venerdì 29 dicembre 2017

Legge di Bilancio 2018, detrazioni casa



Con la terza e definitiva approvazione in Senato, la legge di Bilancio 2018 ha preso finalmente una forma definitiva. Così come tutte le detrazioni per la casa, dal bonus ristrutturazione al nuovissimo bonus verde.

Bonus ristrutturazioni 2018 - è stato prorogato fino al 31 dicembre 2018 il bonus fiscale del 50% per gli interventi di ristrutturazione delle abitazioni e delle parti comuni degli edifici condominiali.

Bonus mobili 2018 - Collegato ai lavori di ristrutturazione, viene prorogato il bonus per l'acquisto di mobili e di grandi elettrodomestici. Per usufruire del bonus i lavori devono iniziare dopo il 1º gennaio.

Bonus verde finanziaria 2018 - Viene introdotto per il 2018 un bonus del 36% per gli interventi di sistemazione a verde delle aree scoperte private degli edifici esistenti,  unità immobiliari, pertinenze e recinzioni, fino a un massimo di spesa di 5mila euro per unità immobiliare.

Detrazioni ecobonus 2018 - viene prorogata la detrazione per gli interventi di efficientamento energetico degli edifici, ma cambiano le percentuali di sconto. Scende al 50% il bonus per l'acquisto e installazione di infissi, schermature solari e sostituzione di impianti di climatizzazione invernale con impianti dotati di caldaie biomassa e caldaie a condensazione di classe A. Rimane al 65% la detrazione per gli interventi di sostituzione di impianti di climatizzazione invernale con impianti dotati di caldaie a condensazione  di efficienza pari alla classe A e contestuale all'installazione di sistemi di termoregolazione evoluti. Viene introdotta anche la detrazione del 65% per l'acquisto e installazione di micro-generatori in sostituzione di impianti esistenti.

Sismabonus 2018 - Viene prorogato il bonus per la messa in sicurezza antisismica delle parti comuni degli edifici condominiali, degli edifici residenziali e produttivi, che, quest'anno, viene esteso anche alle case popolari. Si parte da una riduzione del 50% che puo' arrivare fino all'85% per gli interventi sulle parti comuni degli edifici condominiali che non solo riducono il rischio sismico, ma anche riqualificano energeticamente.

Cessione credito bonus energia - Viene estesa la possibilità di cedere il credito per gli interventi di riqualificazione energetica anche per singole unità immobiliari.

Fondo nazionale per l'efficienza energetica - Viene inserita una sezione per il rilascio di garanzie su operazioni di finanziamento di interventi di riqualificazione energetica, con una dotazione di 50milioni di euro.

Detrazione polizze calamità - Diventano detraibili le assicurazioni contro il rischio di eventi calamitosi stipulati sulle singole abitazioni.

Fondo demolizione opere abusive - Viene istituito un fondo di 10 milioni (5 per il 2018 e 5 per il 2019) per la demolizione degli edifici abusivi. Viene inoltre istituita una banca dati centralizzata presso il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti sull'abusivismo edilizio.

Riqualificazione dimore storiche - Vengono riattivati i contributi per gli interventi conservativi sulle dimore storiche private (10 milioni di euro per il 2019 e 20 milioni di euro a decorrere dal 2020)

Cedolare secca canone concordato 2018 - Prorogata anche per il prossimo biennio la cedolare secca al 10% per i contratti a canone concordato.

Detrazione canoni di locazione studenti fuori sede - Questa detrazione potrà essere richiesta anche nel caso in cui l'immobile sia situato nella stessa provincia di residenza. Nel caso in cui lo studente viva in una zona montana e disagiata, la detrazione potrà essere richiesta anche nel caso in cui la distanza tra luogo di residenza e di studi sia pari ad almeno 50 km.

I prezzi delle case nelle regioni italiane variazione annuale 2017/2016


Fonte: idealistaCondividi

Nel corso del 2017 i prezzi delle case di seconda mano in Italia segnano un decremento del 4%, per un valore medio di 1.819 euro al metro quadro. Nell’ultimo trimestre però le quotazioni sono rimaste pressoché invariate.

Secondo Vincenzo De Tommaso, responsabile dell’ufficio studi di idealista: “il trend negativo dei prezzi delle case iniziato nel 2007 è proseguito anche quest’anno; il mercato risente ancora dell'eccesso di offerta di immobili con caratteristiche di prezzo, qualità e localizzazione non richieste dal mercato. Nonostante questo, la vivacità della domanda privata, sostenuta dal mercato dei mutui, si estende a macchia di leopardo, concentrandosi nelle aree di maggior pregio delle grandi città e nei centri dove la qualità della vita è migliore. Nel 2018 ci aspettiamo una ripresa via via più uniforme con moderata crescita dei prezzi nelle città medie e in quelle metropolitane con una generale tendenza verso la stabilizzazione dei valori”.

Regioni
Il trend negativo delle quotazioni immobiliari investe tutte le regioni italiane ad eccezione del Trentino Alto Adige (0,7%). La performance peggiore su base annua spetta alla Lombardia (-7,1%), seguita da Piemonte (-6,4%) e Sicilia (-5,6%). Ribassi superiori alla media del periodo per Marche (-4,7%), Campania (-4,5%) e Toscana (4,1%).

A livello di valori nominali la Liguria si conferma la macroarea con i prezzi più elevati, a una media di 2.614 euro al metro quadro, seguita da Valle d’Aosta (2.461 euro/m²) e Lazio (2.444 euro/m²). La regione più economica è la Calabria, con 902 euro al metro quadro, davanti a Molise (1.018 euro/m²) e Sicilia (1.141 euro/m²).


Province
Cali generalizzati nel 90% dei mercati provinciali: le fluttuazioni più accentuate in terreno negativo sono quelle di Lodi (-18,5%), Benevento e Pavia (entrambe calano del 15,7%); all’opposto gli incrementi maggiori si registrano in provincia di Belluno (8,3%), Trieste (4,8%) e Crotone (4,7%).

Sul fronte dei prezzi di vendita Savona (3.361 euro/m²) è sempre la provincia più cara, davanti a Bolzano (3.128 euro/m²) e Imperia (2.714 euro/m²), mentre Biella chiude la graduatoria con soli 648 euro/m².

Città
Nei mercati cittadini si assiste ancora ad ampie fluttuazioni nei centri più piccoli, mentre la maggior parte dei grandi centri restano ancora in segno negativo a eccezione di Bologna (5,1%) e Firenze (1%), le uniche per il momento a tradurre il dinamismo sul fronte della domanda in un incremento dei prezzi.

In un 2017 all’insegna dei ribassi per 85 capoluoghi sui 103 monitorati dall’indice di idealista spiccano i cali a due cifre di 11 centri racchiusi tra il -18,6% di Benevento e il -10,1% di Varese. I ribassi non hanno risparmiato i grandi centri, come dimostrano le variazioni, tutte negative di Roma (-4,3%), Milano e Napoli entrambe giù al ritmo del 3,8%.

Tra i centri in trend positivo si segnalano le performance positive di alcune città "al top" per qualità della vita nella mappa stilata da Il Sole 24 Ore, con Trieste (6,2%) in testa, davanti a Sondrio (3,8%) e Bolzano (2,4%). Si può dire che una buona posizione nel ranking della vivibilità fa bene anche al mattone.

Venezia (4.362 euro/m²) continua a dominare la graduatoria dei prezzi di vendita precedendo Firenze (3.434 euro/m²) e Bolzano (3.413 euro/m²). Nella parte bassa del ranking stazionano Alessandria (784 euro/m²), Caltanissetta (766 euro/m²) e Biella, la più economica, con 724 euro al metro quadro.

