lunedì 29 gennaio 2018

Mutuo: tasso fisso o variabile. Quale conviene di più?


Mutuo: tasso fisso o variabile. Quale conviene di più?


Conviene di più scegliere un mutuo a tasso fisso o un mutuo a tasso variabile? Scopriamolo insieme

Quando si decide di accendere un mutuo, una delle prime domande che ci si pone è: quale mutuo scegliere? O meglio: quale tasso scegliere? Conviene di più scegliere un mutuo a tasso fisso oppure è più opportuno scegliere un mutuo a tasso variabile? A tanto cercheremo di rispondere nel presente articolo. Tuttavia, prima di comprendere quale tasso sia più conveniente, chiariamo cosa deve intendersi per mutuo a tasso fisso ed a tasso variabile.

Indice

Mutuo a tasso fisso: come funziona?

Nei mutui a tasso fisso, il tasso d’interesse rimane invariato per tutta la durata del mutuo, anche nel momento in cui dovessero insorgere dei cambiamenti nei mercati finanziari: la rata viene definita all’inizio e rimane bloccata fino alla fine del prestito. Questo perché l’ammontare del tasso fisso è legato all’Irs (Euro interest rate swap) e allo spread imposto dalla banca, ossia al guadagno che quest’ultima trarrà dall’operazione. Entrambi ben definiti e non modificabili dal momento successivo alla sottoscrizione del prestito. Bisogna tenere comunque presente che l’Irs è un valore che cambia giorno per giorno, ragion per cui è molto importante, per la definizione del tasso fisso, il momento in cui si accende il mutuo.

Mutuo a tasso variabile: come funziona?

Nei mutui a tasso variabile il tasso di interesse non rimane sempre lo stesso, essendo legato a due parametri: allo spread, che corrisponde, come nel caso del tasso fisso, al margine di guadagno della banca nella concessione del prestito, e all’Euribor (Euro Interbank Offered Rate), che equivale all’attuale costo del denaro per le banche. Quest’ultimo parametro è soggetto a variazioni temporali. Quindi, la banca ogni uno, tre, sei o dodici mesi – in base a quanto specificato nel contratto del prestito – verifica il nuovo valore dell’Euribor e provvede ad aggiornare la rata del mutuo.

Tasso fisso o variabile: quale conviene?

Una volta spiegata (sia pur brevemente) la differenza tra tasso fisso e variabile, possiamo tornare alla domanda che ci siamo posti ad incipit del presente articolo, vale a dire: conviene di più scegliere un mutuo a tasso fisso oppure è più opportuno scegliere un mutuo a tasso variabile? Ebbene, rispondere a questa domanda non è così semplice, poiché non esiste una risposta assoluta. Si tratta, infatti, di una scelta che vincolerà per diversi anni il sottoscrittore. Il vantaggio dell’una o dell’altra scelta dipende, inoltre, dal profilo economico del sottoscrittore, dalle sue aspettative economiche a breve e a lungo termine e, soprattutto, dalla situazione dei mercati finanziari nel momento in cui viene richiesto il mutuo. Ciò che, dunque, analizzeremo nel presente articolo è la scelta più conveniente nell’attuale periodo.

Mutuo: tasso fisso o variabile?

Attualmente è in forte aumento il numero degli Italiani che sceglie di accendere un mutuo a tasso variabile: se a settembre 2017, la scelta del mutuo a tasso variabile corrispondeva ad una fetta del 20% del totale delle erogazioni, ad oggi (novembre 2017) la percentuale è pari al 30%. Un aumento di mutui a tasso variabile così forte ed in così poco tempo è molto significativo. Eppure, il mutuo a tasso variabile, al meno sulla carta, è quello tecnicamente più rischioso proprio perché soggetto – come spiegato sopra – ad eventuali rialzi dei tassi di interesse che fanno salire la rata, a differenza di quanto accade per il mutuo a tasso fisso, la cui rata resta immutabile per tutta la durata del prestito (non a caso il 70% degli Italiani continua a scegliere questa forma di tassazione del mutuo).

Tasso variabile: perché, ad oggi, conviene di più?

Ad oggi molti italiani scelgono di accendere un mutuo a tasso variabile poiché c’è fondato motivo di ritenere che, per quanto i tassi di interesse potrebbero aumentare, questi aumenti saranno molto lenti e soprattutto molto bassi. Al riguardo, anche Mario Draghi, governatore della Banca Centrale Europea, ha affermato che i tassi di interesse resteranno bassi per un lunghissimo periodo di tempo.

Mutuo a tasso fisso o variabile: quanto costa?

Ad oggi, è più conveniente accendere un mutuo a tasso variabile anche stando ai costi. Attualmente, il miglior mutuo a tasso fisso si stipula intorno al 2,1%; mentre il miglior mutuo a tasso variabile costa solo lo 0,8%. Ecco, dunque, spiegato il motivo per il quale ad oggi è più conveniente stipulare un mutuo a tasso variabile. Ed infatti, se è vero che chi sceglie un mutuo a tasso variabile si sottopone al rischio della mutevolezza della rata, è pur vero che – stando anche alle dichiarazioni ufficiali – anche se vi sarà un aumento, questo sarà lento e molto ridotto.

domenica 28 gennaio 2018

rinnovo cedolare secca con il 10% aliquota per i contratti a canone concordato



Prorogata nel biennio 2018-2019 la cedolare secca al 10% sugli affitti a canone concordato. A prevederlo l’ultima legge di bilancio 2018.

Cedolare secca 2018

La cedolare secca sugli affitti  è un regime opzionale per i contratti di locazione di immobili ad uso abitativo effettuati tra persone fisiche che non agiscono nell’esercizio di un’attività d’impresa o professionale. Esso prevede il pagamento di un’imposta sostitutiva di Irpef e addizionali per il reddito derivante dall’affitto dell’immobile e l’esenzione dal pagamento dell’imposta di registro e dall’imposta di bollo per registrazioni, risoluzioni e proroghe del contratto.

L’imposta sostitutiva è pari al 21% del canone di locazione annuo stabilito dalle parti, salvo che per i contratti a canone concordato, per cui si applica un’aliquota del 15% (ridotta al 10% nel quadriennio 2014-2017). La stessa aliquota è prevista anche per i contratti di locazione stipulati nei Comuni per i quali è stato deliberato, nei 5 anni precedenti la data di entrata in vigore della legge di conversione del Dl n. 47/2014 (28 maggio 2014), lo stato di emergenza a seguito del verificarsi di eventi calamitosi. Per i contratti sotto cedolare secca non andranno pagate l’imposta di registro e l’imposta di bollo, ordinariamente dovute per registrazioni, risoluzioni e proroghe dei contratti di locazione. La cedolare secca non sostituisce l’imposta di registro per la cessione del contratto di locazione. Scegliendo la cedolare secca, il locatore rinuncia alla facoltà di chiedere l’aggiornamento del canone di locazione, anche se è previsto nel contratto, inclusa la variazione accertata dall’Istat dell’indice nazionale dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati dell’anno precedente. 

Cedolare secca 2018: quando si può esercitare la scelta

E’ possibile optare per la cedolare secca sia alla registrazione del contratto sia negli anni successivi, in caso di affitti pluriennali. Quando l’opzione non viene esercitata all’inizio, la registrazione segue le regole ordinarie; in questo caso, le imposte di registro e di bollo sono dovute e non sono più rimborsabili. In caso di proroga del contratto, è necessario confermare l’opzione della cedolare secca contestualmente alla comunicazione di proroga. La conferma dell’opzione deve essere effettuata entro 30 giorni dalla scadenza del contratto o di una precedente proroga.

