martedì 29 novembre 2016

Imu e Tasi abolite nel 2016, ma non per tutti: chi continuerà a pagare e chi no

E' cominciato il conto alla rovescia per il pagamento della seconda rata di Imu e Tasi. Il 16 dicembre saranno chiamati a versare il saldo i proprietari di prime case di lusso e di immobili diversi dall'abitazione principale, mentre sono previste esenzioni e riduzioni per particolari tipologie immobiliari. Vediamo tutte le novità di quest'anno, ricordando che chi versa in ritardo Imu e Tasi andrà incontro a determinate sanzioni.

Saldo imu e tasi 2016

Dopo la prima scadenza di giugno 2016, ora i proprietari di prime case di lusso e di seconde case dovranno versare il saldo Imu e Tasi. Il saldo è pari al 50% dell'imposta annuale, calcolata applicando le aliquote e le eventuali detrazioni dell'anno 2015, con la possibilità di utilizzare quelle del 2016 se deliberate dal Comune di riferimento. 

Tasi prima casa 2016

Dal 2016 non si paga la Tasi sulle case utilizzate dal proprietario come prima casa, secondo la definizione contenuta nel decreto Salva-Italia. Si tratta dell'immobilie nel quale il proprietario e il suo nucleo familiare vivono abitualmente e risiedono anagraficamente. Se i componenti del nucleo familiare risiedono in case diverse nello stesso Comune, solo una avrà l'esenzione, se sono in Comuni diversi, entrambi avranno l'esenzione. La casa deve essere iscritta come un'unica unità immobiliare

Esenzione pertinenze Tasi 2016

Esenti dal pagamento della Tasi 2016 anche le pertinenze dell'abitazione principale, sempre nei limiti fissati dal 2012. Vengono considerate pertinenze i box auto (categoria catastale c-6), le tettoie e i magazzini (c-7), locali di sgombero e cantine 8C/2), ma solo una pertinenza per ciascuna categoria catastale. 

Imu case di lusso

L'esenzione non vale per le case di lusso, che continueranno a pagare l'Imu e la Tasi 2016. Le categorie catastali A1, A8 e A9 (ovvero case signorili, ville e castelli) continueranno a pagare l'Imu 2016, ma con un'aliquota agevolata al 4 per mille e una detrazione di 200 euro.

Aliquota Imu canone concordato

Nella legge di stabilità 2016 sono previste anche agevolazioni per le case date in affitto a canone concordato, che usufruiranno di una riduzione Imu del 25%.

Tasi comodato uso gratuito

Riduzione del 50% della base imponibile dell'imposta per i proprietari che concedono ai figli un immobile in comodato gratuito. Sempre e quando si rispettino determinate condizioni.

Tasi inquilini

La Legge di Stabilità prevede l'abolizione della Tasi 2016 anche per gli inquilini che hanno scelto l'unità immobiliare come abitazione principale. Continueranno a pagarla gli studenti fuorisede o chi si sposta per lavoro senza spostare però la propria residenza. La quota abolita agli inquilini non si sposterà sui proprietari che continueranno a pagare una quota tra il 70 e il 90%.

Tasi coniugi separati

I separati e i divorziati la cui casa coniugale è stata assegnata all’ex da una sentenza di separazione o per annullamento, scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio non dovranno pagare la Tasi. Stop, dunque, alle tasse sulla prima casa per i separati che lasciano l'abitazione all’ex coniuge.

Imu immobili invenduti

Gli immobili invenduti delle imprese costruttrici continueranno a pagare l'Imu, ma con un'aliquota agevola dell'1 per mille.

Imu e Tasi case inagibili e dimore storiche

I proprietari di immobili inagibili, inabitali e dimore storiche hanno diritto ad una riduzione del 50% della base imponibile di Imu e Tasi

Imu e Tasi per i residenti all'estero

Anche i cittadini residenti all'estero dovranno pagare l'Imu e la Tasi, ad eccezione dei cittadini che percepiscono una pensione nel Paese di residenza, a condizione che l'immobile posseduto in Italia non sia locato o dato in comodato d'uso.