L’indice dei prezzi degli immobili di idealista

Il portale immobiliare idealista è attualmente una delle pagine web più utilizzate in Italia da privati e professionisti immobiliari per la vendita, l’acquisto e l’affitto di immobili. Con una base dati di oltre 1 milione di immobili, l’ufficio studi idealista realizza analisi e studi relative al prezzo delle abitazioni nel nostro Paese dal 2007.

Per la realizzazione di quest’indice sono stati analizzati i dati di 427.561 annunci immobiliari pubblicati su idealista nel corso del 2017; questi immobili hanno superato il controllo di qualità basato su informazioni come prezzo, dimensione, distribuzione e non duplicazione.

Per permettere una sufficiente standardizzazione dei risultati sono analizzati soltanto i comuni che hanno mantenuto una media costante di 50 o più annunci di case di seconda mano in vendita, nel corso del periodo di studio. I comuni che non hanno raggiunto questa media sono stati esclusi dal campione di analisi, al pari di quelli che hanno registrato una variazione di più del 30% del numero di annunci nel periodo dato.
Scarica il report completo

PDF icon idealista_indice_trimestrale_vendita_ita_2017q4.pdf

sabato 23 dicembre 2017

Bonus prima casa, via libera in caso di accorpamento di appartamento

Gtres 

Importanti chiarimenti per quanto riguarda l’applicabilità del bonus prima casa. Con la Risoluzione n. 154/E del 19/12/2017, l’Agenzia delle Entrate ha sottolineato che si ha diritto all’agevolazione anche per l’acquisto di un secondo immobile da unire a quello già posseduto per il quale si era beneficiato del bonus.

Viene dunque confermato che l’agevolazione sulla prima casa spetta anche per un acquisto successivo volto ad aumentare la superficie dell’abitazione. Si ha diritto al bonus prima casa anche nel caso di acquisto di un secondo immobile che si intende unire a quello già posseduto, qualora la fusione non comporti la trasformazione dell’unità immobiliare posseduta in abitazione di lusso.

A chiedere chiarimenti è stata una contribuente già proprietaria di due appartamenti nello stesso immobile, di cui una al secondo piano acquistata con le agevolazioni sull’acquisto e l’altra al terzo piano comprata come seconda casa, quindi senza fruire delle agevolazioni.

La contribuente chiedeva di allargarsi ulteriormente con un altro appartamento al terzo piano, con il quale costituire un’unica abitazione unendole tutte e tre catastalmente (ma senza che la nuova unità rientri nelle categorie A/1, A8 e A/9).

Per l’Agenzia è possibile la concessione delle agevolazioni prima casa sul nuovo acquisto e “non è di ostacolo a detta interpretazione, la circostanza che uno degli immobili preposseduti sia stato acquistato senza fruire delle agevolazioni in commento; occorre considerare, infatti, che analogamente al caso esaminato con la circolare n. 31 del 2010, le agevolazioni per detto acquisto non potevano essere richieste, in quanto la contribuente risultava già titolare, al momento della stipula dell'atto di trasferimento, di altro immobile agevolato”.

Nel caso in cui l’acquisto del nuovo appartamento sia finalizzato ad unire le abitazioni in un’unica unità immobiliare si potrà beneficiare dell’agevolazione prima casa. Il tutto, però, nel rispetto di specifici requisiti: il nuovo immobile deve conservare le caratteristiche non di lusso, ovvero la categoria catastale con la quale verrà classificata la casa di abitazione deve essere diversa dalle categorie A\1, A\8 e A\9.

domenica 17 dicembre 2017

Legge Stabilità 2018 e bonus casa



Cosa ne sarà del bonus ristrutturazione, bonus risparmio energetico e bonus mobili nel 2018? Ci saranno ancora? E se ci saranno, i limiti e le percentuali di detrazione resteranno invariati? Ecco cosa prevede la Legge di Stabilità 2018, approvata dal Senato e ora in seconda lettura alla Camera.

Per quanto riguarda il bonus ristrutturazioni la notizia è positiva, nel senso che verrà prorogata nel 2018 l’attuale formulazione della detrazione, ossia un limite massimo di 96.000 euro con la percentuale del 50%; pertanto tutti gli interventi in oggetto (le manutenzioni straordinarie, le ristrutturazioni, gli interventi di restauro e risanamento, gli interventi atti a prevenire il compimento di atti illeciti) sono confermati. Di conseguenza, la riduzione alla percentuale del 36% con limite di 48.000 euro sarà posticipata all’anno 2019.


In merito al bonus per il risparmio energetico, la notizia non è propriamente positiva, in quanto dal 2018 alcuni interventi saranno oggetto di una riduzione della percentuale di detrazione: sostituzione di infissi, schermature solari, impianti di climatizzazione invernale tramite caldaie a condensazione e a biomassa saranno interventi la cui detrazione scenderà al 50%. Invariato al 65% il bonus per pannelli solari per l’acqua calda, pompe di calore, cappotti termici e altri interventi sull’involucro edilizio.

Novità che pare data già come definitiva è la detrazione per il cd. “bonus verde”, ossia la sistemazione dei giardini privati; tale detrazione era stata inserita in un primo momento nella scorsa Legge di Stabilità 2017, per poi essere definitivamente esclusa. Tale nuova detrazione è prevista per un limite massimo di 5.000 euro per ciascuna unità immobiliare con la percentuale del 36% e riguarda la cura, la ristrutturazione e l’irrigazione dei giardini e del verde privato: terrazzi e giardini, anche condominiali, coperture a verde (ossia i giardini posti sopra il tetto dell’abitazione) e giardini pensili. Inoltre, tra le spese detraibili non solo i lavori, ma anche la progettazione e la manutenzione. Sono esclusi i lavori di recupero di giardini pubblici e storici. I pagamenti, come per le detrazioni per la ristrutturazione e l’efficienza energetica, dovranno essere fatti con bonifici parlanti e la detrazione verrà ripartita in dieci quote annuali. Si ritiene che sarà possibile applicare anche quanto indicato nella circolare n. 43/E relativa al pagamento effettuato senza l’utilizzo dei bonifici specifici per le detrazioni fiscali.

Il bonus mobili, relativo all’acquisto del mobilio nuovo per l’immobile ristrutturato, verrà confermato con gli attuali limiti e importi detraibili; probabilmente verrà inserito, come limite di accesso, il riferimento alla data di inizio dei lavori che, come ora previsto per il bonus mobili applicato nell’anno d’imposta 2017, devono decorrere dalla data del 1° gennaio 2016.

Confermati anche, come già previsto nella legge di stabilità 2017, gli incentivi del 70% e del 75% per i condomini fino a tutto il 2021.

Mercato immobiliare, le compravendite rallentano, brutto segno?


mercato immobiliare







    Mercato immobiliare, le compravendite rallentano, brutto segno?

    Dopo la lunghissima crisi del mattone italiana, che è cominciata tardi ed è finita pure molto dopo quella del resto d’Europa, era stato un primo segnale di ripresa. E’ l’indice delle compravendite immobiliari, che erano cominciate a crescere quando ancora i prezzi scendevano. Ed avevano anticipato la fine del calo dei valori, che però, ricordiamolo, rimangono oggi tra i più bassi d’Europa se confrontati con quelli degli anni del boom del mattone.

    Nel 2016 anno su anno la crescita delle compravendite aveva toccato anche il 20%, in linea con la ripresa dell’economia dopo i crolli soprattutto del 2012.