L’opzione può essere esercitata per unità immobiliari appartenenti alle categorie catastali da A1 a A11 (esclusa l’A10 – uffici o studi privati) locate a uso abitativo e per le relative pertinenze, locate congiuntamente all’abitazione, oppure con contratto separato e successivo rispetto a quello relativo all’immobile abitativo, a condizione che il rapporto di locazione intercorra tra le medesime parti contrattuali, nel contratto di locazione della pertinenza si faccia riferimento al quello di locazione dell’immobile abitativo e sia evidenziata la sussistenza del vincolo pertinenziale con l’unità abitativa già locata. Il regime della cedolare non può essere applicato ai contratti di locazione conclusi con conduttori che agiscono nell’esercizio di attività di impresa o di lavoro autonomo, indipendentemente dal successivo utilizzo dell’immobile per finalità abitative di collaboratori e dipendenti.

Cedolare secca 2018:l’imposta sostitutiva

L’imposta sostitutiva si calcola applicando un’aliquota del 21% sul canone di locazione annuo stabilito dalle parti.

È, inoltre, prevista un’aliquota ridotta per i contratti di locazione a canone concordato relativi ad abitazioni ubicate:

  • nei comuni con carenze di disponibilità abitative (articolo 1, lettera a) e b) del dl 551/1988). Si tratta, in pratica, dei comuni di Bari, Bologna, Catania, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Palermo, Roma, Torino e Venezia e dei comuni confinanti con gli stessi nonché gli altri comuni capoluogo di provincia
  • nei comuni ad alta tensione abitativa (individuati dal Cipe).

Dal 2013 l’aliquota per questi contratti è pari al 15% (Dl 102/2013), ridotta al 10% per il quadriennio 2014-2017. Il Dl 47/2014 ha disposto che la stessa aliquota sia applicabile anche ai contratti di locazione stipulati nei comuni per i quali è stato deliberato, nei 5 anni precedenti la data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto (28 maggio 2014), lo stato di emergenza a seguito del verificarsi di eventi calamitosi. Infine, con la legge di bilancio 2018 è stata prorogata di altri 2 anni (2018 e 2019) l’aliquota ridotta al 10% per i contratti a canone concordato.

sabato 27 gennaio 2018

Fondo mutui prima casa 2018



Fondo di garanzia statale mutui per chi acquista o ristruttura la prima casa: come beneficiare del mutuo agevolato.

Anche per il 2018 e per gli anni a seguire, fino ad esaurimento delle risorse disponibili, è possibile beneficiare del Fondo di garanzia statale mutui l’acquisto o ristrutturazione della prima casa.

Vediamo come funziona il fondo mutui prima casa e chi può accedervi.

Fondo di garanzia mutui prima casa: cos’è

Il Fondo di garanzia per la prima casa, istituito presso il Ministero dell’economia e delle finanze e gestito da Consap S.p.a., consente di richiedere mutui ipotecari fino a 250.000 euro avvalendosi delle garanzie statali per la metà dell’importo [1]. La garanzia è prevista sia per l’acquisto che per la ristrutturazione della prima casa.

Più precisamente, il Fondo rilascia garanzie, a prima richiesta, nella misura massima del 50% della quota capitale su mutui ipotecari o su portafogli di mutui connessi all’acquisto e/o ad interventi di ristrutturazione e accrescimento di efficienza energetica di immobili adibiti ad abitazione principale.

Requisiti Fondo di garanzia mutui prima casa

Sono ammessi alla garanzia del Fondo i mutui ipotecari erogati da banche o intermediari finanziari:

  • di importo non superiore a 250 mila euro;
  • destinati all’acquisto di immobili adibiti ad abitazione principale, anche con accollo da frazionamento, non rientranti nella categorie catastali A1, A8 e A9 o con caratteristiche di lusso, e a interventi di acquisto e ristrutturazione ed accrescimento dell’efficienza energetica.

Accedendo al Fondo, la banca, garantita dallo Stato, non può richiedere al mutuatario ulteriori garanzie personali (per esempio garanzie dei genitori) oltre all’ipoteca e all’eventuale assicurazione.

L’elenco delle banche e degli intermediari aderenti al Fondo garanzia è disponibile sul sito della Consap S.p.a.

Benefici del Fondo Garanzia mutui prima casa

Il Fondo offre garanzie statali pari al 50% della quota capitale del mutuo richiesto, facilitando così l’accesso al credito.

Il Fondo è aperto a tutti, indipendentemente dall’età; non ci sono neppure limiti di reddito dei mutuatari.

E’ però previsto un tasso applicato al mutuo non superiore al Tasso Effettivo Globale Medio (TEGM) pubblicato trimestralmente dal Ministero dell’Economia e delle Finanze ai sensi delle legge antiusura per i mutui erogati a:

  • giovani coppie: nuclei familiari costituiti da almeno due anni, coniugati o conviventi more uxorio, con uno dei componenti con età inferiore ai trentacinque anni;
  • nucleo monogenitoriale con figli minori: persona singola non coniugata, separata, divorziata o vedova con almeno un figlio convivente minore;
  • giovani di età inferiore ai 35 anni titolari di un rapporto di lavoro atipico;
  • conduttori di alloggi di proprietà degli Istituti autonomi per le case popolari.

Le banche e gli intermediari finanziari possono adottare, a favore di coloro che hanno difficoltà nel pagamento delle rate del mutuo, la sospensione dei pagamenti delle rate e/o le altre misure facoltative.

Come accedere al Fondo di garanzia mutui prima casa

La domanda di accesso al Fondo deve essere presentata direttamente alla Banca aderente all’iniziativa cui si richiede il mutuo, utilizzando l’apposita modulistica per la richiesta di accesso al Fondo di garanzia per la prima casa disponibile sul sito di Consap S.p.a, su quello del Dipartimento del Tesoro e delle Banche aderenti.

La Legge per tutti|Maria Monteleone

Detrazioni Irpef per la casa: la tabella di Confedilizia



Anche nel 2018, i contribuenti potranno usufruire di detrazioni fiscali sulle spese sostenute per la propria casa. Dall'acquisto di nuovi elettrodomestici e mobili (rigorosamente in classe a) ai lavori di ristrutturazione e di riqualificazione del proprio immobile. Confedilizia le ha riassunte in un'utile tabella.

Le agevolazioni più importanti di cui potranno usufruire i contribuenti, contenute nella tabella, sono le seguenti:

  • Ristrutturazioni edilizie
  • Acquisto mobili e grandi elettrodomestici
  • Interventi per il risparmio energetico
  • Interventi per il risparmio energetico su parti comuni di edifici condominiali
  • Interventi antisismici
  • Interventi su verde

Per tutte le informazioni scarica la tabella di Confedilizia

PDF icon tabella-agevolazioni-fiscali-2018.pdf

Fonte idealista

Bonus mobili 2018, la guida aggiornata dell'Agenzia delle Entrate


L'Agenzia delle Entrate ha pubblicato la guida aggiornata a gennaio 2018 con tutte le informazioni utili sulla detrazione Irpef del 50% per l'acquisto di mobili e di grandi elettrodomestici, destinati ad arredare un immobilie oggetto di ristrutturazione

L’agevolazione è stata prorogata dalla recente legge di bilancio anche per gli acquisti che si effettuano nel 2018, ma può essere richiesta solo da chi realizza un intervento di ristrutturazione edilizia iniziato non prima del 1° gennaio 2017.