Imu terreni agricoli 2016 e imbullonati

Da quest'anno entra in vigore l'esenzione dell'Imu per i terreni agricoli 2016 per i coltivatori diretti e per gli imprenditori agricoli professionali (IAP). La legge di Stabilità per il 2016 cancella la classificazione dell'Istat introdotta meno di un anno fa tra terreni montani, parzialmente montani o di pianura e rintroduce la vecchia classificazione dei terreni agricoli

A partire dal primo gennaio 2016 le imprese possono escludere i macchinari imbullonati dal calcolo della rendita e quindi dalla base imponibile fiscale per il pagamento dell'Imu.

Consulta le aliquote tasi e imu

domenica 27 novembre 2016

In aumento il ricorso alle agenzie immobiliari per vendita ed acquisto,in aumento anche domanda ed offerta

 

Risultati immagini per agente immobiliare

Da quando Tecnoborsa analizza le modalità di ricerca e acquisto di immobili in Italia, la rilevazione relativa al biennio 2014-2015 ha segnato un importante massimo storico: quello del numero di persone che sono passate per un’agenzia immobiliare. Se si considera sia chi ha venduto, sia chi ha acquistato, il 61,3% ha visto coinvolto un agente nella sua compravendita. I proprietari che immettono i loro immobili sul mercato sono sempre avanti in questa classifica, rispetto ai compratori, ma il divario fra le due categorie si sta riducendo ed è arrivato soltanto al 2,3%,in netta crescita il numeri di coloro che intendono affidarsi ad un professionista per la vendita

 

Per il 64% degli agenti immobiliari aderenti a Fimaa-Confcommercio la domanda di acquisto di abitazioni nelle grandi città italiane è in aumento: gli ultimi sei mesi del 2016, rispetto alla prima parte dell’anno, la maggioranza degli operatori rileva segnali positivi, che riguardano anche una nuova spinta alla messa in vendita degli immobili. Secondo il 71% degli agenti intervistati, infatti, sono in aumento le abitazioni sul mercato, perlomeno per ciò che riguarda le grandi città.

Per quanto riguarda i prezzi, invece, il “sentiment” degli agenti propende per un calo a Roma e a Torino, una stabilità a Bari, Bologna, Cagliari e Firenze e, in controtendenza, una leggera crescita a Milano (qui i prezzi salgono per l’11% degli operatori)

Per l’Ufficio Studi Fimaa Italia, che ha elaborato l’indagine, ci troviamo in una congiuntura decisamente vantaggiosa per chi intende comprare casa (per sé o per investire). E non è un caso che la percezione della domanda salga, soprattutto a Cagliari e Firenze, mentre l’ottimismo sulle compravendite è sentito maggiormente in città più grandi come Roma (64%), Milano (62%) e Torino (58% di giudizi positivi).

Aumentano le richieste di prestito per le ristrutturazioni

 

L’economia italiana torna a girare per il verso giusto e i consumatori riprendono a chiedere i prestiti anche se cambiano notevolmente le classifiche relative alle finalità per le quali si cerca di ottenere un finanziamento.

I dati arrivano dall’Osservatorio sul Credito al consumo che i portali Facile.it e Prestiti.it hanno realizzato analizzando oltre 30.000 richieste di prestito personale presentate nel semestre maggio  - ottobre 2016.

Il primo dato emerso dall’analisi è quello relativo all’importo che si cerca di ottenere da banche e finanziarie; in media 11.200 euro, vale a dire il 9% più di quanto non si richiedesse appena un anno fa e comunque l’1,2% in più se si considera il semestre. Diminuiscono invece sia l’età media del richiedente (che oggi è pari a 40 anni, mentre nella scorsa rilevazione era equivalente a 42) sia la durata del piano di restituzione (66 rate nel nel 2015, solo 60 nel 2016).

Soprattutto, però, cambiano radicalmente le motivazioni per le quali gli italiani si rivolgono alle aziende di credito al consumo; storicamente era la liquidità, vale a dire la richiesta di denaro contante per affrontare le spese impreviste la motivazione che raccoglieva il maggior numero di domande, ora invece oltre una richiesta su tre è legata al mondo dei motori con una forte preponderanza dei prestiti personali legati alle auto usate che, superando il 21% del totale passano davanti alla liquidità, ora tallonata da un altro tipo di prestito personale; quello che gli italiani richiedono per ristrutturare immobili e che ormai è pari al 15% del totale.

Senza dubbio questo exploit del prestito per ristrutturazione è legato a doppio filo con l’introduzione (e la riconferma) degli importanti sgravi fiscali che hanno resto il finanziamento ancora più conveniente, ulteriore vantaggio rispetto al mutuo per ristrutturazione che, a fronte di tassi di interesse inferiori, ha però regole più stringenti per la concessione.