    Dopo è successo qualcosa, nonostante l’aumento continui, questo è certamente più flebile. Nel 2017 nel primo e secondo trimestre è stato solo del 4,4%, del 2,7% considerando solamente il secondo trimestre.

    L’andamento a campana della ripresa è visibile molto bene nel grafico dell’ISTAT.

    mercato immobiliare

    Mercato immobiliare, è al Nord che sta avvenendo il maggiore rallentamento

    La gran parte delle compravendite sono per abitazioni a uso abitativo, e sono queste quelle che appaiono crescere meno.

    Osserviamo i dati destagionalizzati, ovvero considerando i trimestri a parità di giorni lavorativi e festività. Tra il primo e il secondo trimestre del 2017 il progresso è stato solo del 1,4%. E, fatto degno di nota, è stato più alto al Sud che al Nord, +3,2%, contro un +0,6% al Nord Ovest e un 0,8% al Nord Est.

    Al Nord va meglio la compravendita a uso economico a dimostrazione di un’economia che tira. +4,2% al Nordovest.

    Cosa significano questi dati? L’economia non è in rallentamento. E certo il settore immobiliare non ha raggiunto neanche lontanamente il livello del 2008.

    Una ipotesi è che sia in atto un cambiamento strutturale. Come già avviene in Europa si preferisce l’affitto, vista al maggiore mobilità. E contemporaneamente cala il bacino di possibili compratori, le giovani famiglie sono di meno, come i matrimoni, come le nascite.

    Se sono meno i nuclei familiari in formazione, ma crescono i single, che però preferiscono l’affitto, allora ecco che questi numeri non ci stupiscono più di tanto.

    mercato immobiliare

    sabato 16 dicembre 2017

    IMU TASI per immobili inagibili o inabitabili


    e agevolazioni previste quando l’immobile è inagibile o inabitabile: come ottenere lo status e come richiedere lo sconto IMU-TASI.


    Ancora pochi giorni per pagare il saldo IMU TASI 2017, i termini scadono il 18 dicembre cadendo il 16 di sabato. Ricordiamo brevemente che, per il calcolo della seconda rata, è necessario applicare le nuove aliquote 2017 se deliberate nei tempi di legge, o quelle 2016 in alternativa, quindi sottrarre quanto già versato in fase di acconto a giugno.

    Per i fabbricati dichiarati inagibili o inabitabili e di fatto non utilizzati è prevista una riduzione IMU e TASI del 50% applicabile limitatamente al periodo dell’anno durante il quale sussistono tali condizioni, sulla base di quanto disposto dalla delibera ID n. 45/2017 del 27/03/2017, vigente a fini regolamentari che ha approvato le aliquote IMU per l’anno 2017.

    È tuttavia sempre consigliabile consultare anche le delibere comunali contenenti le regole per tali fabbricati.

    Procedura

    Per far attribuire all’immobile lo status di inagibilità o inabitabilità ed effettivo non utilizzo è necessario che sussistano le seguenti condizioni:

    • l’inagibilità o inabitabilità deve consistere in un degrado fisico sopravvenuto (fabbricato diroccato, pericolante, fatiscente e simile) o di una obsolescenza funzionale, strutturale e tecnologica, non superabile con interventi di manutenzione ordinaria o straordinaria (art. 3, lettere a) e b), D.P.R. 06 giugno 2001, n° 380), bensì con interventi di restauro e risanamento conservativo e/o di ristrutturazione edilizia (art. 3, lettere c) e d), D.P.R. 06 giugno 2001, n° 380), ed ai sensi del vigente regolamento urbanistico edilizio comunale;
    • l’immobile non deve essere utilizzato, neanche per usi difformi rispetto alla destinazione originaria e/o autorizzata.

    Per accertare l’effettiva inagibilità o inabitabilità dell’immobile è necessaria la perizia a carico del proprietario eseguita su indicazione dell’ufficio tecnico comunale una volta ricevuta la domanda di sgravio.

    In alternativa, il contribuente può presentare una dichiarazione sostitutiva ai sensi del Decreto del presidente della Repubblica n. 445/2000 con la possibilità del personale tecnico dell’Ufficio di accertare la sussistenza dei requisiti attraverso sopralluogo, previa autorizzazione da parte del proprietario.

    In assenza di questa procedura non è possibile fruire del beneficio, applicabile a partire dalla data in cui si inoltra al Comune domanda di esenzione con perizia o auto-dichiarazione. Se l’Ufficio riscontra invece la non sussistenza delle condizioni che danno diritto allo sconto IMU TASI,  deve emettere un provvedimento di diniego che attesti il mancato riconoscimento del diritto all’agevolazione e conseguente conguaglio fiscale.

    Applicazione

    Nel caso in cui sussistano i requisiti, dunque, l’agevolazione scatta dalla data di presentazione della dichiarazione sostitutiva, valida anche per le annualità successive, finché permangono le condizioni di inabitabilità o inagibilità ed effettivo non utilizzo.

    In caso di variazioni è obbligatorio presentare apposita dichiarazione IMU, secondo le scadenze previste dalla normativa vigente.

    Imu e Tasi 2017 comodato d'uso: come ottenere la riduzione

    Gtres 


    Ormai siamo agli sgoccioli: lunedì 18 dicembre è l'ultimo giorno in cui i proprietari di seconde case e di abitazioni di lusso potranno versare la seconda rata di Imu e Tasi per il 2017.  Gli immobili concessi in comodato d'uso gratuito possono usufruire di uno sconto del 50% sulla base imponibile, sempre e quando si rispettino determinate condizioni.

    Riduzione Imu comodato condizioni

    La legge di Stabilità 2016 e la circolare n.1/DF del 17 febbraio 2016 , hanno definito i requisiti e i campi di applicazione della riduzione del 50% della base imponibile di Imu e Tasi.

    • può essere utilizzato dai proprietari di un solo imobile oppure di 2 immobili nello stesso comune uno dei quali deve essere necessariamente adibito ad abitazione principale. L'immobile o i due immobili devono essere ubicati nello stesso comune dove il proprietario ha la residenza e la dimora abituale.
    • per "immobile" è inteso un immobile ad uso abitativo
    • si considerano anche le pertinenze secondo i limiti previsti per l'abitazione principale (massimo tre pertinenze, una per ogni categoria catastale c2, c6 e c7)
    • il possesso di un'altra tipologia, come un terreno agricolo, un'area edificabile o un capannone non esclude la possibilità di usufruire della riduzione del 50%, purché gli immobili ad uso abitativo siano massimo 2, situati entrambi nel comune di residenza del proprietario e uno risulti essere la sua abitazione principale.
    • la riduzione si applica anche agli immobili storici, quindi nel caso di un immobile storico dato in comodato d'uso gratuito la base imponibile sarebbe ridotta al 25%.
    • il comodato si applica solo tra figli e genitori, non è valido tra parenti al di là del primo grado
    • Sono esclusi i comodati per le abitazioni di lusso (categorie catastali a1, a 8 e a9)
    • per beneficiare della riduzione della base imponibile, il propietario deve attestare il possesso dei requisiti al comune tramite apposita dichiarazione
    • il contratto di comodato deve essere necessariamente registato presso l'Agenzia delle Entrate. Non vale nessuna scrittura privata. Per ottenere l'agevolazione non vale la data della registrazione, ma la data della stipula dello stesso.

