrizione, della notifica della citazione del 1986 alla Euromanagement spa va quindi disattesa, perché si pone in contrasto con il principio, costantemente affermato da questa Corte (da ultimo Cass. 5264/15), che il giudicato non si forma, nemmeno implicitamente, sugli aspetti del rapporto che non abbiano costituito oggetto di specifica disamina e valutazione da parte del giudice, cioè di un accertamento effettivo, specifico e concreto, come accade allorquando la decisione sia stata adottata alla stregua del principio della “ragione più liquida”, basandosi la soluzione della causa su una o più questioni assorbenti.
Né, giova precisare, il motivo di ricorso in esame potrebbe trovare accoglimento alla stregua delle argomentazioni svolte della Euromanagement spa in l.c.a. nella memoria illustrativa depositata ai sensi dell’articolo 378 c.p.c. In tale memoria si lamenta che la Corte di appello, nell’affermare che la notifica della citazione del 1986 nei confronti della Euromanagement spaera idonea ad interrompere la prescrizione dell’azione di annullamento, avrebbe omesso di verificare la validità di tale notifica, sull’erroneo presupposto che l’eventuale nullità della stessa non potesse essere da lei rilevata, perché non rilevabile di ufficio e perché comunque sanata. In proposito il Collegio rileva che dette argomentazioni non si limitano ad illustrare la censura proposta nel mezzo di ricorso in esame – la quale concerne esclusivamente la pretesa violazione dell’articolo 2909 c.c. in cui la Corte distrettuale sarebbe incorsa trascurando il giudicato interno formatosi, secondo le ricorrenti, sulla invalidità della notifica alla Euromanagement spa della citazione del 1986 – ma propongono censure (concernenti l’errore in cui la Corte di appello sarebbe incorsa ritenendosi di poter rilevare la nullità della suddetta notifica in difetto di tempestiva eccezione e di specifica impugnazione al riguardo da parte della Euromanagement spa in l.c.a.) ulteriori e diverse rispetto a quella dispiegata nel ricorso, non ammissibili perché avanzate dopo la scadenza del termine di impugnazione.
Con il secondo motivo di ricorso le ricorrenti denunciano la violazione e falsa applicazione dell’articolo 1442 c.c. in cui la corte territoriale sarebbe incorsa affermando che la notifica della citazione del 1986 nei confronti della Euromanagementspa era idonea ad interrompere la prescrizione dell’azione di annullamento contrattuale esercitata dagli attori senza tener conto del fatto che il giudice istruttore del tribunale di Lamezia Terme aveva accertato la nullità di tale notifica, come emerge dal rilievo che, appreso che la Euromanagement spa era stata posta in liquidazione coatta amministrativa, esso giudice non aveva dichiarato l’interruzione del giudizio, ma aveva disposto la rinnovazione della notifica della citazione a Euromanagement spa in l.c.a..
Anche questo motivo va disatteso.
Il fatto che il giudice istruttore del tribunale, acquisita contezza dell’intervenuta apertura della liquidazione coatta amministrativa della Euromanagement spa, abbia ordinato il rinnovo della citazione al commissario liquidatore, invece di dichiarare l’interruzione del giudizio, non costituisce di per sé accertamento della declaratoria di nullità della notifica della citazione 1986 alla società in bonis, giacché l’ordine di rinnovo della citazione al commissario liquidatore della società è un provvedimento privo del carattere della decisorietà.
Con il terzo motivo le ricorrenti propongono tre distinte censure – una riferita alla violazione dell’articolo 2700 c.c., una riferita alla violazione dell’articolo 2722 c.c. e una riferita alla violazione degli articoli 2727 e 2729 c.c. –in cui la Corte territoriale sarebbe incorsa rigettando l’unico motivo d’appello dalla stessa riconosciuto ammissibile, vale a dire quello con cui le appellanti avevano censurato la sentenza di primo grado per avere ritenuto non pagato il corrispettivo della vendita, nonostante che nel contratto i venditori avessero rilasciato quietanza del prezzo. Le ricorrenti assumono:
a) che, a mente dell’articolo 2700 c.c., per rimuovere l’efficacia probatoria della dichiarazione di quietanza rilasciata in contratto sarebbe stata necessaria la querela di falso;
b) che l’affermazione della Corte territoriale secondo cui, contrariamente a quanto dichiarato in contratto dai venditori, il prezzo dell’immobile non sarebbe stato pagato risulterebbe non supportata da alcuna prova, fondandosi esclusivamente “su tutta una teoria di presunzioni” (pag. 37, secondo cpv., del ricorso), priva di valore probatorio ai sensi degli articoli 2727 e 2729 c.c.;
c) che la prova per presunzioni della non veridicità della dichiarazione di quietanza del pagamento del prezzo dell’immobile sarebbe comunque inammissibile ai sensi dell’articolo 2722 c.c., in quanto contrastante con il contenuto di un documento.
Le suddette censure non possono trovare accoglimento.