Compravendite:2016 finirà a +12,3% ma questo grazie al continuo calo dei prezzi

 

Il 2016 è stato fino ad ora un buon anno per il mercato immobiliare italiano e nulla lascia pensare che quest’ultimo scorcio di anno che stiamo vivendo inverta la tendenza, anzi tutt’altro.

A dare conforto agli operatori sono i numeri diffusi nei giorni scorsi dall’Osservatorio di Nomisma secondo cui le compravendite immobiliari faranno registrare a fine anno, un incoraggiante +12,3%. La parte della notizia ancora più importante è che a trainare il comparto è soprattutto il settore degli immobili residenziali.

Elemento fondamentale per il determinarsi di una situazione di questo tipo il fatto che, come rilevato ancora una volta da Nomisma nel suo osservatorio, i prezzi degli immobili continuano a scendere, con evidente maggiore facilità dei consumatori a comprare casa, anche se per farlo hanno necessità di ottenere un mutuo dalla banca.

I prezzi medi del mercato sono diminuiti in un range che va dal -0,5% degli immobili residenziali nuovi ed il -1,1% degli uffici.  Il 2016 è il terzo anno consecutivo in cui gli importi del mattone italiano si sono ridotti, ma non sarà l’unico secondo Nomisma che, si legge nel documento, si attende una riduzione dello 0,8% anche per il 2017, ma non si può continuare a scendere all’infinito e quindi ecco che, per il 2018, le previsioni sono invece di crescita, anche se minima (0,1%).

Insomma, in Italia finalmente l’incremento delle compravendite residenziali sembra ormai una certezza consolidata e non più una tendenza numerica e, invece, i numeri sono quello che lo provano; negli scorsi 36 mesi le transazioni residenziali sono cresciute del 23,3%, quelle legate ad immobili commerciali del 13%.

Surroga, fine di un amore?

 

Il 2016 potrebbe essere l’anno della verità per il mercato italiano dei mutui per l’acquisto della casa. Dopo un lunghissimo periodo, iniziato con l’ormai molto tristemente nota crisi economica del 2007, grazie anche ai ripetuti interventi della Banca Centrale Europea guidata da Mario Draghi, i tassi ai minimi storici legati ai costi in diminuzione degli immobili hanno, sia pur lentamente, invertito la tendenza e risollevato il mercato. Viste queste premesse centinaia di migliaia di mutuatari italiani sono tornati in banca e hanno chiesto di surrogare il proprio finanziamento, eppure adesso qualcosa è cambiato. A fare luce sulla situazione un bell’articolo apparso sul Sole24Ore a firma di Enrico Netti che analizza lo scenario attuale sulla base di alcune elaborazioni Crif e Facile.it

Volumi, richieste ed importi medi dei mutui in Italia

Il primo aspetto su cui si sofferma Netti nella sua analisi è quello prettamente numerico. Da gennaio a settembre del 2016 le richieste legate a nuovi mutui sono aumentate sia in termini di volumi sia di importi. Dal Barometro Crif emerge che, se si confrontano i numeri con quelli relativi al medesimo periodo del 2015, le domande sono aumentate dell’ 11.6% nei primi nove mesi dell’anno nonostante proprio lo scorso mese questa tendenza all’aumento abbia subito un leggero arresto arrivando quasi a dimezzarsi e, se si mettono in rapporto i dati di settembre 2016 con quelli di settembre 2015, la crescita è “solo” del 6%. In ogni caso siamo a livelli infinitamente distanti dal +59% segnato nelle richieste del 2015 rispetto a quelle del 2014, ma in fondo era ovvio aspettarselo e, tutto sommato, una normalizzazione in questo senso non può certo essere considerata in modo negativo. Bene invece, soprattutto se si considera la situazione di deflazione in cui ci si inserisce, sottolinea Enrico Netti nel suo articolo, lo stato di salute degli importi richiesti, cresciuti del 2% nei primi tre trimestri dell’anno.