    Tasi per case concesse in comodato gratuito 2017

    Come specificato dal Mef, poiché la base imponibile della Tasi è la stessa dell'Imu, la riduzione vale anche ai fini Tasi. Per quanto riguarda la Tasi, il proprietario verserà l'imposta con riduzione del 50% in base alla quota di ripartizione prevista dal Comune (dal 70% al 90%) mentre il comodatario con pagherà la Tasi perché per lui l'immobile è abitazione principale.

    martedì 12 dicembre 2017

    Quanto costa un mutuo



    Comprare casa: i costi del mutuo, le spese di istruttoria, perizia e quelle per il notaio.

    Nel quantificare i costi del mutuo per l’acquisto di una casa, occorre considerare, oltre al tasso di interesse, tanti alti elementi. Vediamo quali [1].

    Imposte e agevolazioni fiscali mutuo

    Se il mutuo è concesso da una banca, il cliente paga un’imposta pari al 2% dell’ammontare complessivo, o allo 0,25% nel caso di mutuo per acquisto della “prima casa”. L’imposta è trattenuta direttamente dalla banca, per cui la somma che il cliente riceve è inferiore all’importo concesso. Ci possono poi essere altre imposte legate all’iscrizione dell’ipoteca o ad altri adempimenti.

    Gli interessi pagati per un mutuo ipotecario per l’acquisto, la costruzione o la ristrutturazione dell’abitazione principale sono detraibili dall’Irpef.

    Altri costi mutuo

    Al tasso di interesse e alle imposte vanno aggiunti:

    • le spese di istruttoria, che possono consistere sia in un importo fisso sia in una percentuale calcolata sull’ammontare del finanziamento;
    • le spese di perizia, che possono essere richieste per la valutazione dell’immobile da ipotecare;
    • le spese notarili per il contratto di mutuo e l’iscrizione dell’ipoteca nei registri immobiliari;
    • il costo del premio di assicurazione a copertura di danni sull’immobile ed eventualmente dei rischi legati a eventi relativi alla vita del cliente che potrebbero impedirgli di rimborsare il prestito. Se l’intermediario chiede di stipulare un’assicurazione sulla vita che esso stesso offre, deve sottoporre al cliente almeno altri due preventivi di due differenti società assicurative non collegate all’intermediario stesso. È importante fare attenzione ai costi della polizza: quella proposta dall’intermediario potrebbe essere più costosa di altre offerte sul mercato. Se il cliente sceglie una polizza diversa da quelle offerte dall’intermediario, questi non può comunque modificare le condizioni della sua offerta di mutuo se la polizza assicurativa presentata dal cliente offre un livello di protezione equivalente a quella proposta dall’intermediario;
    • gli interessi di mora, se si paga la rata in ritardo. In genere comportano una maggiorazione percentuale rispetto al tasso pattuito per il finanziamento e decorrono dal giorno della scadenza fino al pagamento della rata;
    • la commissione annua di gestione della pratica, le spese per l’incasso della rata (l’elenco completo delle spese è nel Foglio contenente le Informazioni generali).

    Qualora si decida di ricorrere a un mediatore creditizio, è importante informarsi prima sul compenso richiesto, che potrebbe essere alto.

    Piano di ammortamento mutuo

    Il piano di ammortamento è il progetto di restituzione del debito. Esso stabilisce l’importo erogato, l’ammontare delle singole rate, la data entro la quale tutto il debito deve essere pagato, la periodicità delle singole rate (mese, trimestre, semestre), i criteri per determinare l’ammontare di ogni rata e il debito residuo. La rata è composta da due elementi:

    • quota capitale, cioè l’importo del finanziamento restituito;
    • quota interessi, cioè l’interesse maturato.

    Bonus prima casa e residenza, Cassazione: “Contestabile dopo 18 mesi dal rogito”



    La Suprema corte ha chiarito a partire da quando è possibile un’azione delle Entrate in caso di un mancato trasferimento di residenza. Vediamo quanto stabilito.

    Il termine triennale concesso dalla legge all’Amministrazione Finanziaria per contestare che l’acquirente di una “prima casa” abbia effettivamente stabilito la propria residenza nel Comune ove è ubicato l’immobile oggetto di acquisto agevolato decorre dalla scadenza del diciottesimo mese successivo al rogito d’acquisto e non dalla data della sua registrazione alle Entrate. A stabilirlo la Cassazione con l’ordinanza 28860 del 1° dicembre 2017.

    La decisione è scaturita cassando una sentenza della Ctr Lombardia, la quale aveva ritenuto di individuare la decorrenza del termine nel giorno di registrazione dell’atto di acquisto nel cui ambito viene richiesta l’agevolazione “prima casa”.

    Si ricorda che il beneficio fiscale consistente nell’abbattimento dell’Iva al 4% e dell’imposta di registro al 2% compete anche all’acquirente che, pur non avendo la residenza nel Comune dove si trova l’abitazione oggetto di acquisto agevolato, si impegna a trasferirla e la trasferisce in quel Comune entro 18 mesi dalla data del rogito d’acquisto. Nel caso in cui l’acquirente non residente nel Comune non trasferisca la sua residenza, la legge gli commina, oltre al recupero di una somma pari alla differenza d’imposta maggiorata dei relativi interessi, anche una sanzione pari al 30% della differenza.

    In merito al tempo a disposizione dell’Amministrazione per contestare il mancato trasferimento della residenza, il Testo unico dell’imposta di registro prescrive un termine triennale per l’esercizio, da parte del fisco, dell’azione per il recupero dell’imposta complementare, ma – proprio per il caso della decadenza da agevolazioni provocata dal comportamento del contribuente successivo alla stipula dell’atto agevolato – la legge non è chiara sulla data di decorrenza del termine triennale in questione.

    La Cassazione si è espressa sostenendo che la data di decorrenza del termine triennale parte dalla scadenza del diciottesimo mese successivo al rogito d’acquisto, per la ragione che il termine concesso dall’Amministrazione non può decorrere da una data anteriore a quella fino a cui il contribuente stesso può tenere il comportamento prescritto dalla legge per consolidare l’agevolazione richiesta in sede di rogito notarile. Una volta, quindi, che sia decorso il termine entro il quale il contribuente può tenere il comportamento prescritto dalla norma agevolativa, il termine per l’esercizio dell’azione fiscale non decorre.

    I prezzi delle case tornano a scendere: -0,3% a novembre (scopri i valori nella tua città)



    Dopo la boccata d’ossigeno del mese di ottobre, i prezzi delle case di seconda mano fanno registrare una nuova flessione a novembre, pari allo 0,3%. Più che un vero e proprio calo, si tratta di una correzione che incrementa il saldo negativo su base annua, portandolo a 4,3 punti percentuali. In valore assoluto i prezzi solo calati dai 1.904 euro di media dello scorso anno agli attuali 1.823 euro al metro quadro.

    Regioni

    La maggior parte delle regioni rimane in trend negativo, con contrazioni più significative in Liguria (-1,6%) e Lombardia (-1%), nel resto delle aree le variazioni restano sotto la soglia dell’1 per cento. Otto le regioni in trend positivo con i rimbalzi di maggior rilievo in Basilicata (3%), Piemonte (1,5%) e Veneto (1%). Stabile la Campania rispetto al mese di ottobre.

    La Liguria resta la macroarea più cara, con una media di 2.593 euro al metro quadro, seguita da Lazio (2.462 euro/m2) e Valle d’Aosta (2.444 euro/m2). Nonostante una leggera flessione, anche Trentino Alto Adige e Toscana conservano valori sopra i 2mila euro al metro quadro. All’opposto del ranking, le regioni più economiche sono Calabria (906 euro/m2), Molise (986 euro/m2) e Sicilia (1.141 euro/m2).