Per gli acquisti effettuati nel 2017, invece, è possibile fruire della detrazione solo se l’intervento di ristrutturazione è iniziato in data non anteriore al 1° gennaio 2016.

Infine, se l’acquisto del mobile o dell’elettrodomestico è avvenuto nel periodo compreso tra il 6 giugno 2013 e il 31 dicembre 2016, il presupposto per poter usufruire della detrazione rimane quello di aver sostenuto spese per interventi di recupero del patrimonio edilizio a partire dal 26 giugno 2012.

Per avere l’agevolazione è indispensabile ealizzare una ristrutturazione edilizia (e usufruire della relativa detrazione), sia su singole unità immobiliari residenziali sia su parti comuni di edifici, sempre residenziali.

PDF icon guida_bonus_mobili_2018.pdf


fonte idealista

La casa continua a essere un investimento per gli italiani”



Nel tempo la domanda di abitazioni è cambiata e nei prossimi anni il mercato dovrà essere in grado di far fronte a quelli che saranno i nuovi acquirenti. Ma in questo scenario, con le nuove generazioni travolte dalla crisi e un tessuto sociale in trasformazione, nel futuro dell’immobiliare si affaccia con insistenza la locazione. A spiegare cosa sta accadendo al settore, al di là dei dati sulle compravendite, è Mario Condò de Satriano, presidente del Centro Studi Fiaip, che parlando a idealista news ha posto l’accento su un aspetto interessante e ha affermato: “L’immobile continua a essere un investimento per gli italiani”.

Cosa sta accadendo sul fronte delle locazioni?

I dati definitivi li avremo da qui a qualche settimana, ma sicuramente il trend è positivo. C’è stato un aumento del livello delle locazioni. Un dato in controtendenza con quello che viene spesso sostenuto: ossia che l’immobile non è più un investimento.

Al contrario si può dire che ci sia un ritorno dell’investimento immobiliare?

Oggi su un immobile di target medio basso si ha un rendimento del 4-5% l’anno. Considerando i rendimenti negativi dei titoli di Stato e le performance negative delle Borse, si tratta di un dato assolutamente importante.

Per non parlare poi dei rendimenti di gran lunga superiori degli immobili destinati a case vacanze e b&b, in questi casi però c’è un’attività di carattere lavorativo.

Nel dettaglio, in questo scenario che ruolo ha e avrà l’investimento?

Anche in questo lungo periodo di crisi l’immobile continua a essere un investimento per gli italiani. I piccoli risparmiatori hanno sempre preferito l’immobile e continuano a preferirlo. Continuano a investire sulla casa, che dà un buon rendimento.

Sui grandi investitori pesa la problematica di carattere fiscale, che in questo momento grava sul settore immobiliare.

Il carico fiscale è enorme e non si vedono promesse sulla casa da parte delle forze politiche che si stanno candidando alle elezioni. E’ invece indispensabile intervenire con una riforma fiscale dell’immobiliare.

Quali sono i fattori che stanno favorendo le locazioni?

Qui i riflettori si accendono sulla generazione dei cosiddetti Millennials e quindi sulla flessibilità del lavoro, sul non dover stare necessariamente in un determinato quartiere o in una determinata città. C’è una propensione a muoversi e a cambiare attività.

E poi, purtroppo, quella dei Millennials è una generazione che non conosce il cosiddetto posto fisso, fatto che apre un ragionamento ampio sulle banche.

Se gli istituti di credito non cambieranno il loro modo di valutare il merito creditizio dei soggetti acquirenti, tra qualche anno ci troveremo di fronte a una serie di richiedenti che non avranno i requisiti necessari per ottenere un finanziamento. E questo sarà un problema.

Nel complesso, qual è la situazione del mercato immobiliare?

Sul fronte delle transazioni, c’è stato un aumento generalizzato del numero di compravendite, anche se non come gli anni scorsi. I prezzi sono rimasti stabili nelle grandi città. Le province, invece, continuano a registrare una minima diminuzione.

A conti fatti, come sta cambiando il settore?

Purtroppo, non sta cambiando. Il settore avrebbe bisogno di grossi investimenti, soprattutto in quelle che sono le periferie delle città. E’ qui che dovrebbero concentrarsi la maggior parte degli investimenti, in modo da renderle sempre di più parte integrante delle metropoli. Allo stato attuale questo non c’è. Stenta poi a decollare una cultura energetica, specialmente nelle grandi città.

fonte idealista

domenica 14 gennaio 2018

Detrazione acquisto box 2018, spetta anche al familiare convivente?


 

La detrazione del 50% per l'acquisto di un box auto pertinenziale è stata prorogata anche al 2018? Ad usufruire del bonus può essere anche il familiare convivente che ha effettivamente sostenuto la spesa? A rispondere a queste domande è l'Agenzia delle Entrate nella sua rubrica FiscoOggi

La legge di Stabilità 2018 ha prorogato anche per l'anno in corso le detrazioni delle spese per gli interventi di ristrutturazione del patrimonio edilizia. Tra questi ono compresi anche quelli relativi alla realizzazione di autorimessi o posti auto, o all'acquisto di pertinenze già realizzate. In questo caso, la detrazione spetta limitatamente alle spese sostenute per la realizzazione del box e sempre che le stesse siano dimostrate da apposita attestazione rilasciata dal venditore. Condizione essenziale per usufruire dell’agevolazione è, comunque, la sussistenza del vincolo pertinenziale tra l’abitazione e il box, che deve risultare già all'atto dell'acquisto.

La detrazione spetta al familiare convivente che abbia effettivamente sostenuto la spesa, a condizione che nella fattura sia annotata la percentuale di spesa da quest’ultimo sostenuta (circolare n. 11/E del 21 maggio 2014, paragrafo 4.6).

Legge di Bilancio 2018, cedolare secca al 10%


 

Nella legge di Stabilità 2018 è contenuta la proroga anche per il biennio 2018-2019 della cedolare secca al 10% per gli affitti a canone concordato. Alle locazioni di mercato si applica invece l'aliquota standard del 21%.

La cedolare ridotta si applica, secondo quanto chiarito dall'Agenzia delle Entrate, ai "contratti di locazione che, oltre a essere riferiti a unità immobiliari ubicate nei comuni con carenze di disponibilità abitative (Bari, Bologna, Catania, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Palermo, Roma, Torino e Venezia, nonché i comuni confinanti con gli stessi e gli altri comuni capoluogo di provincia) e negli altri comuni ad alta tensione abitativa individuati dal Comitato interministeriale per la programmazione economica (Cipe), siano stipulati a canone concordato sulla base di appositi accordi tra le organizzazioni della proprietà edilizia e degli inquilini (articolo 9, comma 1, Dl 47/2014)".

Il contratto di locazione a canone concordato è caratterizzato da un canone calmierato, a differenza del canone libero che dipende dai prezzi di mercato. Tale tipologia può essere utilizzata per i contratti a uso abitativo, a uso transitorio e per gli studenti universitari. Riguarda le abitazioni di proprietà dei privati concesse in locazione a privati, studenti e cooperative/enti senza scopi di lucro.

Nel contratto di locazione a canone concordato il canone non può superare un tetto massimo stabilito da accordi territoriali tra le principali organizzazioni dei proprietari e degli inquilini. La durata del contratto di locazione a canone concordato può essere di 3 anni + 2 di rinnovo (o 3) per le abitazioni; di 6 mesi fino a 3 anni per gli studenti universitari; di 1 mese fino a 18 mesi per i contratti transitori.