Le differenze lungo la Penisola

Non tutta l’Italia si muove alla stessa velocità e nella stessa direzione per il momento, e l’analisi Crif lo evidenzia in maniera precisa. In base ai numeri emersi, gli incrementi registrati in tante province settentrionali sono decisamente maggiori, quasi sempre a doppia cifra. Rispetto ad un dato nazionale medio di 123.00 euro come richiesta di muto, ad esempio, a Bolzano il valore diventa 168.000 euro con un incremento pari al 28%. Il capoluogo di regione che fra tutti, però, registra il maggiore balzo in avanti è Asti dove si è arrivati ad una variazione che, nel periodo preso in esame, è stata pari addirittura al +48%.  Fra le province meridionali si sono fatte notare per positività del dato Sassari e ben tre siciliane: Siracusa, Trapani ed Enna.
Come abbiamo detto prima il quadro nazionale è risultato essere nel complesso molto positivo, tuttavia ci sono alcuni capoluoghi che in assoluta controtendenza hanno chiuso i primi nove mesi del 2016 con un saldo negativo come Rieti che è arrivata ad un pesante -6,7%. Male anche i risultati ottenuti dal mercato dei mutui a Pesaro, Lecco, Avellino , Taranto

La surroga e gli italiani; qualcosa si è rotto

ùCome abbiamo già anticipato, questa prima parte del 2016 sembra sancire la fine di un amore; quello fra gli italiani e la surroga del mutuo; come mai? Si tratta della fine di una moda? La surroga non ha più valore? Questa volta a dare una risposta è, sempre attraverso l’articolo di Netti, Mauro Giacobbe, amministratore delegato di Facile.it

La surroga, ha spiegato Giacobbe, è stata molto utile negli scorsi anni o mesi, quando grazie alla discesa dei tassi di interesse applicati ai finanziamenti per l’acquisto della casa, moltissime persone che avevano sottoscritto un mutuo quando gli indici erano decisamente meno convenienti hanno rimesso mano alla loro pratica e trovato condizioni migliori; quel bacino di utenza, però, via via è andato assottigliandosi e se nei primi nove mesi del 2015 le surroghe rappresentavano il 56,3% del totale erogati, nello stesso periodo del 2016 rappresentano il 41% che diventa addirittura il 39% se si guarda al solo dato di settembre. Oltre a questo, continua l’AD di Facile.it, va evidenziato come le banche siano diventate ancora più attente alla cura del cliente e se si accorgono di una sua insofferenza sono molto più propense a sostituire il mutuo piuttosto che a vederlo surrogato e portato in un altro istituto. Ecco spiegato, quindi, il declino forse ormai inarrestabile, della surroga.

La cedolare secca può aiutare il commercio?

 

Nel corso dello scorso anno sono stati ben 600.000 i negozi che, a seguito della cessazione dell’attività sono rimasti chiusi e sfitti senza trovare un nuoco commerciante deciso a farsi carico del rischio di cominciare una nuova attività.

Il primo semestre del 2016, purtroppo, non sembra affatto aver invertito la tendenza e, secondo un’analisi compiuta da Confabitare, l’incremento percentuale delle chiusure rilevato nelle principali città italiane è in tutti i casi a doppia cifra; si parte dal +15,5% di Venezia per arrivare al +23,5% di Bologna, maglia nera di questa triste classifica.

Anche città solitamente più vive da un punto di vista commerciale e, soprattutto, dei piccoli esercizi, non hanno vissuto storie diverse; a Milano l’incremento registrato è stato pari al 23,2%, a Torino del 22,6% a Genova del 22,3% a Napoli del 22% e a Roma del 19,5%.

Come provare ad arginare questo fenomeno? La soluzione potrebbe in realtà essere già disponibile sul mercato? Secondo Confabitare sì, e ha un nome ben preciso: cedolare secca.

Secondo Alberto Zanni, Presidente nazionale dell’associazione che unisce i proprietari immobiliari, se si applicassero anche ai negozi le due tasse fisse del 10% e del 21% – a seconda che l’immobile si trovi o meno in un comune ad alta densità abitativa – i proprietari godrebbero di un notevole vantaggio fiscale che potrebbe consentirgli di applicare canoni calmierati a chi volesse affittare i locali commerciali di loro proprietà.

A leggerla così si tratta di un vero e proprio uovo di Colombo, perché allora non lo si fa? Ancora una volta è Zanni a rispondere; se si procedesse in questo modo, sostiene, chiaramente verrebbe meno un notevole introito per lo Stato che però, continua ancora il Presidente di Confabitare, sarebbe ampiamente controbilanciato dai notevoli vantaggi di cui godrebbe il tessuto sociale.