    Province

    Anche il quadro provinciale è dominato dal segno meno, con oltre la metà delle aree - 60 su 105 province rilevate in questo report - in calo. I ribassi più decisi a Crotone (-8,2%), Benevento (-6,7%) e Agrigento (-5,5%), mentre, all’opposto, le punte maggiori del mese si rilevano nelle province di Matera (6,6%), Trieste (4,3%) e Gorizia (4,2%).

    Il ranking delle province più care vede primeggiare Savona (3.260 euro/m2) su Bolzano (3.141 euro/m2) e Imperia (2.744 euro/m2), mentre, nella parte bassa della scala dei valori immobiliari, stazionano Biella (650 euro/m2), Isernia e Caltanissetta entrambe con 801 euro al metro quadro.

    Grandi città e capoluoghi

    Tra i mercati cittadini c’è una leggera prevalenza di centri in segno positivo (53), su quelli in trend negativo (50). I centri di grandi e medie dimensioni si distinguono per una maggiore compattezza intorno ai valori mediani, mentre i piccoli centri sono soggetti a variazioni più ampie come testimoniano le performance negative di Crotone (-9,7%), Benevento (-8,6%) e Belluno (-5,8%) da un lato, e quelle positive di Chieti (7,6%) e Carbonia (5,8%) dall’altro.

    All’insegna di una maggiore stabilità grandi mercati e capoluoghi di regione, come testimoniano le variazioni contenute di Napoli (-0,7%) e Roma (-0,4%) da un lato e Firenze e Bari dall’altra entrambe con un incremento dello 0,3%. Prezzi invariati a Bologna, a 2.678 euro al metro quadro.

    Nella graduatoria dei prezzi, Venezia (4.362 euro/m²) è sempre la città più cara d’Italia, davanti a Firenze (3.398 euro/m²) e Bolzano (3.384 euro/m²). Nella parte bassa del ranking stilato dal centro studi idealista c’è sempre Biella, fanalino di coda con i suoi 727 euro al metro quadro, davanti a Caltanissetta (766 euro/m²) e Alessandria (845 euro/m²).

    Città con i cali maggiori dei prezzi delle casevariazione mensile novembre 2017

    <?XML:NAMESPACE PREFIX = "[default] http://www.w3.org/2000/svg" NS = "http://www.w3.org/2000/svg" />variazioni novembre/ottobre 2017-9,7-8,6-5,8-4,5-4,5-4,2-4,2-4,1-3,5-3,1variazione mensiliCrotoneBeneventoBellunoTeramoRovigoPordenoneAvellinoNovaraMilanoAscoli Piceno-12,5-10-7,5-5-2,50

    Fonte: idealistaCondividi

    Scadenza Imu e Tasi 2017: guida al pagamento del 18 dicembre


    Notizie immobiliari|Redazione

     

    Il 18 dicembre i proprietari di prime case di lusso e di immobili diversi dall'abitazione principale saranno chiamati a versare la seconda rata dell'Imu e della Tasi 2017. Ma il pagamento delle imposte sulla casa nasconde non pochi problemi per i contribuenti obbligati a districarsi tra le aliquote, le rendite catastali e le modalità di calcolo. Per questo idealista ti offre un'utile guida con tutte le informazioni utili per arrivare preparati alla prossima scadenza.

    Per calcolare la tua rata Imu clicca qui
    Per calcolare la tua rata Tasi clicca qui

    venerdì 8 dicembre 2017

    I Nostri immobili “Casabook immobiliare”

    Screenshot-2017-12-7 (1) Casabook-immobiliare Caltanissetta

    Adesso puoi visionare le nostre proposte immobiliari anche sulla fan page "Casabook immobiliare" di facebook alla voce "I Nostri immobili"
    https://www.facebook.com/casabookim.../app/2012179739068102/

    giovedì 7 dicembre 2017

    Amianto in casa o in condominio: che fare?


    Amianto in casa o in condominio: che fare?


    Eternit: dove si trova l’amianto e quali sono gli obblighi del proprietario della casa o dell’amministratore di condominio.

    Accertare la presenza di amianto in un edificio e gestirne lo smaltimento non è cosa facile e spesso presenta problematiche in tema di competenze. Il timore di possibili responsabilità dinanzi alla risposta delle autorità è, di solito, la scusa che viene frapposta quando si tratta di avviare le pratiche. Tuttavia la legge parla chiaro: il proprietario di un immobile sul quale è presente dell’amianto (Eternit) ha l’obbligo di accertarlo e dichiararlo. Ecco quindi come comportarsi in caso di amianto in casa o in condomino.

    Indice

    Che differenza c’è tra amianto in matrice compatta e in matrice friabile

    Spesso si sente parlare di fibre di amianto libere o debolmente legate. In questo caso si tratta di amianto in matrice friabile che può essere facilmente ridotto in polvere anche con una semplice azione manuale.

    Diverso il caso dell’amianto in matrice compatta, dove le fibre sono legate in modo stabile (si pensi al cemento-amianto). In tal caso, per ridurre in polvere il materiale, è necessario ricorrere all’impiego di strumenti meccanici come frese.

    L’amianto è sempre pericoloso per la salute?

    Su questo punto non dovrebbero più sorgere dubbi. La giurisprudenza ha riconosciuto la pericolosità delle polveri di amianto per i polmoni dell’uomo e quindi per la salute, causa spesso di malattie respiratorie e, ancor di più, di patologie tumorali. Non sono isolati i casi di risarcimenti cospicui liquidati alle famiglie delle vittime dell’amianto. La pericolosità dell’amianto resta comunque legata alla possibile dispersione delle fibre nell’aria, invisibili all’occhio umano. Ecco perché i materiali friabili sono più pericolosi di quelli stabili.

    Le malattie riscontrate a causa dell’amianto possono essere di tipo respiratorio (asbestosi, carcinoma polmonare) e delle membrane sierose, principalmente la pleura (mesoteliomi). Enorme è anche il numero di tumori polmonari maligni che si verifica anche per esposizioni a basse dosi.

    È stato riscontrato anche il rischio di tumori della laringe e del tratto gastrointestinale.

    Tuttavia, come vedremo a breve, non tutti i siti in cui è presente amianto sono pericolosi per la salute.

    Dove si trova l’amianto?

    Purtroppo l’amianto si trova in un gran numero di costruzioni per via del largo uso che, in passato, ne è stato fatto. In particolare sono interessati soprattutto gli edifici costruiti prima degli anni 90. Ad esempio, parliamo del materiale a spruzzo per rivestimento (coperture, tubi, tegole, canne fumarie, serbatoi), degli intonaci, stucchi, colle, controsoffittature, pavimenti sotto forma di vinyl amianto. Così l’Eternit (materiale composto di amianto) si trova in molti edifici sottoforma di svariati componenti: tettoie o coperture su tetti e pareti di piccoli o grandi fabbricati.

    L’amianto è illegale?

    Proprio perché nocivo per l’uomo, l’Eternit e l’amianto sono stati dichiarati fuori legge 25 anni fa. Oggi quindi chi è proprietario di un immobile su cui c’è amianto o ne è custode (si pensi all’amministratore di condominio o al dirigente scolastico) ha l’obbligo giuridico di avvisare le autorità per l’avvio dei processi di smaltimento.

    Che deve fare il proprietario di un immobile dove si trova amianto?