Nel 2018 nessun grande cambiamento nelle rate dei mutui variabili


News Gruppo Immobiliare.it|Giulia Rabbone

Grazie al contributo della Bce, che continuerà a immettere liquidi sui mercati anche nel 2018, i due terzi delle famiglie italiane, ovvero quelle che hanno sottoscritto un mutuo a tasso variabile, potranno dormire sonni tranquilli.

La tregua continua

Secondo gli esperti, nel nostro paese come in tutta l’Eurozona la situazione dovrebbe rimanere stazionaria ancora a lungo: non si prevedono aumenti nei tassi di interesse per buona parte del 2018 e forse addirittura oltre. Ciò significa che le rate dei mutui variabili rimarranno al di sotto delle medie storiche, per la gioia delle numerose famiglie che li hanno scelti o che li sceglieranno nei prossimi mesi (sebbene gli ultimi tre anni abbiano visto una netta prevalenza dei prodotti a tasso fisso).

Ulteriori previsioni

Se l’Euribor, che viene utilizzato come strumento per determinare gli interessi da versare, si manterrà su valori negativi, l’Eurirs, usato come base per il calcolo dell’interesse fisso, subirà molto probabilmente un rialzo. Tuttavia, anche grazie alle offerte promosse dalle diverse banche nazionali, è probabile che la maggior parte delle famiglie italiane seguirà il trend del 2017: anno in cui si è registrato il boom di mutui a tasso fisso. In linea generale, è infine ragionevole supporre una diminuzione delle erogazioni. Questo perché le richieste di surroga (cioè il trasferimento di un mutuo presso un altro istituto bancario a condizioni più favorevoli) continueranno a scendere, dal momento che sarà difficile migliorare la situazione attuale.

di Laura Fabbro

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martedì 9 gennaio 2018

Mutuo troppo alto: ecco come ridurlo


Mutuo troppo alto: ecco come ridurlo

L’AUTORE: Annamaria Zarrelli

Annamaria Zarrelli 

Se il mutuo è troppo oneroso ci sono diversi modi per ridurlo. Vediamo quali

Se il mutuo è diventato troppo alto, mentre le tue possibilità economiche cominciano a vacillare, puoi cercare di ridurlo. In queste ipotesi “le strade del risparmio” sono tante. Difatti, in determinati casi è possibile sospendere il pagamento del mutuo: troverai tutte le informazioni utili leggendo Mutuo: come sospendere il pagamento delle rate

Un’altra strada che si può percorrere è quella della surroga, attraverso la quale si può trasferire il mutuo originario in un’altra banca che offre un tasso più conveniente o a condizioni più favorevoli. Leggi al riguardo: Mutuo: cos’è la surroga?

È possibile, inoltre, rivolgersi alla propria banca per chiedere una rinegoziazione del proprio mutuo. Di tanto parleremo nel presente articolo. Vediamo, dunque, in cosa consiste la rinegoziazione del mutuo, cosa comporta, quali sono i suoi effetti e vantaggi. Procediamo con ordine.

La rinegoziazione del mutuo

La rinegoziazione del mutuo consiste nella modifica di una o più condizioni contenute nel contratto di mutuo. Scopo della rinegoziazione è proprio quello di favorire il mutuatario (colui, cioè, che ha acceso il mutuo), consentendogli di trovare soluzioni più soddisfacenti rispetto alla propria (peggiorata) situazione economica. Dunque, l’unico presupposto affinché si possa chiedere e ottenere una rinegoziazione del mutuo  è la sopravvenienza di elementi successivi che hanno alterato il rapporto originario. In tali casi, infatti, il mutuatario potrà rivolgersi alla propria banca spiegando le proprie esigenze e necessità, così da ricercare una soluzione condivisa.

In sostanza, con la rinegoziazione il mutuatario e la banca si accordano per modificare alcune condizioni e clausole contenute nel contratto di mutuo originario (c.d. rinegoziazione volontaria). Attenzione: né la banca né il cliente possono esigere una modifica unilaterale delle condizioni del mutuo.

È importante sottolineare, inoltre, che la rinegoziazione del mutuo avviene senza spese e può essere effettuata mediante scrittura privata anche non autenticata. Per intenderci, quindi, la rinegoziazione può avvenire  anche attraverso uno scambio di corrispondenza tra banca e cliente. In ogni caso, non è necessario l’intervento di un notaio.

Rinegoziazione del mutuo: cosa ha ad oggetto?

La rinegoziazione può avere ad oggetto qualsiasi mutuo, senza limiti di tempo. Con la rinegoziazione è possibile modificare la durata del mutuo, il tasso applicato, il sistema di indicizzazione, lo spread, le commissioni legate al mutuo, ecc.

Facciamo alcuni esempi: con riferimento alla tipologia di mutuo, è possibile passare da un mutuo a tasso variabile a uno a tasso fisso per garantire la stabilità delle rate rispetto al verificarsi di fluttuazioni dei tassi. Ovviamente è possibile anche l’operazione inversa e cioè il passaggio da un mutuo a tasso fisso ad uno a tasso variabile. Con riferimento ai tassi di interesse applicati, è possibile chiedere una rinegoziazione della loro misura (rivedendo, ad esempio, la misura dello spread applicato dalla banca in aggiunta al tasso di mercato di riferimento). Circa la durata del mutuo, è possibile chiederne un prolungamento (passando, ad esempio, da un mutuo ventennale ad uno trentennale): in questo modo aumenteranno (complessivamente) gli interessi, ma si ridurrà sensibilmente  l’importo delle singole rate di rimborso.

Rinegoziazione del mutuo: i vantaggi

La rinegoziazione consente di ottenere una serie di vantaggi. Vediamo quali.

  • il precedente contratto non si estingue e non vi è necessità di accenderne uno nuovo, con risparmio di spese e oneri notarili;
  • il mutuatario non perde i benefici fiscali inizialmente previsti per il primo contratto;
  • non sono previste spese di rinegoziazione, né l’applicazione di imposte e tasse a carico dei mutuatari;
  • le garanzie già iscritte a fronte del mutuo oggetto di rinegoziazione continueranno a sussistere. Quindi, per intenderci, l’ipoteca a garanzia del mutuo originario continua ad assistere il rimborso del debito, senza il compimento di alcuna formalità o annotazione.

Sospensione rate mutuo, Abi: “Prorogata al 31 luglio 2018”

Gtres 



Per le famiglie italiane che hanno un mutuo e più in generale un debito da restituire, arriva un sospiro di sollievo. L’Associazione bancaria italiana (Abi) ha infatti comunicato che è stato prorogato al 31 luglio 2018 l’Accordo Abi-Associazioni dei Consumatori sulla “Sospensione della quota capitale dei crediti alle famiglie”.​

Nel dettaglio, l’Abi ha sottolineato che, realizzata a marzo 2015, la nuova moratoria per 12 mesi sulla quota capitale del proprio finanziamento – tra mutuo prima casa e credito al consumo – ha interessato fino ad ottobre 2017 già 16.642 famiglie che hanno potuto sospendere rate per un controvalore complessivo di 475 milioni di euro.

La maggior liquidità messa a disposizione nei 12 mesi di sospensione è stata pari a 118 milioni di euro.