Chissà se Zanni e i suoi iscritti riusciranno a convincere il Governo cui presenteranno ufficialmente la proposta in vista della discussione della legge di stabilità

domenica 20 novembre 2016

Cosa fare se il conduttore lascia l'appartamento ma non cambia residenza?

 

Ecco cosa succede se l'ex conduttore non cambia residenza

 

Sono proprietario di un appartamento e qualche mese fa il conduttore – di comune accordo – è andato via (era stato trasferito in altra città).

Ho deciso di non affittarlo più, ma di darlo a mia figlia che andrà a conviverci con il suo compagno. Quando hanno iniziato ad informarsi per il cambio di residenza hanno scoperto che in quell'abitazione risulta ancora residente il mio vecchio inquilino.

Non riesco a contattarlo per chiedergli – per ora cortesemente – di regolarizzare la situazione. A parte la città dov'è andato, non so dove esattamente viva, poiché non mi ha lasciato indirizzi. Al cellulare non riesco a parlargli. Che cosa posso fare?

Partiamo dal fatto che, in effetti, sarebbe meglio cercare di sollecitare bonariamente questa persona che, magari presa da altro, ha tralasciato questo non secondario aspetto delle dichiarazioni da rendersi alle pubbliche autorità.

Entriamo nel dettaglio esaminando le norme che regolano la fissazione della residenza e di conseguenza gli obblighi nel caso di questa variazione anagrafica.

L'art. 2, primo comma, legge n. 1228/1954 recita:

È fatto obbligo ad ognuno di chiedere per sé e per le persone sulle quali esercita la patria potestà o la tutela, la iscrizione nell'anagrafe del Comune di dimora abituale e di dichiarare alla stessa i fatti determinanti mutazione di posizioni anagrafiche, a norma del regolamento, fermo restando, agli effetti dell'art. 44 del Codice civile, l'obbligo di denuncia del trasferimento anche all'anagrafe del Comune di precedente residenza.

La norma è chiarissima: ognuno di noi è tenuto a dichiarare all'anagrafe (all'ufficio di anagrafe) del comune di dimora abituale la propria residenza, nonché le variazioni ad essa relative.

La legge specifica altresì che il Sindaco è l'ufficiale d'anagrafe del comune che rappresenta e che le funzioni riguardanti tali qualifica possono essere delegate a personale idoneo dell'ente.

Le funzioni connesse alla carica non sono quelle di mero tenutario e conservatore dei registri, ma hanno anche relazione con il suo aggiornamento.

Tanto si desume dalla lettura del primo comma dell'art. 5 l. n. 1228/54 che recita: “l'ufficiale d'anagrafe che sia venuto a conoscenza di fatti che comportino la istituzione o la mutazione di posizioni anagrafiche, per i quali non siano state rese le prescritte dichiarazioni, deve invitare gli interessati a renderle”.

Quanto alla dizione “che sia venuto a conoscenza di fatti…” deve ritenersi che ciò possa avvenire:

a) in ragione di adempimenti del proprio ufficio che abbiano portato a tale scoperta;

b) in ragione di segnalazioni giuntegli.

In queste ipotesi l'ufficiale di anagrafe è tenuto ad aprire un procedimento che abbia come risultato la cancellazione o conferma della residenza dal luogo in cui era fissata.

Come recita il secondo comma dell'art. 5 succitato: “in caso di mancata dichiarazione, l'ufficiale di anagrafe provvede di ufficio, notificando all'interessato il provvedimento stesso. Contro il provvedimento d'ufficio è ammesso ricorso al prefetto”.

Al nostro lettore possiamo quindi suggerire, se non riesce a risolvere la questione bonariamente, di rivolgersi all'ufficio anagrafe del comune per segnalare il fatto.

Ecobonus 2017: confermate le detrazioni fiscali al 65% per ristrutturazioni

 

Ecobonus 2017 confermata la detrazione fiscale del 65% per riqualificazione energetica e adeguamento antisismicoIl presidente del Consiglio Matteo Renzi ha confermato la proroga dell’ecobonus nel 2017 con una detrazione fiscale del 65% per gli interventi di riqualificazione energetica e per l’applicazione di adeguamenti antisismici. Un importante incentivo per chi decide di investire in una ristrutturazione edilizia, purché conforme ai requisiti necessari per accedere agli sgravi fiscali. Vediamo nel dettaglio come ottenere l’ecobonus per interventi di efficientamento energetico.