    I proprietari degli immobili (siano essi pubblici o privati) che hanno una tettoia, un tetto o una qualsiasi copertura in amianto devono presentare immediatamente una denuncia all’Asl. Presso le Asl infatti è istituito un registro nel quale è indicata la localizzazione dell’amianto. Fatta la denuncia, l’Asl fa il sopralluogo nelle zone di sua competenza. A questo punto scatta un programma di controllo e di manutenzione gestito e coordinato da un responsabile nominato appositamente con lo scopo di prevenire i rischi per la salute e procedere allo smaltimento. Tra i suoi compiti, c’è quello di certificare dove si trova l’amianto e, di conseguenza, predisporre delle misure di sicurezza ed informare chi occupa quello stabile della presenza di questo materiale, dei rischi che comporta e di come evitare eventuali danni alla salute. Il responsabile redige un documento di «valutazione del rischio» sullo specifico sito.

    Questo processo porta a due tipi di risultati:

    • l’amianto è in buone condizioni: non c’è obbligo di rimozione ma di controllo e di manutenzione;
    • l’amianto non è in buone condizioni (specialmente se sgretolato): servono rimozione e bonifica.

    L’obbligo di denuncia di amianto sussiste anche prima dell’avvio di lavori di demolizione.

    A chi rivolgermi per verificare se in casa c’è amianto?

    La legge non lo dice. Si può optare per un professionista privato competente nel settore, pagato quindi dal proprietario dell’edificio. Si parla a riguardo della figura del «coordinatore amianto» abilitato ai sensi di legge.

    Quali altri obblighi ha il proprietario della casa?

    La responsabilità del controllo e della manutenzione delle coperture in amianto gravano soltanto sul proprietario dell’immobile, anche se lo è diventato il giorno prima. Il titolare dell’immobile che si accorge che, nell’edificio, è presente amianto deve designare una figura responsabile con compiti di controllo e coordinamento di tutte le attività manutentive che possono interessare i materiali di amianto. Deve poi tenere documentazione da cui risulti l’ubicazione dei materiali contenenti amianto. Su di lui ricade la responsabilità del rispetto di efficaci misure di sicurezza durante le attività di pulizia, gli interventi manutentivi e in occasione di qualsiasi evento che possa causare un disturbo dei materiali di amianto. A tale fine, dovrà essere predisposta una specifica procedura di autorizzazione per le attività di manutenzione e di tutti gli interventi effettuati dovrà essere tenuta una documentazione verificabile.

    Dove va a finire l’amianto?

    L’amianto deve essere trasportato in un impianto di stoccaggio, definitivamente in un impianto di discarica autorizzata specificatamente

    A chi mi posso rivolgere per far rimuovere l’amianto?

    A bonificare un’area con amianto non può provvedere da solo il proprietario con il “fai-da-te”; egli deve necessariamente rivolgersi a imprese abilitate iscritte all’Albo Gestori Ambientali nella categoria 10 “Bonifica dei beni contenenti amianto” (sottocategorie 10A e 10B).

    Come mettere in sicurezza l’edificio?

    Le coperture in eternit vanno rimosse solo se, in base alla valutazione del tecnico, comportano rischi per la salute. Altrimenti si possono eseguire altri interventi come l’incapsulamento o la sovracopertura.

    Che succede se in casa vive un inquilino?

    Gli obblighi di smaltimento, gestione e controllo dell’amianto competono al proprietario dell’immobile e non all’inquilino che non ha, in merito, alcuna responsabilità.

    Che fare se la casa del vicino ha amianto e non fa la denuncia?

    Immaginiamo il caso di avere un vicino di casa che ha, sul tetto o sulla copertura della facciata, dell’amianto. Se questi non fa la denuncia e lo smaltimento, chi vive nelle vicinanze può “denunciarlo” alle autorità. In particolare se il vicino non ha segnalato all’Asl la presenza di Eternit in evidente stato di degrado o lo ha fatto, ma non ha provveduto al suo smaltimento, è possibile rivolgersi all’Azienda sanitaria locale, ai vigili urbani o al nucleo tutela ambientale dei carabinieri e denunciarne la presenza, lo stato e il rischio. La segnalazione può anche avvenire in forma anonima ma è consigliabile sempre renderla personalmente e firmarla, affinché sia presa seriamente in considerazione.

    Il vicino però non è tenuto a smaltire l’amianto se, in base alle risultanze della perizia, questo non appaia un pericolo concreto per la salute dell’uomo o per l’ambiente. Il proprietario sarà semplicemente obbligato a monitorare lo stato di degrado e ad intervenire prontamente: per evitare il rischio di spaccature, potrà chiedere a ditte specializzate di intervenire con alcune tecniche come la verniciatura con specifici smalti, l’incapsulamento o sovracopertura.

    Cosa deve fare l’amministratore di condominio?

    Se l’amianto è presente in un edificio condominiale, l’amministratore deve effettuare un censimento ed una mappatura dei manufatti in amianto presenti nelle parti comuni. A tal fine l’amministratore dovrà avvalersi di un tecnico abilitato che dovrà compilare un’apposita scheda. Per ottemperare a tale obbligo non è prevista alcuna approvazione assembleare trattandosi di un obbligo di legge. In presenza di manufatti contenenti amianto, l’amministratore è tenuto ad informare immediatamente l’assemblea dei condomini.

    Le spese di smaltimento dell’eternit in condominio sono divise per millesimi.[1] Legge n. 257/1992.

    Che fare se l’immobile del vicino è abusivo


    Che fare se l’immobile del vicino è abusivo


    Abuso edilizio: la denuncia alla polizia municipale, il procedimento per la demolizione e la necessità di una perizia di parte che confermi la difformità dell’opera.

    Il tuo vicino ha realizzato una costruzione che, a tuo avviso, non può essere conforme al piano regolatore: difficile pensare che il Comune abbia autorizzato un’opera talmente mostruosa e così vicina alla tua casa, in palese contrasto con il quartiere e la natura. Insomma, più che il sospetto hai la certezza che si tratta di un abuso edilizio. I rapporti tra di voi non sono idilliaci e quando gli hai chiesto di vedere le autorizzazioni del Comune lui ha glissato. È tuo fermo proposito andare a fondo nella situazione ed eventualmente denunciarlo alle autorità o al giudice. Tuttavia non sai come procedere. Ecco allora questa breve guida che corre in tuo soccorso per spiegarti che fare se l’immobile del vicino è abusivo. Ti daremo i consigli su come comportarti alla luce di alcune interessanti sentenze emesse negli ultimi mesi dalla giurisprudenza.

    Indice

    Fai una richiesta di accesso agli atti in Comune

    Se la costruzione del vicino è stata autorizzata dal Comune, esisteranno sicuramente gli atti che hanno sancito l’avvio e la conclusione del procedimento amministrativo. La cosa migliore è quindi rivolgersi all’ufficio tecnico e fare una richiesta di accesso agli atti amministrativi. Non ti può essere negato il diritto a visionare i documenti prodotti dal vicino di casa, né la risposta che gli ha dato il Comune. Infatti il diritto alla privacy finisce laddove entrano in gioco gli interessi collettivi o dei privati. Fra l’altro, con il nuovo FOIA (Freedom of Information Act), il diritto di accesso è ancora più ampio. Se farai una richiesta di visionare il fascicolo, il tuo vicino non lo saprà mai: l’amministrazione non potrà infatti informarlo della tua domanda.