L’analisi relativa alla ripartizione territoriale delle domande ha inoltre evidenziato:

  • per le operazioni di finanziamento al consumo > Nord (35,7%), Centro (23%), Sud e Isole (41,3%);
  • per i mutui > Nord (49,3%), Centro (26,4%), Sud e Isole (24,3%).​

sabato 6 gennaio 2018

Il Comune può cambiare la classe catastale di un immobile?


Il Comune può cambiare la classe catastale di un immobile?

L’AUTORE: Maria Monteleone

Maria Monteleone


Il Comune può legittimamente chiedere la revisione parziale del classamento degli immobili che si trovino in microzone nelle quali il rapporto tra il valore medio di mercato e il corrispondente valore medio catastale, ai fini dell’applicazione dell’Imu/Ici, si discosta significativamente dal rapporto relativo all’insieme delle microzone comunali.

È quanto affermato dalla Corte Costituzionale [1] che, con una recente sentenza, ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale riguardante la facoltà di riclassamento catastale da parte dei Comuni (prevista dalla Legge Finanziaria del 2005).

Indice

Cosa sono le microzone comunali

La microzona rappresenta una porzione del territorio comunale (in molti casi, coincidente con l’intero Comune) che presenta omogeneità nei caratteri di posizione, urbanistici, storico-ambientali, socioeconomici, nonché nella dotazione dei servizi e infrastrutture urbane. In ciascuna microzona le unità immobiliari sono uniformi per caratteristiche tipologiche, epoca di costruzione e destinazione prevalente.

Cosa vuol dire revisione del classamento

La revisione del classamento (cioè della categoria e della classe) comporta la variazione delle rendite catastali delle unità immobiliari.

La categoria catastale viene attribuita in base alla destinazione d’uso e alle caratteristiche costruttive dell’immobile; la classe viene determinata, in primo luogo, in base al contesto urbano di ubicazione e, in secondo luogo, con riferimento alle altre caratteristiche proprie dell’unità immobiliare non considerate per l’attribuzione della categoria.

Riclassamento immobili: cosa dice la legge

La norma [2] oggetto di scrutinio da parte della Corte Costituzionale prevede che la revisione parziale del classamento delle unità immobiliari di proprietà privata site in microzone comunali, per le quali il rapporto tra il valore medio di mercato individuato e il corrispondente valore medio catastale, ai fini dell’applicazione dell’imposta comunale sugli immobili, si discosta significativamente dall’analogo rapporto relativo all’insieme delle microzone comunali, è richiesta dai Comuni agli Uffici provinciali dell’Agenzia del territorio. Quest’ultima, esaminata la richiesta del Comune e verificata la sussistenza dei presupposti, attiva il procedimento revisionale con provvedimento direttoriale.

Riclassamento immobili: cosa dice la Corte Costituzionale

Per la Corte Costituzionale la norma della Finanziaria 2005 sopra citata è legittima. Secondo i giudici, la decisione di operare una revisione del classamento per microzone si basa sul dato che la qualità del contesto di appartenenza dell’unità immobiliare rappresenta una componente fisiologicamente idonea ad incidere sul valore del bene, tanto che il fattore “posizione” già costituisce una delle voci prese in considerazione dal sistema catastale in generale.

È quindi ragionevole che l’accertamento di una modifica del valore degli immobili presenti in una determinata microzona abbia una ricaduta sulla rendita catastale. Il conseguente adeguamento, proprio in quanto espressione di una maggiore capacità contributiva dei proprietari dell’immobile, è volto in sostanza ad eliminare una sperequazione esistente a livello impositivo.

È bene ricordare, peraltro, che la natura e le modalità del riclassamento enfatizzano l’obbligo di motivazione in merito agli elementi che hanno, in concreto, interessato una determinata microzona, così incidendo sul diverso classamento della singola unità immobiliare.

Il Comune deve quindi motivare adeguatamente il riclassamento, indicando i valori di mercato e catastali che hanno giustificato la variazione. Secondo i giudici, l’obbligo di motivazione, proprio in considerazione del carattere “diffuso” dell’operazione, deve essere assolto in maniera rigorosa, così da porre il contribuente in condizione di conoscere le concrete ragioni che giustificano il provvedimento.

È stata ritenuta infondata la tesi secondo la quale la rivalutazione “massiva” degli immobili, colpendo indiscriminatamente tutte le unità immobiliari di una determinata microzona senza alcuna verifica concreta del singolo bene, esporrebbe l’amministrazione medesima ad una altrettanto “massiva” opposizione da parte dei contribuenti interessati.

note

[1] Corte Cost. sent. n. 249 del 1.12.2017

[2] Art. 1, c. 335, L. n. 311/2004.

Sanatoria non citata nella vendita immobiliare: quali conseguenze?


Sanatoria non citata nella vendita immobiliare: quali conseguenze?


Hai acquistato un appartamento. Dopo qualche settimana ti sei accorto di un piccolo abuso edilizio per dei lavori fatti dal precedente proprietario e mai regolarizzati. Di ciò non è stata fatta menzione nel rogito notarile né il venditore ti aveva mai informato. Così lo contatti immediatamente per ottenere, quantomeno, la restituzione di una parte del prezzo di acquisto: conosci i tuoi diritti e sai bene che la vendita di un immobile con un abuso edilizio è nulla. Quest’ultimo però ti rassicura e ti mostra la sanatoria ottenuta dal Comune poco prima della vendita: «Tutto lecito» ti dice; «il contratto è salvo». Tu però insisti: correttezza avrebbe imposto che fossi informato dell’irregolarità edilizia. Chi ha ragione? Quali sono le conseguenze se la sanatoria non viene citata nella vendita immobiliare? La risposta è stata fornita da una recente sentenza del Tribunale di Trento [1]. Ecco cosa è stato detto in questa occasione.

In generale la Cassazione ha sempre detto che la compravendita di un immobile con un abuso edilizio, se l’irregolarità non viene citata nel contratto definitivo – quello cioè stipulato davanti al notaio (il cosiddetto rogito) – è nulla. In altre parole l’acquirente, restituendo l’appartamento, può ottenere indietro il prezzo pagato e il risarcimento dell’eventuale danno per l’affare rivelatosi inutile e infruttuoso. Come abbiamo spiegato in Vendita di immobile abusivo: conseguenze, una legge del 1985 [2] stabilisce che è nullo il rogito con cui si trasferisce la proprietà di una casa se, in esso, manca l’indicazione degli estremi della licenza o della concessione a edificare o della sanatoria. Al contrario, qualora il rogito faccia chiara menzione della situazione di abusivismo, il contratto è valido. L’acquirente che non viene messo al corrente dell’abuso edilizio può agire sia nei confronti del venditore che del notaio.

Ma non è tutto. Il contratto di vendita di un immobile è nullo non solo quando nella casa vi è un abuso e manca pertanto la concessione edilizia, ma anche se l’atto definitivo non riporta gli estremi di un’eventuale sanatoria rilasciata dal Comune. Anche se l’abuso è stato regolarizzato, la vendita può essere ugualmente impugnata qualora il condono non sia menzionato nel rogito: un dovere di correttezza e trasparenza ineliminabile, specie nel caso di vendite così delicate (e costose) come quelle immobiliari. Peraltro tale invalidità scatta in automatico, sia che la concessione in sanatoria o il condono siano effettivamente esistenti o meno.

Da tali norme si può dunque ricavare – aggiunge il tribunale – che non è ammissibile il trasferimento di immobili privi della concessione o della licenza in sanatoria; e che, allo stesso modo, sono «sanzionati con la nullità» anche gli atti in cui non sono indicati gli estremi delle sanatorie rilasciate sugli immobili oggetto del trasferimento.