Ecobonus 2017: in cosa consiste

Le detrazioni fiscali per il miglioramento dell’efficienza energetica degli edifici e di singole unità immobiliari sono state introdotte per la prima volta dalla finanziaria del 2007. La legge di stabilità 2016 aveva confermato gli sgravi fiscali al 65% per gli interventi di ristrutturazione edilizia che garantiscono un risparmio energetico e, come detto, si prevede una nuova proroga di tale misura a tutto il 2017. I beneficiari otterranno una detrazione fiscale dell’Irpef o dell’Ires:

  • Del 55% per le spese sostenute fino al 5 giugno 2013
  • Del 65% per le spese sostenute a partire dal 6 giugno 2013

La detrazione si applica sia a ristrutturazioni di singole unità immobiliari, sia a interventi complessivi su tutte le unità di un condominio o sulle parti comuni. Per determinare l’effettiva aliquota della detrazione fa fede la data di effettivo pagamento per le persone fisiche e gli enti non commerciali e la data di completamento della prestazione per e imprese e gli enti commerciali.
Le detrazioni fiscali si ripartiscono in dieci rate annuali e il loro importo non può superare un tetto massimo di spesa che varia a seconda degli interventi da 30 a 100mila euro, come vedremo tra poco.

Ecobonus 2017: chi può richiederlo

Nell’ipotesi che l’ecobonus 2017 sia riconfermato alle stesse condizioni previste per il 2016, potranno usufruire della detrazione fiscale per riqualificazione energetica tutti i contribuenti, che si tratti di persone fisiche o giuridiche, indipendentemente dalla residenza, che possiedono l’immobile a qualunque titolo. Le imprese potranno richiedere sgravi fiscali sono per i fabbricati strumentali alla loro attività. Tra le persone fisiche rientrano condomini, inquilini, comodatari, titolari di un diritto reale sull’immobile.

Esiste inoltre la possibilità di cedere ai fornitori un credito d’imposta. Tale opzione è riconosciuta ai contribuenti che si trovano nella no tax area, ovvero incapienti, per le spese relative a interventi di riqualificazione energetica di parti comuni di condomini realizzate a partire dal 1° gennaio 2016.

Quali interventi sono ammessi?

Per ottenere l’ecobonus 2017 è necessario che gli interventi di ristrutturazione siano eseguiti su immobili già esistenti, mentre non sono riconosciute detrazioni sulle nuove costruzioni. L’ecobonus si applica a tutte le categorie catastali. In dettaglio gli interventi ammessi comprendono:

  • Riqualificazioni energetiche su edifici esistenti: in questo caso la spesa massima consentita è di 100mila euro
  • Sostituzione dell’involucro – ad esempio pareti e finestre – e installazione di panelli solari e schermature solari: sono ammessi sgravi su una spesa massima di 60mila euro
  • Sostituzione dei riscaldamenti e installazione di generatori di calore alimentati da biomasse: è ammessa una spesa fino a 30mila euro.
  • Installazione di sistemi di building automation che consentono il monitoraggio e la riduzione dei consumi, senza limiti di spesa

Per ciascun intervento di ristrutturazione sono indicati particolari requisiti tecnici da rispettare per poter accedere all’agevolazione fiscale. Per un approfondimento in merito si consiglia la consultazione delle guide realizzate da Enea.

Ecobonus 2017: documenti necessari

Per accedere alla detrazione fiscale è necessario avere i seguenti documenti:

  • Asseverazione rilasciata da un tecnico abilitato, necessaria a dimostrare che l’intervento di riqualificazione energetica è conforme ai requisiti tecnici. Può essere sostituita da una dichiarazione del direttore dei lavori o, nel caso dei pannelli solari, dall’attestato di partecipazione ad un apposito corso di formazione
  • Attestato di certificazione energetica o di qualificazione energetica rilasciato da un tecnico abilitato, che contiene i dati relativi all’efficienza energetica dell’edificio. Non è necessario per la sostituzione di finestre di singole unità, per l’installazione di pannelli solari e per la sostituzione dei riscaldamenti.
  • Scheda informativa relativa agli interventi realizzati, se questi riguardano la sostituzione delle finestre e degli infissi in singole unità immobiliari o l’installazione di pannelli solari. La scheda descrittiva può essere compilata anche dall’utente finale, indicando i dati del soggetto che ha sostenuto le spese e dell’edificio in cui sono stati realizzati gli interventi, la tipologia di interventi eseguiti, il risparmio energetico ottenuto e il relativo costo