    Incarica un esperto tecnico

    Potrebbe avvenire che il tuo vicino abbia effettivamente chiesto e ottenuto l’autorizzazione amministrativa ma che poi non si sia attenuto ai progetti presentati al Comune. L’abuso edilizio, in tal caso, consiste nelle divergenze tra l’opera autorizzata e quella eseguita. Attento però a questo passaggio: se ritieni vi sia un abuso, non puoi rivolgersi direttamente al giudice, ma devi prima valerti della perizia di un tecnico da te incaricato che verifichi l’eventuale irregolarità dell’opera. Difatti, con una recente sentenza [1], il Tar Lombardia ha detto che, nel causa volta a ottenere la demolizione della costruzione abusiva, non si può chiedere al giudice di nominare un consulente tecnico che vagli se il proprietario ha chiesto o si è attenuto al permesso a costruzione rilasciato dal Comune. Il cosiddetto Ctu (ossia il consulente tecnico d’ufficio) non ha funzioni “esplorative”, volte a verificare se sussiste o meno una determinata situazione lamentata dalla parte; è necessario che il ricorrente presenti delle prove concrete per sostenere la tesi dell’abuso edilizio. E in questo caso, tali prove consistono nella perizia rilasciata da un professionista di fiducia, svolta prima di iniziare la causa.

    La consulenza tecnica d’ufficio non può sgravare la parte dell’onere della prova. E nel processo sono legittime soltanto le consulenze “deducenti”, quelle cioè che servono a valutare i fatti accertati e acquisiti nel corso del procedimento.

    La denuncia alla polizia municipale dell’abuso edilizio

    Se non intendi pagare un avvocato e fare causa al vicino, ma nello stesso tempo l’irregolarità è tanto grave da ledere i tuoi diritti, puoi denunciare l’abuso edilizio del vicino alla polizia municipale del Comune ove è ubicato l’immobile in questione. Il vicino non saprà subito che lo hai denunciato ma se dovesse fare un’istanza di accesso agli atti per sapere come ha avuto luogo il procedimento verrebbe a conoscenza della tua identità [2]. Il comando della polizia locale non può negare l’accesso appellandosi al fatto che è stata ormai comunicata una notizia di reato e, quindi, vi sarebbe il segreto istruttorio. I

    A seguito della denuncia dell’abuso edilizio commesso dal vicino, iIl Comune sarà tenuto ad avviare il procedimento per verificare la sussistenza dell’abuso.

    In alternativa al Comune puoi rivolgerti alla Procura della Repubblica del Tribunale del luogo ove è stato commesso il fattaccio.

    L’esposto deve contenere:

    • una descrizione precisa dell’opera in corso di realizzazione o già realizzata;
    • l’indicazione della proprietà e l’indirizzo dell’immobile oggetto del presunto abuso.

    Entro quanto tempo va fatta la denuncia dell’abuso edilizio?

    Non ci sono termini massimi per procedere alla denuncia dell’abuso edilizio. Sebbene infatti il reato si prescriva in 4 anni (5 se c’è stato il rinvio a giudizio), l’ordine di demolizione può essere sempre impartito, senza limiti di tempo, anche nei confronti dei successivi acquirenti dell’immobile.

    Se il Comune non fa nulla per abbattere l’abuso edilizio

    Se la tua istanza al Comune non viene presa in considerazione, hai diritto a sapere le ragioni del mancato riscontro. L’ente locale deve dirti cioè perché non ha inteso attivarsi. Secondo il Tar Lazio [3], il cittadino leso dall’altrui manufatto abusivo, già interessato da un ordine di demolizione, ha il sacrosanto diritto di diffidare la pubblica amministrazione a completare il procedimento e a procedere alla materiale demolizione dell’opera abusiva. La P.A., dal canto suo, non può ignorare la richiesta del vicino di casa leso dalla costruzione irregolare, dovendo quantomeno rispondere all’istanza presentata in merito alla non ancora compiuta demolizione.

    Che fare se il Comune non si attiva per abbattere l’abuso edilizio?

    Il cittadino che abbia segnalato al Comune l’abuso edilizio commesso da un vicino di casa deve dare all’ente 30 giorni di tempo per rispondere. Se però l’amministrazione non dà segni di vita, l’interessato può ricorrere al giudice amministrativo (il Tar) affinché dichiari l’illegittimità del silenzio serbato dal Comune in ordine alla diffida con cui gli si chiedeva di verificare l’illegittimità dei lavori. Il giudice, accertata la colpevole inerzia dell’ente locale, ordina al Comune di riscontrare la diffida del cittadino e, di conseguenza, di provvedere all’ordine di demolizione. Inoltre, per evitare ulteriori inadempienze o ritardi, il Tar nomina un «commissario ad acta» nella persona del Prefetto o di un suo delegato il quale, in qualità di funzionario governativo, presiederà al controllo che il Comune adempia ai suoi obblighi e faccia abbattere al vicino di casa la costruzione abusiva.

    note

    [1] Tar Lombardia, sent. n. 2209/17 del 21.11.2017.

    [2] Tar Lazio sent. n. 11188/2015.

    [3] Tar Lazio sent. n. 12853 del 12.11.2015.

    [4] Tar Campania, sez. Salerno, sent. n. 522/17 del 25.01.2017.

    Come rinunciare alla proprietà di un immobile


    Come rinunciare alla proprietà di un immobile


    Come liberarsi della proprietà di una casa, un terreno o un fondo rustico scomodo e costoso a favore di altri comproprietari in comunione o dello Stato.

    Se anche è vero che le case e i terreni sono beni di lusso e, quindi, si fanno spesso molti sforzi per acquistarli, non mancano situazioni in cui, al contrario, c’è chi se ne vorrebbe disfare. Ciò avviene quando la proprietà diventa solo una fonte di spese, tasse e responsabilità, senza però comportare alcun vantaggio concreto. In tali casi è ricorrente chiedersi come rinunciare alla proprietà di un immobile?

    La situazione è tutt’altro che rara. La crisi ha ridotto il portafoglio delle famiglie che, un tempo, potevano permettersi di “parcheggiare” un immobile e tenerlo inutilizzato per anni, in attesa dell’occasione buona per venderla. Le tasse sugli immobili, poi, sono diventate insopportabili per molte famiglie, costrette così a sbarazzarsi della proprietà scomoda. Rinunciare alla proprietà di un immobile è quindi necessario in numerose occasioni. Facciamo qualche esempio.

    Insieme ai tuoi fratelli e cugini sei proprietario di un piccolo appezzamento di terra, lontano dalla città e non coltivabile. La quota di cui disponi è tanto bassa da rendere del tutto inutile il tuo diritto di proprietà. Insieme a questo hai un decimo di un rustico diroccato e cadente, ereditato dal nonno, che nessuno degli altri coeredi comproprietari vuol vendere. Paventi di dover, prima o poi, sopportare le spese di ristrutturazione che, per te, sarebbero solo un costo visto che l’immobile non può essere vissuto e sfruttato. In più c’è il rischio di dover risarcire chi, eventualmente, possa essere danneggiato da quella baracca e dalle acque di ristagno che si sono formate attorno. Come se non bastasse, oltre ai costi di manutenzione devi anche pagare le tasse e, trattandosi di seconda casa, non sono affatto basse.

    C’è un ultimo aspetto che ti preoccupa, questa volta collegato al fatto che hai alcuni debiti con l’Agenzia delle Entrate Riscossione. Prima del lascito ereditario avevi una sola proprietà: la casa dove vivevi, la quale, in quanto «unica», non era pignorabile. Con la situazione venutasi a creare, invece, la sia pur minima quota ereditata ha fatto sì che anche la «prima casa» sia divenuta pignorabile (perché non più «unica»).

    A questo punto non hai scelte: vendere la nuova proprietà. Ma non è facile trovare un acquirente che, al posto tuo, voglia assumersi i costi e le responsabilità di una proprietà inutilizzabile. Che fare in questo caso? Come rinunciare alla proprietà di un immobile?