L’unico modo per sanare la nullità della vendita di un immobile che non cita il condono edilizio è con «un nuovo e distinto atto con cui si provveda alla comunicazione dei dati mancanti». Ma, per far questo, c’è necessità del consenso di entrambe le parti.

note

[1] Trib. Trento sent. 901/17 del 15.09.2017.

[2] Art. 40 Legge n. 47/1985.

Comunicazione disdetta contratto locazione, cosa succede se il conduttore non riceve la lettera


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Cosa accade nel caso in cui il proprietario di un immobile invii una lettera di disdetta del contratto di locazione, ma il conduttore non la riceva? A fornire delucidazioni è la Corte di Cassazione.

Come evidenziato da La legge per tutti, la Corte di Cassazione, con sentenza n. 2.756 del 2013, precisato che la disdetta intimata dal locatore con lettera raccomandata a mezzo del servizio postale, non consegnata al conduttore destinatario per l’assenza sua e delle persone abilitate dalla legge a riceverla, si presume pervenuta alla data in cui il postino ha rilasciato il relativo avviso di giacenza presso l’ufficio postale, restando irrilevante ai fini della tempestività della disdetta il periodo legale del compimento della giacenza e quello che intercorre tra l’avviso di giacenza e l’eventuale ritiro da parte del destinatario.

Questo significa che se il locatore spedisce la disdetta con lettera raccomandata a.r. e il conduttore (o altri membri conviventi della sua famiglia), al momento della consegna da parte del postino, sia assente, allora la data alla quale far riferimento per verificare se la disdetta è stata tempestiva (rispetto ai sei mesi precedenti alla scadenza contrattuale) è la data in cui il postino ha rilasciato l’avviso di giacenza (usualmente ciò avviene lo stesso giorno della tentata consegna immettendo apposito avviso nella cassetta postale) e non la data in cui la giacenza ha termine e il plico viene rispedito al mittente.

Quando serve l’autorizzazione paesaggistica?



Per costruire ed edificare in alcune aree occorre ottenere un provvedimento amministrativo di autorizzazione: quando serve l’autorizzazione paesaggistica?

Intervenire attraverso costruzioni o modifiche dell’ambiente in determinate aree non è liberamente e in maniera autonoma possibile ai cittadini, in quanto la tutela dell’ambiente e la regolamentazione del paesaggio, che sono qualificabili come beni pubblici, non è lasciata dalla legge alla volontà dei privati. Esistono infatti particolari aree soggette a tutela paesaggistica, nelle quali occorre ottenere preventivamente un’apposita autorizzazione da parte della pubblica amministrazione competente, senza la quale non è possibile procedere con gli interventi programmati. Occorre pertanto informarsi preventivamente per capire di che tipologia sia l’area nella quale si ha in progetto di intervenire e di conseguenza predisporrere una specifica richiesta, corredata della documentazione necessaria, in modo da poter presentare domanda di autorizzazione paesaggistica. Vediamo quindi di capire cos’è l’autorizzazione paesaggistica e, soprattutto, quando serve l’autorizzazione paesaggistica.

Autorizzazione paesaggistica: cos’è

Con il termine autorizzazione paesaggistica si fa riferimento a un provvedimento amministrativo obbligatorio per interventi in aree che sono sottoposte a tutela paesaggistica. La sua funzione è quella di garantire un adeguato controllo sulla compatibilità dell’intervento programmato in quella determinata area, col fine di tutelare in maniera efficace ed ecosostenibile le aree protette. La disciplina di legge è stata da poco modificata, cambiando alcuni aspetti e semplificando le procedure. Rimane ad ogni modo ferma la funzione sostanziale di garanzia e tutela ambientale delle aree soggette a tutela paesaggistica. Quali sono però le aree soggette a tutela paesaggistica e di conseguenza, in concreto, quando serve l’autorizzazione paesaggistica?

Cosa significa area soggetta a tutela paesaggistica

Il codice dei beni culturali e del paesaggio [1] individua i beni paesaggistici quali immobili e aree di notevole interesse pubblico [2]. Per questo loro notevole interesse pubblico, quindi, sono soggette alle disposizioni del codice dei beni culturali e del paesaggio :

  • le cose immobili che hanno cospicui caratteri di bellezza naturale, singolarità geologica o memoria storica, compresi gli alberi monumentali;
  • le ville, i giardini e i parchi, che si distinguono per la loro non comune bellezza;
  • i complessi di cose immobili che compongono un caratteristico aspetto avente valore estetico e tradizionale, inclusi i centri ed i nuclei storici;
  • le bellezze panoramiche e così pure quei punti di vista o di belvedere, accessibili al pubblico, dai quali si goda lo spettacolo di quelle bellezze.

Sono altresì considerate aree tutelate per legge, e comunque di interesse paesaggistico e quindi rientranti nelle disposizioni previste dal codice dei beni culturali e del paesaggio [3]:

  • i territori costieri compresi in una fascia della profondità di 300 metri dalla linea di battigia, anche per i terreni elevati sul mare;
  • i territori contermini ai laghi compresi in una fascia della profondità di 300 metri dalla linea di battigia, anche per i territori elevati sui laghi;
  • i fiumi, i torrenti, i corsi d’acqua iscritti negli elenchi previsti dal testo unico delle disposizioni di legge sulle acque ed impianti elettrici [4] e le relative sponde o piedi degli argini per una fascia di 150 metri ciascuna;
  • le montagne per la parte eccedente 1.600 metri sul livello del mare per la catena alpina e 1.200 metri sul livello del mare per la catena appenninica e per le isole;
  • i ghiacciai e i circhi glaciali;
  • i parchi e le riserve nazionali o regionali, nonché i territori di protezione esterna dei parchi;
  • i territori coperti da foreste e da boschi, ancorché percorsi o danneggiati dal fuoco, e quelli sottoposti a vincolo di rimboschimento, [5];
  • le aree assegnate alle università agrarie e le zone gravate da usi civici;
  • le zone umide incluse in un apposito elenco contenuto in un’ulteriore normativa di legge [6];
  • i vulcani;
  • le zone di interesse archeologico.

Le aree soggette a tutela paesaggistica richiedono che, prima di iniziare interventi di costruzione o modifica del paesaggio, sia fornita apposita autorizzazione.

L’iter procedurale per il rilascio delle autorizzazioni paesaggistiche prevede inoltre che vengano sempre ottenuti e rilasciati prima i permessi di costruire [7].

Autorizzazione paesaggistica e relazione paesaggistica

Per ottenere l’autorizzazione paesaggistica, riveste un ruolo determinanete l’allegazione alla domanda di una relazione paesaggistica redatta da un tecnico abilitato, che ha una funzione e un ruolo importanti nel processo di rilascio della determina di autorizzazione da parte dell’autorità competente (Comune o Regione).

La relazione paesaggistica è infatti un documento fondamentale da produrre fra gli elaborati che devono essere allegati all’autorizzazione, in quanto rappresenta per l’amministrazione competente una base di riferimento essenziale, dato che è sull’esito delle risultanze della relazione paesaggistica che l’autorizzazione stessa viene rilasciata. Attraverso questo documento tecnico della compatibilità paesaggistica del progetto proposto vengono forniti dettagli specifici sul tipo di intervento previsto, sulla sua compatibilità con le aree in cui sarà effettuato, e sul suo impatto effettivo sul paesaggio, in modo da poter valutare la portata della trasformazione sull’ambiente che potrà verificarsi a seguito dell’intervento stesso.