Quanto alla dedotta violazione dell’articolo 2700 c.c., la censura non risulta pertinente allamotivazione della sentenza gravata, giacché in tale sentenza non si nega che i venditori abbiano dichiarato in contratto di aver ricevuto il pagamento del prezzo pattuito, ma si afferma la non corrispondenza al vero di tale dichiarazione. La Corte distrettuale. in altri termini, nega la veridicità non del documento contrattuale, ma della dichiarazione di parte ivi documentata, la quale non è assistita da fede privilegiata, giacché, come questa Corte ha più volte affermato, l’efficacia probatoria privilegiata dell’atto pubblico è limitata ai fatti che il pubblico ufficiale attesta avvenuti in sua presenza e alla provenienza delle dichiarazioni, senza implicare l’intrinseca veridicità di esse o la loro rispondenza all’effettiva intenzione delle parti (si veda, tra le tante, Cass. n. 11012/13, proprio in tema di efficacia probatoria della dichiarazione contrattuale di versamento del prezzo). Quanto alla dedotta violazione degli articoli 2722 e 2729 c.c., la censura va giudicata inammissibile, perché non individua alcuna specifica violazione del disposto delle norme che si pretendono violate, ma si risolve in una manifestazione di dissenso rispetto all’apprezzamento delle risultanze di causa operato dal giudice di merito, non censurabile in questa sede se non sotto il profilo di cui all’articolo 360 n. 5 c.p.c..
Quanto alla dedotta violazionedell’articolo 2722 c.c., la censura va disattesa perché nel presente giudizio il mancato pagamento del prezzo viene in considerazione non come inadempimento contrattuale, ma come mero fatto storico. La domanda degli attori accolta nella sentenza gravata, infatti, non è né una domanda di adempimento (pagamento del prezzo), né una domanda di risoluzione per inadempimento, bensì una domanda di annullamento per dolo. Tale domanda – con la quale si mette in discussione la validità del contratto sin dalla sua nascita (cfr. Cass. 1573/68) – non implica alcun accertamento in punto di adempimento del contratto di cui si chiede l’annullamento, potendo riguardare egualmente tanto un contratto già completamento adempiuto da entrambe le parti, quanto un contratto rimasto in tutto o in parte inseguito. La circostanza del mancato pagamento del prezzo è quindi assunta dalla Corte di appello come mero fatto dimostrativo del dolo contrattuale della venditrice, con la conseguenza che la relativa dimostrazione processuale non incorre nei limiti di cui all’articolo 2722 c.c. (cfr. Cass. 6346/94, nella cui motivazione si legge: “Conseguentemente, la Corte di merlo ha errato nel ritenere sic et simpliciter che – per contrasto con contenuto dell’atto di compravendita – non potesse essere provata per testimoni e/o per presunzioni… la fittizietà delpagamento del prezzo della compravendita immobiliare… prova, invece, ammissibile… (ma, ovviamente, come mero fatto storico, avente un puro valore indiziario da utilizzare senza affatto rimettere in discussione il trasferimento della proprietà della casa)“. Può ancora aggiungersi che, se è vero che nel presente giudizio il trasferimento della proprietà dell’oggetto del contratto viene rimesso in discussione, ciò tuttavia dipende non dal mancato pagamento del prezzo, ma dal dolo della venditrice, di cui il mancato pagamento del prezzo costituisce fatto indiziario, come tale apprezzato nella sentenza gravata e, in quanto tale, suscettibile di essere dimostrato per testi o per presunzioni.
Con il quarto motivo le ricorrenti denunciano la violazione dell’articolo 90 c.p.c. in cui la Corte territoriale sarebbe incorsa condannando alle spese la Previdenza spa in l.c.a., e la Reno spa in l.c.a, pur avendo riconosciuto la loro estraneità all’azione annullamento contrattuale esercitato dagli attori.
Anche tale motivo va disatteso, perché dalla narrativa di fatto della sentenza gravata, sul cui contenuto non è stata sollevata alcuna contestazione nel ricorso per cassazione, non risulta che la Previdenza spa in l.c.a., e la Reno spa in l.c.a. avessero proposto alla Corte di Catanzaro motivi di appello diversi da quelli, rigettati, proposti dallaEuromanagement spa in l.c.a. cosicché al rigetto di tali motivi non poteva che conseguire la loro condanna alle spese anche del secondo grado. Né, può aggiungersi, nel ricorso per cassazione si lamenta cha la Corte distrettuale abbia omesso di pronunciarsi su specifiche censure mosse alla sentenza di primo grado dalle suddette società in relazione alla loro legittimazione a resistere alla domanda di annullamento contrattuale proposta dagli attori.
Il ricorso va quindi in definitiva rigettato in relazione a tutti i motivi nei quali esso si articola.
Le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.
Condanna le ricorrenti a rifondere ai contro ricorrenti le spese del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 5.000, oltre Euro 200 per esborsi ed oltre accessori di legge.