Ecobonus 2017: come richiedere la detrazione fiscale

Per ottenere la detrazione fiscale è necessario presentare all’Enea, entro 90 giorni dalla conclusione dei lavori, copia dell’attestato di certificazione energetica o di qualificazione energetica e scheda informativa degli interventi realizzati.
La data di fine lavori non coincide con la data del pagamento, ma con il giorno del collaudo. Se l’intervento realizzato non richiede collaudo è necessario dimostrare la data di fine lavori con altra documentazione emessa da chi ha effettuati i lavori o dal tecnico che rilascia la scheda informativa, mentre no è possibile presentare un’autocertificazione.

La documentazione deve essere trasmessa per via telematica attraverso il sito dell’Enea. È ammesso l’invio tramite raccomandata con ricevuta semplice solo quando i lavori realizzati non possono essere adeguatamente descritti attraverso i modelli messi a disposizione dall’Enea.

Dovranno essere conservati, e mostrati all’amministrazione finanziaria in caso di controlli:

  • Il certificato di asseverazione
  • La ricevuta di invio telematico o della raccomandata
  • Le ricevute attestanti le spese sostenute
  • La ricevuta del bonifico di pagamento dei lavori per i soggetti non titolari di reddito d’impresa
  • Copia della delibera assembleare e della tabella di ripartizione delle spese per gli interventi realizzati su parti comuni di edifici
  • Consenso del proprietario se i lavori sono stati effettuati dal detentore

sabato 19 novembre 2016

Rinnovata la Convenzione Nazionale per gli affitti, in arrivo nuove regole per i contratti transitori.

Nuove regole per gli affitti a canone concordato.

Nuove regole per canone concordato e transitorio

Rinnovata la convenzione nazionale per gli affitti

Nuove regole più soft sono in arrivo per gli affitti a canone concordato grazie al rinnovo della Convenzione Nazionale tra le Associazioni maggiormente rappresentative di proprietari e inquilini, stipulata lo scorso 25 ottobre dopo 17 anni dalla precedente formulazione attualmente in vigore.

Agli accordi hanno partecipato i Sindacati degli Inquilini SUNIA, SICET, UNIAT, Unione Inquilini, Ania, Feder.Casa e il COORDINAMENTO PROPRIETARI IMMOBILIARI ANPE-Federproprietà, ASPPI, CONFAPPI, UPPI, e verranno seguiti da un apposito Decreto Ministeriale che costituirà la base per i futuri Accordi Territoriali locali attraverso i quali verranno definiti i criteri per la stipula dei contratti a canone concordato. Fino alla stipula degli Accordi in base alla nuova Convenzione (e al Decreto Ministeriale a venire) varranno gli Accordi attualmente in vigore.

Le nuove regole per i contratti concordati.

Tra le principali novità segnaliamo:

- Nuovi modelli di contratto e Tabella Oneri Accessori, probabilmente disponibili in sede di emanazione del Decreto Ministeriale.

- Modifica durata contratti transitori: la Convenzione elimina il limite minimo di 1 mese, mantenendo invece la durata massima di 18 mesi.

- Nuovi criteri per stabilire l’obbligo del canone concordato in caso di contratti transitori: tale obbligo scatterà solo nel caso il Comune dove è sito l’immobile abbia un numero di abitanti superiore a 10.000 (diecimila). In Comuni con numero di abitanti pari o inferiore a 10.000 sarà invece possibile definire liberamente il canone, mentre rimane libero in tutti i Comuni nel caso di contratto con durata non superiore a 30 giorni.

- Esigenze di transitorietà: i contratti transitori dovranno contenere una specifica dichiarazione che individui un’esigenza di transitorietà del locatore o del conduttore compresa tra quelle previste dall’Accordo Territoriale, provata con documentazione da allegare al contratto.

- Attestazione parametri utilizzati per il calcolo e agevolazioni fiscali: viene prevista la possibilità che le parti si facciano assistere dalle Organizzazioni di proprietari o inquilini per la stipula, un’assistenza che rimane facoltativa permettendo così di stipulare contratti a canone concordato senza alcuna assistenza.

Abi, al minimo storico i tassi sui mutui

 

Buone notizie per il mercato dei mutui arrivano dal bollettino mensile dell'Abi. Ad ottobre 2016 il tasso sui prestiti per l'acquisto di abitazioni è stato pari a 2,02%, toccando così il minimo storico.