La mancanza della relazione paesaggistica quale allegato della documentazione presentata, peraltro, può essere motivo di annullamento dell’autorizzazione.

Autorizzazione paesaggistica e riforma

La normativa in materia è stata recentemente modificata attraverso l’introduzione di una legge che ha ridefinito le modalità di autorizzazione e le tipologie di beni per i quali occorre richiederla. A seconda del tipo di intervento che si intende effettuare nell’area individuata, le procedure sono di tre tipi:

  • autorizzazione paesaggistica ordinaria: va richiesta nel caso di interventi significativi, e la procedura può durare fino a 120 giorni;
  • autorizzazione paesaggistica semplificata: la richiesta è semplificata e i modelli per ottenerla sono unificati, con un’istruttoria che deve essere conclusa nel termine di 60 giorni;
  • intervento libero: in questi casi non c’è obbligo di richiedere l’autorizzazione, in quanto occorre soltanto – se serve – il titolo edilizio.

mercoledì 3 gennaio 2018

Immobiliare, continuano a scendere i prezzi delle case


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(Teleborsa) - Il mercato immobiliare sta per chiudere un anno positivo sul fronte delle compravendite, anche se con un tasso di crescita più contenuto rispetto all'exploit del 2016. La ripresa del settore è accompagnata dalle buone condizioni del mercato del credito, ancora sostenuto dalle politiche monetarie espansionistiche.
In controtendenza i prezzi delle abitazioni di seconda mano, che secondo quanto rilevato da idealista sono continuati a scendere con un calo del 4% su base annua, per un valore medio di 1.819 euro/m². Ad eccezione del Trentino Alto Adige (0,7%), tutti i mercati regionali chiudono in terreno negativo, con le riduzioni maggiori in Lombardia (-7,1%); cali generalizzati nel 90% delle aree provinciali; fluttuazioni ancora ampie nei piccoli capoluoghi, mentre i grandi centri vanno verso la stabilizzazione.
Roma chiude l'anno con un calo del 4,3%, a una media di 3.170 euro al metro quadro. La contrazione dei prezzi accumulata dal mattone dalla Capitale è pari al 30,6% rispetto ai massimi rilevati dal portale di annunci immobiliari nel terzo trimestre del 2011. Milano segna un ribasso dei valori del 3,8%, a una media di 3.296 euro al metro quadro. In virtù di questo calo le case sotto la madonnina costano un 22,8% in meno rispetto ai valori massimi registrati nel primo trimestre del 2012.

fonte:il Messaggero

Mutui: le previsioni 2018 su tassi ed erogazioni


Chi ha acceso un mutuo a tasso variabile può dormire ancora sonni tranquilli. Il 2018 non farà registrare particolari scossoni, grazie soprattutto alla Banca centrale europea che proseguirà la sua attività di iniezione di liquidità sui mercati, anche se a ritmi più moderati.

Gli analisti ritengono che un nuovo rialzo dei tassi di interesse nell’Eurozona si registrerà forse nella seconda metà del 2019 o anche l’anno successivo. Le attese di mercato prevedono il ritorno sopra quota zero del tasso interbancario fra due anni e il superamento della soglia dell’1% non prima del 2023.

Nel 2018 non sarà dunque la volatilità della rata a determinare problemi con i pagamenti, ma le difficoltà saranno legate all’andamento del bilancio familiare e alle conseguenze della crisi economica.

E chi dovrà sottoscrivere un nuovo mutuo potrà contare su un Euribor che si dovrebbe mantenere su valori negativi, i livelli degli Eurirs utilizzati per determinare la rata fissa potrebbero invece subire un rialzo.

Quello a cui si potrà assistere nel 2018 sarà una probabile diminuzione delle erogazioni, soprattutto perché proseguirà il rallentamento delle richieste di mutuo con finalità surroga.

Tendenze arredamento 2018: cinque stili di vita per la nostra casa


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Dove ci porterà il 2018? Verso quali scenari e soluzioni abitative? Cresce il desiderio di una casa che sia per noi un riparo dal caos e dal flusso di informazioni che ci investe ogni giorno. Tuttavia, la tecnologia diventa sempre più impalpabile e invisibile e continua a essere considerata un valido aiuto per migliorare l’esperienza domestica.

Per comprendere con più chiarezza il futuro che ci attende, abbiamo analizzato i report messi a disposizione degli utenti da aziende che si occupano di arredamenti e proposte decorative, tra cui Shattdecor, Eporta, PPG The Voice of Color. Ogni anno esperti e analisti studiano i trend emersi dalla loro esperienza e li condividono con designer e progettisti a caccia di tendenze. Questa ricerca ci ha portato a rintracciare le parole chiave che guideranno i mesi a venire, determinando i nostri stili di vita ma anche interni e decorazioni.

1. Rallentare e semplificare Lo anticipava la ricerca Houzz sulle tendenze bagno e lo conferma il report Digital in 2017 di We Are Social e Hootsuite, gli italiani, in linea con i trend globali, si connettono sempre di più, usando soprattutto i propri smartphone, con una continua esposizione a messaggi pubblicitari e notizie spesso poco rassicuranti.  Questo fa crescere il desiderio di un’esistenza più serena, dove i ritmi rallentano e il tempo diviene un momento da assaporare.

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Come raggiungere la tranquillità tra le mura domestiche? Sposando la filosofia danese del benessere,  hygge, che ci spinge a ritrovare la serenità nei piacere semplici della vita ma anche cercando di trovare il giusto equilibrio intorno a noi (e qui entra in gioco la nuova tendenza di stampo nordico, lagom).  Liberati di ciò che non serve, scegli il più possibile materiali naturali: le tonalità rilassanti del legno, meglio ancora se con venature a vista, e il calore di metalli come il rame, molto in voga quest’anno secondo Ecletric Trends, blog di riferimento per lifestyle e design d’interni.

Professionista: d.mesure - Elodie Sire - Scopri altre foto di camere da letto

Circondati di oggetti che possono offrirti esperienze “viscerali”. Il velluto ritorna nelle nostre case su divani e poltrone ma anche pochi cuscini rivestiti di questo tessuto possono rendere più piacevole la tua pausa sul letto, soprattutto se abbinati a lenzuola in fibre naturali secondo una palette di colori neutra e rassicurante. Ritagliati un angolo dove staccare del tutto la spina, senza telefono, computer e tv. Una comoda chaise longue o una postazione dove dedicarti al tuo hobby preferito. Scegli colori e prodotti che ti fanno sentire a tuo agio, una combinazione che funzionerà sempre per fermare il tempo.

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2. Vivere in spazi multifunzione Vite sempre più dinamiche e spazi abitativi sempre più ridotti: questa è l’analisi su cui concordano i principali studi sui trend 2018. La ricerca condotta da Heimtextil, fiera internazionale del tessile casa, arredo e accessori che si tiene ogni anno in Germania, conferma che la crescita esponenziale della popolazione sta portando a dimore compatte, su misura per i nomadi digitali. Una vera sfida per architetti e designer che in metrature ridotte devono ricavare zone di lavoro e vita quotidiana, come puoi vedere in questo appartamento di New York, realizzato da LifeEdited, team specializzato in progetti per piccoli spazi.