, dichiara assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata in relazione alla censura accolta e rinvia, anche per le spese, alla CTR-Sicilia, sez. Catania, in diversa composizione.

[1] Cass. ord. n. 17623 del 5.9.16.

mercoledì 7 settembre 2016

Mutui: torna a crescere la domanda, ma l'importo richiesto è ai minimi

Mutui: torna a crescere la domanda, ma l'importo richiesto è ai minimi

 

Cresce la domanda di mutui ipotecari nel mese di agosto, registrando un incremento dell'11,5% rispetto al corrispondente mese del 2015. Nello stesso tempo si assiste però a una contrazione dell'importo medio che scende fino a 121.918 euro, il valore più contenuto dell'anno in corso.

In particolare nel mese di agosto si registra un ritorno in area positiva dopo due mesi (giugno e luglio) caratterizzati da una variazione negativa ma, soprattutto, si tratta del record, in valore assoluto, relativo al singolo mese di agosto da quando ha avuto inizio la rilevazione del Barometro CRIF.

Al contempo, però, si registra una contrazione dell’importo medio, che si è attestato a 121.918 Euro, il valore più contenuto osservato nell’anno in corso.

Analizzando il numero di richieste nell’aggregato dei primi otto mesi dell’anno si registra un incremento pari a +12,2% rispetto allo stesso periodo del 2015, anche grazie al sostegno dei mutui di sostituzione. Rimane un piccolo gap da colmare solamente rispetto al 2010, come evidenziato nella tabella seguente

L'importo medio dei mutui richiesti

Il mese di agosto ha però fatto registrare una nuova contrazione dell’importo medio richiesto, attestatosi a 121.918 Euro: si tratta del valore più basso osservato da inizio anno.

Relativamente alla distribuzione delle richieste di mutuo per classe di importo, anche ad agosto la classe in cui si sono maggiormente concentrate le richieste è stata quella compresa tra 100 e 150.000 Euro, con una quota pari al 29,4% sul totale, seguita da quella al di sotto dei 75.000 Euro, con il 27,7%.

La distruzione dei mutui per durata

Sono ancora i mutui con durate lunghe quelli più frequentemente richiesti dagli italiani: è infatti la classe compresa tra 16 e 20 anni a risultare la preferita dagli italiani, con il 23,8% del totale. Nel complesso va evidenziato come 2/3 delle richieste (il 67% del totale, per la precisione) prevedano una durata superiore ai 15 anni, a conferma della propensione delle famiglie italiane verso piani di rimborso che consentono di ridurre il peso della rata mensile sul reddito disponibile e sui risparmi.

Distribuzione delle domande per fasce d'età

Osservando la distribuzione della domanda di mutui in relazione all’età del richiedente, infine, l’ultimo aggiornamento del Barometro CRIF mette in evidenza come anche nel mese di agosto si riscontri una maggior concentrazione nella fascia di età compresa tra i 35 e i 44 anni, con una quota pari al 36,0% del totale.