    La legge ammette due soluzioni differenti, a seconda che tu sia un comproprietario o l’unico proprietario. Vediamole qui di seguito

    Come rinunciare alla proprietà in comunione 

    Se sei titolare solo di una quota di un immobile puoi sempre liberarti della tua parte rinunciando alla comproprietà.

    La rinuncia determina un automatico incremento delle quote degli altri comproprietari. In pratica la tua precedente quota fa espandere il diritto degli altri. I restanti contitolari del bene non possono impedirti di rinunciare alla quota sull’immobile; possono al massimo decidere anch’essi, a loro volta, di abbandonare la loro quota, e ciò sino a quanto il proprietario non diventi un’unica persona (anche in questo caso, come vedremo più avanti, questi si può sbarazzare del bene).

    Ad esempio, se un terreno è di proprietà di quattro fratelli, ciascuno dei quali ha un quarto (ossia il 25%), la rinuncia da parte di uno di questi comporta che gli altri tre ottengono un’espansione della propria quota che, da un quarto, passa a un terzo (il 33%).

    Ogni rinuncia alla comproprietà rende più “ricchi” i restanti comproprietari che vedranno incrementare le proprie quote.

    Ci sono due tipi di rinunce:

    • rinuncia abdicata: il comproprietario rinunciante non è tenuto a sopportare tutte le spese dell’immobile successive alla cessione della sua quota, ma deve sostenere quelle sorte prima del giorno della rinuncia;
    • rinuncia liberatoria: è quella più usata; consente di evitare tutte le spese derivanti dall’immobile, non solo quelle future ma anche quelle passate. In pratica il comproprietario cede la sua quota, ma in compenso si libera di tutte le spese.

    Non è possibile rinunciare alla proprietà di un immobile solo nel caso in cui questi sia un bene condominiale. Il codice civile [1] vieta inderogabilmente la rinuncia alla comproprietà delle parti comuni dell’edificio o, magari, di quelle strade di accesso che sono in comune tra i proprietari di immobili.

    Quanto costa rinunciare alla proprietà di un immobile in comunione? È necessario andare dal notaio il quale deve redigere un atto di donazione. L’imposta da pagare varia a seconda del grado di parentela che c’è tra il rinunciante e gli altri comproprietari. Ad esempio, per i passaggi di proprietà in linea retta, ossia tra padre, figli e nipoti, non ci sono imposte se il valore del bene donato è inferiore a un milione di euro. Per i passaggi tra fratelli, invece, l’imposta è del 6% del valore dell’immobile, ma fino a 100mila euro non si paga nulla. Per i cugini, infine, l’imposta è sempre al 6% ma non c’è alcuna franchigia e si paga anche per valori minimi.

    Come rinunciare alla proprietà a favore dello Stato

    Se il proprietario dell’immobile è uno solo, anche questi può rinunciare alla proprietà del bene. Poiché, in tale ipotesi, non vi sono contitolari la cui quota viene arricchita, la proprietà integrale del bene passa direttamente allo Stato. A dirlo è il codice civile [2], anche se è capitato che l’Agenzia del Demanio abbia creato qualche ostacolo a tale prassi. A confermare però il diritto del cittadino di rinunciare alla proprietà a favore dello Stato è anche uno studio del Consiglio de Notariato [3].

    Quanto costa rinunciare alla proprietà di un immobile a favore dello Stato? Anche in questo caso è necessario recarsi da un notaio e fare una donazione. L’aliquota sulla cessione a favore dello Stato è sempre dell’8%.

    note

    [1] Art. 1118 cod. civ.

    [2] Art. 827 cod. civ.

    [3] Studio del Consiglio nazionale del notariato (n. 216-2014/C del 21 marzo 2014.

    Mutuo per coprire un altro mutuo: è legittimo?


    Mutuo per coprire un altro mutuo: è legittimo?


    Se nel contratto di mutuo viene specificata una specifica finalità per la quale i soldi vengono dati in prestito, questi non possono servire per ripianare un precedente debito.

    Hai un debito molto elevato per un mutuo che non sei riuscito a pagare e che, nel frattempo, ha maturato molti interessi. Ora la somma complessiva è lievitata e va ben oltre le tue possibilità. Nello stesso tempo la banca ti ha diffidato e vuole l’immediata restituzione delle somme. In una situazione del genere nessun’altra banca ti concederà un finanziamento. A sorpresa però è lo stesso direttore della banca creditrice a proporti una soluzione. L’offerta prevede la concessione di un nuovo mutuo che andrà a coprire ed estinguere integralmente il debito precedente; per te partirà da zero un nuovo piano di rate, spalmato su più anni. Insomma, ti viene concesso un mutuo per coprire un altro mutuo: è legittimo un contratto del genere? La questione è stata più volte risolta dalla giurisprudenza – in ultimo con una sentenza di due giorni fa [1] – nei termini di cui a breve diremo.

    Esistono due generi di mutui: quelli legati a uno scopo predeterminato, in cui le somme vengono erogate al cliente affinché questi le utilizzi secondo le finalità specificate nel contratto, e quelli invece “liberi”, dove cioè la banca si limita a pretendere un’ipoteca a propria garanzia, senza imporre al cliente un particolare uso del denaro. Nella prima ipotesi si parla di mutui di scopo e sono quelli, ad esempio, destinati alle ristrutturazioni di case ed aziende. Nel secondo caso invece si parla più genericamente di mutuo fondiario. Ebbene, la possibilità di avere un mutuo per coprire un altro mutuo è legata unicamente alla tipologia di finanziamento siglato dal cliente. In particolare, solo nel caso di mutuo di scopo è vietato l’impiego della disponibilità per scopi differenti da quelli convenuti in contratto come, appunto, il ripianamento di precedenti debiti.

    Invece, il mutuo fondiario non è un mutuo di scopo e non è un elemento essenziale la destinazione della somma data in prestito per determinate finalità. Pertanto l’utilizzo, da parte del mutuatario, delle somme ricevute dalla banca mutuante per estinguere delle precedenti passività accumulate (anche da parte di un altro soggetto come ad esempio il proprio figlio) nei confronti della banca medesima è del tutto lecito.

    La questione è stata affrontata, nei medesimi termini, anche dalla Cassazione, da ultimo con una ordinanza dello scorso mese [2] (leggi Mutuo per coprire il debito con la banca di un precedente mutuo). Anche la Corte ha detto che il mutuo di scopo è nullo quando sia stato stipulato, tra la banca e il mutuatario, allo scopo di usare i soldi per una diversa finalità da quella indicata in contratto.

    Per quanto strano possa sembrare, non sono poche le banche che commettono questo illecito. Tanto è vero che il precedente della Cassazione è tutt’altro che isolato. Già numerose volte, in passato, i giudici supremi hanno dichiarato nullo il mutuo per coprire il debito con la banca lasciato da un precedente mutuo non pagato.

    Qual è la conseguenza? Il mutuo è illegittimo. In altri termini il cliente può anche fare a meno di restituire le somme poiché il giudice, nell’accertare lo sviamento della finalità per la quale il prestito è stato concesso, non potrà che dichiararlo nullo.

    Fra l’altro non ci sono “termini di scadenza” per agire: la nullità, infatti, può essere fatta valere in qualsiasi momento senza termini di scadenza.

    note

    [1] Trib. Chieti sent. n. 219/17 del 2.11.2017.

    [2] Cass. ord. n. 24699/17 del 19.10.2017.