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L’abitazione contemporanea è anche il tema principale del catalogo Ikea 2018 che si è concentrata sul living come luogo in continuo cambiamento, ma in realtà tutta la casa si evolve e cresce con noi. Circondati di oggetti con più funzioni di uso, mobili trasformabili e configurazioni adattabili, con una preferenza per i colori chiari che amplificano gli ambienti. Cerca soluzioni multitasking come in questa foto, dove il piano della cucina si presta a molteplici utilizzi, compresa una postazione lavoro.

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La natura sulle tue pareti e intorno a te, con accessori suggestivi come questi sgabelli progettati da Nicolette de Waart che hanno forma, rilievi e colori ispirati alle foglie. Se cerchi un’idea decorativa più semplice, puoi realizzare una parete a tema botanico: un unico grande poster o tante stampe, da scovare nei mercatini vintage. Oppure mettiti all’opera per realizzare un erbario: un insieme di elementi vegetali da incorniciare secondo il tuo stile.

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4. Una tecnologia che aiuta Se fin qui abbiamo detto che la tecnologia sta opprimendo le nostre vite, è anche vero che può migliorare la qualità dell’esperienza domestica. Dispositivi e app ti aiutano a vivere in modo sostenibile e ridurre gli sprechi energetici. Affidati ai moderni termostati per regolare la temperatura in base alle tue abitudini, da controllare tramite smartphone. Scegli lampadine a basso consumo, come quelle a Led, e sistemi di illuminazione automatici, che spegneranno le luci quando la stanza è vuota.

Attrezza il tuo bagno con soluzioni innovative che ti consentono di evitare gli sprechi. Molte le abbiamo viste all’ultima edizione di Cersaie, salone internazionale della ceramica per l’architettura e dell’arredo bagno: soffioni e rubinetti intelligenti, che ti aiutano a contenere il consumo di acqua e di energia.

5. Concentrarsi sull’essenziale Mentre andiamo incontro al nuovo, cresce il bisogno di rimanere concentrati su noi stessi, restando anche un po’ ancorati al passato. Già nell’ultimo Salone del Mobile di Milano era emerso il desiderio di un design senza tempo, che punta sulla qualità e il vero senso delle nostre scelte. La domanda che sembra prevalere non è “Quali sono gli oggetti e gli arredi di tendenza” ma piuttosto “Cosa mi fa sentire bene?”. Un’esigenza sentita sia da chi si riconosce in spazi minimalisti di richiamo nordico sia da chi ama atmosfere “di carattere”. Qualunque sia il modo di vivere che abbiamo scelto – stanziale o nomade – l’obiettivo è ottenere una casa dove sentirci a nostro agio.

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Scegli prodotti realizzati artigianalmente, con materiali resistenti destinati a durare nel tempo, che siano funzionali ma soprattutto che abbiano un significato per te. Cose che tengono vivo il legame con le tue radici: foto di famiglia e oggetti vintage ti aiutano a rendere più vividi i bei ricordi del passato.  Crea una casa che ti rappresenti, l’unico posto forse dove puoi essere veramente te stesso.

Affitto, una guida tra canoni e cedolare secca



La crisi che ha interessato il settore negli ultimi anni ha portato a una diminuzione dei canoni di locazione, oltre a un calo dei prezzi di vendita delle case. Secondo i dati del marketplace immobiliare idealista, affittare casa è divenuto più conveniente dopo i mesi estivi. Eppure, proprio l’affitto potrebbe rappresentare la scommessa del futuro per l’immobiliare. E non sono pochi a pensarlo.

I canoni di locazione

Sul fronte canoni, è interessante l’indagine di Solo Affitti che ha analizzato i canoni di locazione nelle principali città italiane. Per quanto riguarda la spesa da affrontare, uno studio della Uil ha analizzato l’incidenza dell’affitto della casa sui redditi degli italiani con l’obiettivo di capire qual è l’incidenza del canone medio annuo del 2016 su tre diverse fonti di reddito (reddito da lavoro dipendente, da lavoro autonomo e da pensione).

La cedolare secca

In tema affitti, quello della cedolare secca è uno dei temi predominanti. La cedolare secca è una modalità di tassazione forfettaria alternativa alla tassazione ordinaria che è possibile scegliere qualora si posseggano determinati requisiti. La legge di Bilancio 2018 contiene la tanto attesa proroga della cedolare secca al 10% per i contratti a canone concordato. L’estensione varrà per il prossimo biennio 2018-2019.

Il canone concordato

Il contratto di locazione a canone concordato è caratterizzato da un canone calmierato, a differenza del canone libero che dipende dai prezzi di mercato. Tale tipologia può essere utilizzata per i contratti a uso abitativo, a uso transitorio e per gli studenti universitari. Riguarda le abitazioni di proprietà dei privati concesse in locazione a privati, studenti e cooperative/enti senza scopi di lucro.

Secondo un’analisi di Solo Affitti, Verona è la città italiana dove è più diffuso (99%) il ricorso all’affitto a canone concordato, seguita da Grosseto (96%) e Forlì (93%).

Ma quali sono i vantaggi del contratto di locazione a canone concordato? I locatari pagano un affitto inferiore a quello di mercato e usufruiscono di detrazioni fiscali ai fini Irpef nel caso in cui l’immobile diventi residenza principale; i locatori beneficiano di agevolazioni fiscali utilizzando la cedolare secca al 10% anziché quella al 21% prevista per i canoni liberi.

Inquilino e proprietario

Quando si decide di prendere (o dare) in affitto una casa è bene valutare con attenzione molteplici aspetti. Ma cosa bisogna fare nel momento in cui si decide di affittare la propria casa? Innanzitutto, è necessario recarsi presso l’ufficio competente dove registrare un contratto di locazione. Vediamo poi cosa comporta l’affitto per inquilino e proprietario.

Anche una sola rata in meno del canone di locazione può comportare lo sfratto. A dirlo la sentenza n. 355 del 3 febbraio 2017 del Tribunale di Genova. E’ poi importante sapere che l’inquilino che lascia un appartamento prima della fine del contratto è tenuto a pagare i canoni fino alla scadenza dello stesso. E questo anche se nei fatti ha già fatto le valigie e lasciato le chiavi al padrone di casa. A chiarirlo è stata una recente sentenza della Cassazione.

Il conduttore, ossia colui che riceve l’immobile in locazione, può recedere anticipatamente dall’affitto per gravi ragioni ed eventuali condizioni consentite nel contratto di affitto. In entrambi i casi, è necessario dare comunicazione per iscritto (con raccomandata a.r. o con posta elettronica certificata) della volontà di recesso al padrone di casa con un preavviso di almeno 6 mesi. Non è possibile la semplice restituzione delle chiavi di casa.

Una delle più importanti clausole contrattuali, sulla quale solitamente locatore e conduttore pongono la propria attenzione, è rappresentata dall'eventuale clausola risolutiva espressa. In base a tale condizione contrattuale le parti stabiliscono, ex ante e quindi al momento della sottoscrizione del contratto, che il loro rapporto giuridico si può risolvere nel caso in cui una o più specifiche obbligazioni non siano adempiute secondo le modalità individuate nel corpo dello stesso contratto.

Il proprietario deve sapere cosa chiedere al potenziale futuro coinquilino e fare così la scelta giusta. Ma il proprietario deve far fronte anche ad alcuni oneri. In particolare, nel caso di un appartamento locato, il pagamento degli oneri di gestione compete esclusivamente al proprietario dell’immobile in condominio, poiché in materia condominiale risulta inapplicabile il principio dell’apparenza del diritto.