Secondo l'outlook mensile di Abi, il tasso sui prestiti in euro alle famiglie per l'acquisto di abitazioni - che sintetizza l'andamento dei tassi fissi e variabili -è risultato pari al minimo storico di 2,02%.  Sul totale delle nuove erogazioni di mutui quasi i due terzi sono mutui a tasso fisso: nell’ultimo mese la quota del flusso di finanziamenti a tasso fisso è risultata pari al 70,9% (71,2% il mese precedente; era 66,1% ad agosto 2016.

Sempre a settembre 2016, l’ammontare complessivo dei mutui in essere delle famiglie ha registrato un variazione positiva del +2,1% nei confronti di fine settembre 2015 (quando già si manifestavano segnali di miglioramento), confermando, anche sulla base dei dati sui finanziamenti in essere, la ripresa del mercato dei mutui, colta inizialmente con l’impennata dei nuovi mutui. 

Mutui, sospesi 14 miliardi di debito residuo alle famiglie grazie al Piano Abi e al Fondo di solidarietà

 

Continua la spinta espansionistica del mercato dei mutui che, secondo l'Abi, registra un incremento del 38% nei primi nove mesi dell'anno. Le banche - con una serie di interlocutori istituzionali e associazioni dei consumatori -  dal 2009 portano avanti inziative per sospendere le rate ai mutuatari in difficoltà e per spingere all'acquisto grazie al Fondo di Garanzia.

Sospensione rate mutuo 2016

l’Associazione bancaria italiana ha spiegato che le banche hanno avviato una serie di iniziative in collaborazione con interlocutori istituzionali e Associazioni dei Consumatori che, a partire dal “Piano famiglie Abi” del 2010 per proseguire con le misure di sospensione rate mutui in corso, hanno interessato dal 2009 - ovvero dall'inizio della crisi - ben 186.618 famiglie e circa 14 miliardi di debito residuo sospeso.

Lo scorso giugno, durante il seminario “Fare Casa” organizzato al Ministero dell’Economia in collaborazione con l’Abi, è emerso che da maggio 2013 alla fine di maggio di quest’anno le famiglie italiane in difficoltà hanno potuto beneficiare di una sospensione dei mutui per oltre 3 miliardi di euro.

Nel dettaglio, negli ultimi tre anni sono stati sospesi attraverso il fondo di solidarietà per la sospensione delle rate dei mutui prima casa oltre 35mila mutui per un controvalore di debito residuo di oltre 3 miliardi.

Fondo di garanzia per l’acquisto della prima casa

Non si tratta solo di moratorie, ma anche di sostegno al credito, come ad esempio nel caso del “Fondo di garanzia per l’acquisto della prima casa”. Tale fondo, secondo gli aggiornamenti relativi alla prima metà di novembre, ha registrato 15.767 richieste di accesso, per un controvalore di 1,8 miliardi di euro.

Erogazioni mutui 2016

L’Abi ha fatto sapere che aumentano i finanziamenti alle famiglie che risentono positivamente della ripresa del mercato degli acquisti delle abitazioni in Italia e ha spiegato che, in particolare, le nuove erogazioni di mutui hanno segnato un incremento del 38% nel periodo gennaio-settembre 2016 rispetto allo stesso periodo del 2015. 

Moratoria prestiti imprese

Sul fronte delle imprese, invece, l’Associazione bancaria italiana ha fatto sapere che gli istituti di credito italiani sono intervenuti durante la crisi. L’Abi ha sottolineato che l’attività di finanziamento ha risentito dei fattori negativi di domanda e del deterioramento della qualità del credito. Questo, però, “non ha impedito di portare avanti iniziative di grande rilievo che, a partire dal primo ‘Avviso comune per la sospensione delle rate e arrivando all’iniziativa attualmente in corso ‘Accordo per il credito 2015’, ha consentito la moratoria alle rate per 434.808 Pmi con un debito residuo di 125 miliardi di euro e una liquidità aggiuntiva messa a disposizione delle imprese per 24,7 miliardi”.

Cifre a cui aggiundere “i plafond previsti per le domande di finanziamento di Pmi in bonis che intendano effettuare investimenti in beni materiali e immateriali strumentali all’attività di impresa. Ad oggi si tratta di 21.397 Pmi per un controvalore erogato di 6,3 miliardi di euro”.